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Senza il mare


Ho scritto questo racconto nel lontano 2006, ma dopo averlo riletto ho deciso che mi piace ancora… risistemato in qualche passaggio, eccolo qui. Che ne dite?



Senza il mare
Ogni giorno il sole sembra tramontare prima e le giornate diventano più fredde, quassù al confine. Anche gli alberi sono sconosciuti, i fiori sono differenti da quelli del paese e non so neppure con che nome chiamarli, i tramonti per quanto belli non possono competere con lo splendore delle albe sul golfo. Rifletto su queste cose seduto su una roccia, e soprattutto mi pongo una domanda: perchè? Perchè proprio io? Perchè il fato mi ha spedito quassù tra le montagne?
Ma non è stato il fato, sono stati i reclutatori. E quando questi sono giunti al mio villaggio hanno saputo dare una facile risposta al mio interrogativo: se partivo, era per sconfiggere i ribelli. Il viaggio però è stato lungo ed è servito a farmi crescere, ora so qualcosa di più. Anche se forse avrei preferito conservare la mia ignoranza e la mia ingenuità, perchè ciò che ho saputo sul mondo non è servito certo ad incoraggiarmi.
E’ giusto chiamarli ribelli? Il popolo che sono inviato a combattere è quello delle Aquile. Un popolo che neanche avevo mai sentito nominare prima di qualche settimana fa. Sono pochi, orgogliosi, duri e primitivi. Abitano sui picchi più alti, come i rapaci da cui hanno preso il nome, e non scendono volentieri da lassù. Non hanno intenzione di stringere rapporti di alcun tipo, amichevoli o no, con nessuna razza. E men che meno con noi, gli invasori della loro terra.
Una terra che poi… cosa ci facciamo noi? Che siamo noi gli invasori o loro i ribelli non cambia nulla. Non c’è interesse strategico, non ci sono risorse naturali da sfruttare, anche le poche miniere interessanti sono più a sud, ed alle aquile non interessano affatto. I pochi esseri umani che si spingevano quassù in tempo di pace erano pastori in cerca di pascoli, e qualche guardia di confine troppo solerte. Forse tutto è cominciato così, con una guardia che si è avvicinata troppo a un nido ed è stata uccisa, o forse non c’era neanche stato bisogno di quella scusa, e la guerra è semplicemente iniziata.
Solo Aquile, e capre di montagna. Inizio a pensare anche io che il vero motivo che ha spinto il nostro esercito tra le montagne sia stato l’assenza di altri nemici, veri o presunti, da combattere in campo aperto. Re Folthom è forte e i suoi pochi nemici all’interno del regno non sono certo in grado di scatenare una rivolta con speranze di successo. Solo gli ufficiali con un forte ascendente tra i soldati potrebbero rappresentare dei pericoli. L’esercito è fatto per combattere, ma i Dauniani sono soggiogati da tempo, e ora che i pirati dopo l’ennesima batosta hanno smesso di rappresentare una vera minaccia per le coste a sud della capitale, cosa restava? Solo le Aquile, appunto.
Ragionamenti di questo tipo vanno fatti con attenzione e a voce bassa, perchè si può sempre incappare nelle solerti orecchie di qualche sergente ligio al dovere, o di qualche recluta spiona e zelante abbastanza da ritenere che una semplice e amara riflessione sia tradimento. Per fortuna nella mia compagnia ci sono anche persone con le quali si può parlare liberamente… persone istruite, che sanno leggere e scrivere, sono più che gente comune, e avrebbero un migliore utilizzo per il Regno fuori dall’esercito. Ma sono queste le persone che mi hanno fatto aprire gli occhi sulla vastezza del mondo, quindi ringrazio il Regno per aver reclutato anche loro.
Non che voglia farmi passare per un filosofo o un pensatore, no, resterò sempre un pescatore dentro di me. Mio nonno era pescatore, e così mio padre e i miei zii. Io stesso, al paese, ogni mattina mi svegliavo prima che il sole fosse sorto, andavo al molo con i fratelli e gli altri miei parenti, insieme prendevamo la barca e ci dirigevamo verso le isole di Alep, dove il mare è più ricco, e non ci azzardavamo a tornare a riva finchè le stive non erano piene. Mi piaceva, quella vita dura e faticosa. Anche mio figlio, se avrò mai l’occasione di trovare una brava donna capace di metterne al mondo uno, sarà un pescatore. L’occasione non era purtroppo ancora arrivata quando sono arrivati i reclutatori, troppo presto. Con me hanno preso tanti giovani miei coetanei, che certo miglior fortuna avrebbero avuto al villaggio, dove nessuno è ricco ma neanche nessuno è mai morto di fame.
Ora le mie giornate non sono più quelle del pescatore. Dovevo reinventarmi, e mi sono reinventato soldato. Continuo a svegliarmi ogni mattina prima dell’alba, ma ho imparato anche a marciare per ore, a montare la tenda, a obbedire alle rigide leggi dell’esercito, e ho persino fatto un po’ di pratica con la spada, anche se temo che non diverrò mai un vero spadaccino. Non ho mai ucciso, finora, non ho neanche mai visto un nemico da lontano, ma se l’occasione si presenterà non credo che mi tirerò indietro. Spero che il bisogno di dimostrare questa mia affermazione non arrivi mai.
La vecchia vita mi manca, oh si. Mi mancano i canti dei miei fratelli, l’odore degli scogli, il vino forte delle pianure e il sole del sud. Tutto questo non tornerà tanto presto.
Quattro anni ancora, se la morte o la fine della guerra non arriveranno prima. Ancora per quattro anni sarò un soldato. Potrò lamentarmi, non capire il perchè degli ordini che riceverò, ma sebbene a malincuore accetterò il mio fato, e svolgerò per amore del Regno anche le missioni che non condivido, dando sempre il meglio di me.
Anche se non volessi, cos’altro potrei fare quassù, al confine, tra le montagne?
Che cos’è un pescatore, senza il mare?

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