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Dylan Dog: Speciale #24 “Il santuario”

Quando ci si trova di fronte a un Dylan Dog sceneggiato da Paola Barbato è lecito aspettarsi una storia solida, probabilmente senza picchi d’eccellenza ma neanche grosse delusioni. Ma se è vero che sbagliano anche i migliori, figuriamoci cosa possono combinare gli autori discreti ma alla fine di seconda fascia come la nostra Paola!
Il Santuario è il titolo del 24esimo speciale di Dylan Dog, e rappresenta un ideale seguito al numero 109 della serie regolare, Il Volo dello Struzzo, che qualcuno ricorderà come una delle storie migliori della “seconda parte” della carriera editoriale dell’investigatore dell’incubo. E probabilmente il primo errore è stato andare a ripescare una storia già conclusa in sé e cercare di continuarla. Per la cronaca, sceneggiatore del 109 era proprio Tiziano Sclavi, non uno da poco.
Dylan è in bolletta (come al solito) e invece di ricevere la proposta di lavoro della consueta 25enne strafiga ottiene solo la visita di una giovane MILF arrapata che pensa che il suo cagnolino sia posseduto. Dylan accetta il lavoro solo per farsi dare un cospicuo anticipo, con il quale pagare le bollette e partire per l’isola dove è stato avvistato un misterioso “uomo uccello”… che gli fa subito venire in mente Birdy.
(una del genere)

Nell’isola Birdy e i suoi amici uccelli stanno facendo di tutto per impedire la costruzione di un nuovo mirabolante villaggio turistico… e qui parte la solita menata ecologista-buonista che Dylan Dog ci propina nel modo peggiore da ormai troppo tempo.
Uno dei principali problemi della serie dedicata al nostro investigatore dell’incubo preferito è la banalità con cui troppi temi ultimamente sono trattati. Dylan Dog è diventato famoso per come nelle sue storie migliori sono stati trattati temi come l’handicap, le differenze sociali, l’ecologia, temi non facili ma che hanno portato il personaggio al successo. Il problema è che scava scava l’ispirazione finisce, e le storie migliori lasciano il posto a quelle discrete, poi a quelle decenti, e infine a quelle tirate via. E non c’è cosa peggiore di una storia tirata via che cerca di infilarti in testa un messaggio sociale.
(MILF Magnet non ha messaggi da proporci se non che l’esperienza spesso aiuta)
Si perché non c’è niente di male a voler trasmettere qualcosa con le proprie storie. MA NON C’E’ NIENTE DI MALE NEPPURE A NON VOLER TRASMETTERE NULLA. Dylan Dog è un fumetto popolare, e come tale dovrebbe proporsi prima di tutto di intrattenere il lettore per un’ora o giù di lì. Poi se riesce anche a farlo riflettere sulla condizione dei gatti randagi del Burundi meglio, ma NON E’ QUELLO LO SCOPO PRIMARIO. DYLAN DOG NON E’ UN FUMETTO EDUCATIVO!!!
Io e l’Asma invece è un fumetto educativo
Dylan Dog è un mensile di storie horror o presunte tali. E non è un caso che ultimamente i numeri migliori siano stati quelli più semplici,
Il Santuario ha qualche momento di buon livello. Non a caso sono i siparietti comici. Presentare un Dylan Dog in bolletta e disperato non è una novità, ma per una volta il deus ex machina che smuove le acque è diverso dal solito, e Dylan non si fa problemi ad approfittare della situazione. La parodia dei Ghostbusters (non faccio spoiler…) poi è geniale. Nel mezzo, poca roba.
Il problema maggiore del volume è che la storia è inconcludente, i personaggi banali (la classica tettona vestita da… tettona può andar bene se la si narra come uno stereotipo al 100%, ormai) e con motivazioni che sfuggono, l’andamento degli eventi piuttosto random. E’ come se la Barbato o chi per lei si siano ritrovati nella sede della Bonelli e abbiano scelto a tavolino di scrivere una storia su “speculazioni edilizie e cacciatori cattivi”. Non si fa. “Zombie vegetariani”, questa potrebbe essere un’idea da cui partire, oppure “vampiri che si travestono da fans di Twilight per trovare le loro prede”. “Speculazioni edilizie e cacciatori cattivi” è un’idea per un dossier de L’Espresso, al massimo.
L’altro problema è che la sceneggiatura è LENTA. Roba che si sarebbero potute tagliare tranquillamente sessanta pagine e la storia sarebbe migliorata. Insomma, poteva andare in un volume della serie regolare, magari al posto di quella storia oscena sugli operai sfruttati (brividi). Perché uno speciale?
I disegni, invece, sono di Freghieri che non tradisce. Molto old school, seppur con qualche tavola un po’ tirata via. Mi piace. Ma non basta.

2 thoughts on “Dylan Dog: Speciale #24 “Il santuario””

  1. sono purtroppo d'accordo con te. Nel senso che la parte migliore della storia sono i disegni di Freghieri. E questa della Barbato (che ormai, a quanto ho capito, è una scrittrice di romanzi a tempo pieno) ha l'aria di una b-side ripescata dal cassetto e trasformata in uno Speciale. Che è un po' come dire "abbiamo una gallina dalle uova d'oro, sfruttiamola più che possiamo". Comunque gli speciali, eccezion fatta per i primi 5, non regalano quasi mai storie spettacolari.

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