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La recensione-sfida del sabato: RECTAL COLLAPSE – PENETRATING IN YOUR ABDOMINAL CAVITY

E’ stata dura, ma ce l’ho fatta. Ho ascoltato per ben DUE volte Penetrating in your abdominal cavity, album d’esordio dei brasiliani Rectal Collapse. Ma non ci dovrebbe essere neanche bisogno di dirlo, il logo della band è chiarissimo. Il gruppo si è formato nel 2000, ma arriva solo dopo 12 anni alla propria prima release ufficiale (di cui abbia notizia). Dodici anni (il disco è uscito a settembre 2012 per la notissima (?) Lab 6 Music) che sono serviti al gruppo per mettere a punto le proprie armi di distruzione di massa, un death metal con influenze thrash e testi tra l’anatomo/patologo alla Carcass, però con una ventina di anni di ritardo, e lo splatter più puro. Dall’opener Dissection, Necropsy and Infection fino alla conclusiva Abscess in Intestinal Tissue la band ci canta di omicidi, autopsie, strane malattie e ci mettono pure uno strumentale intitolato fantasiosamente  Thrombotic thrombocyropenic Purpura, che lo cercherei su google ma ho paura.
e invece l’ho cercata, ed ho scoperto che l’ha presa pure Johnny Bravo
Che tra parentesi, che figata era Johnny Bravo? “Ehy bellezza, ti va di uscire con me?” Faceva ridere quasi quanto Dave il Barbaro o Mucca e Pollo. Anzi no, niente faceva ridere come Mucca e Pollo.
Ma torniamo al gruppo, che vede come suo esponente più noto il batterista Leonardo Manchilha, già nella brutal satanic death metal band Ophiolatry (che scopro persino avere una pagina Wikipedia). Le linee di batterie in effetti sono la parte migliore del disco, precise e potenti, anche se… beh… tutte uguali. Ma non si può avere tutto.
Ci sono fondamentalmente due tipi di gruppi death metal, quelli iperveloci (e spesso ipertecnici) che fanno YAAAAAAARRH YAAAAAAARRH YAAAAARH e quelli coi riffoni lenti e i chitarroni zanzarosi che fanno RRROOOHH RROOOHH RRROOOOOHH. I Rectal Collapse, con mia grande sorpresa, si pongono nella seconda categoria, prendendo come numi tutelari i sommi Obituary. Non a caso il secondo pezzo dell’album si chiama Causes of Death, quasi come uno dei dischi migliori dello storico gruppo dalla Florida. Anche se i Rectal Collapse sembrano più puntare al marciume di Slowly we Rot.
Il cantante/bassista Luis Rodrigues e l’altro cantante/chitarrista Alexandre Augusto alternano una voce più profonda e growl a un altra che per qualche breve passaggio sfiora lo screaming. Questo, ovviamente, per vivacizzare un minimo l’album, anche se in realtà la solfa viene a noia dopo mezza canzone.
Il disco dura 45 minuti che sembrano durare 8 ore. Problema principale, oltre alla scarsissima inventiva, è il guardare esclusivamente ad un passato musicale che non va più di moda, e a dire il vero di moda non lo è mai stato più di tanto. Consiglierei quindi ai membri succitati del gruppo (senza dimenticare l’altro chitarrista Anderson Francisco) di cambiare strada e di cercare lavoro come infermieri in un ospedale psichiatrico, assistenti macellai o aspiranti serial killer.
Anche le foto promozionali fanno tanto 1994
Non bravi, ma belli.

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