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La fogna del sabato #1: THE CLOTH

Inauguriamo con questo articolo una rubrica che è già prestigiosa prima ancora di iniziare: LA FOGNA DEL SABATO. Tale rubrica parlerà di film e non solo di film, ma principalmente di film. Brutti, ma talmente brutti che qualcuno di loro riesce a fare il giro e a ridiventare bello. Ma altri, no. Proprio no. Tipo questo, ecco!
THE CLOTH
Non costringetemi a guardare questo film…. NNOOOOOO!!!
The Cloth! Come si fa a non desiderare di guardarlo? Iniziamo dalla locandina ad esempio. Danny Trejo! Eric Roberts! Una indemoniata poco vestita che fa yoga! Un crocione al posto della T con riflesso qualcosa che non si capisce! A cosa vi fanno pensare? A me a un film pieno di sangue, gente ammazzata a colpi di machete, magari qualche scena lesbo. Una ganzata!
E anche l’inizio in fondo non è male. Ok, Danny Trejo recita peggio di Lory Del Santo, ma questo in fondo si sapeva. Trejo va bene solo quando può fare la parte del messicano ex galeotto che ammazza la gente e non parla mai (se stesso, in pratica), Eric Roberts invece per duemila euro vi appare anche nel filmino della comunione, si sa, la cocaina costa e non basta mai. Però c’è un minimo di ricerca, si le immagini sono brutte e si intravedono degli effetti speciali digitali ributtanti, ma in fondo è un film a basso budget, ci si può passare sopra se alla fine la trama è interessante e il tutto risulta divertente. L’indemoniata ci fa vedere quasi la passera in un crotch-shot di buon livello e… ehi, ma Danny Trejo è morto prima dei titoli di testa? Ma come… beh forse il film sarà un flashback. E i titoli di testa non sono male, sembrano quelli di un film vero!
Poi il film inizia davvero e il protagonista è un biondino, tale Kyler Willett, al debutto come protagonista e lo credo bene, speriamo non reciti MAI PIU’. Kyler è Jason, un tizio il cui babbo è stato ammazzato da un assassino (credo, non c’ho capito una sega) e per motivi che non ci vengono spiegati viene scelto dal prete del prologo (non Trejo, tale Lassiter Holmes, uno col fisico da giocatore di football) per essere la punta di diamante della sua lotta contro SATANA. Jason preferirebbe trombare, ma alla fine Don Holmes lo convince, e SATANA è destinato ad essere sconfitto. Che poi non è SATANA ma un mostrodiavolo rubato a un videogioco del 1996 che diventa un omone nero che nella sua prima apparizione ribalta un furgone spiaccicando i passeggeri che non stavano facendo in fondo nulla di male (lei faceva un pompino a lui mentre guidava).
In tutto questo Eric Roberts non si è ancora visto. Jason viene arruolato in una chiesa dove per combattere il diavolo invece di crocifissi e bibbie (tanto gli esorcismi non funzionano mai) si usano balestre magiche e raggi laser. C’è pure un ragazzino emo costruttore di artefatti che starebbero bene in Warehouse 13, e una fica, Rachele Brooke Smith, che potrebbe essere anche l’elemento del film di maggior talento, anche perché la concorrenza è poca e oh, la fica è fica.
MA ECCO CHE ARRIVA ERIC ROBERTS, devastato da anni ed anni di dipendenza o solo truccato male, non lo so. Sicuramente la sua parte nel film sarà di quelle indispensabili, ora si unirà al gruppo e… ah no, già finito. Beh è durato più di Trejo almeno. Non che ci sia da festeggiare.
Il momento migliore del film arriva qualche minuto dopo, quando il nero diavolo cattivo Kasdeya, che poi è il regista Justin Price e se la tira tantissimo, fa un threesome con due fiche in una scena che ha ovviamente una fondamentale importanza all’interno della trama. O forse serviva solo al regista per trombarsi due fiche, non lo so bene. Intanto un quadro di Gesù prende fuoco, così, a caso.
E niente, il film continua in un tripudio di miccette, gente ammazzata con raggi laser, storie d’amore improbabili e scene confusionarie che insomma, non si capisce bene. I buoni se ne vanno in giro con dei crocioni addosso che neanche Mr. T nei rimpianti anni 80, ammazzano gli indemoniati senza neanche provare a salvarli, con effetti speciali che peggiorano di secondo in secondo. Evidentemente l’intero budget del film se ne è andato per i camei di Eric Roberts e Danny Trejo. Il momento di ilarità maggiore si ha durante un dialogo tra Jason e il prete nonricordoilnome, che si svolge in un auto in movimento. Solo che il regista non ha fatto caso ad un piccolissimo particolare: quando viene inquadrato Jason l’auto procede a velocità normale, quando viene inquadrato il prete è praticamente ferma. Il risultato fa ridere tantissimo. Peccato che il resto del film, sostanzialmente, faccia piangere. Fino al finale, dove per qualche motivo vengono replicati i titoli di testa. Si vede che erano piaciuti.
Ma andiamo ad esaminare i possibili motivi di interesse del film!
TETTE: 2/10

Il film ci presenta qualche scena dal vago sapore di sensualità, ma le uniche tette che si vedono sono quelle del maledettissimo Jason. Durante il threesome col diavolo si vedono al massimo due paia di cosce ed un culo apparentemente perizomato. Troppo poco.
MOSTRI: 5/10
Il diavolo nero in computer grafica non può non entrare nei vostri cuori, o nei vostri incubi. Gli indemoniati hanno un trucco piuttosto semplice ma insomma, che pretendete, è The Cloth mica l’Esorciccio.
AMMAZZAMENTI: 6/10
Di morti ce ne sono a bizzeffe, ed anche con armi piuttosto fantasiose. Ma si vede che il regista non è un genio dello splatter. Insomma, tanta roba ma poco divertente.
SQUALLORE: 10/10
Filmato male, con fotografia pessima, effetti speciali che madonna mia lasciamo perdere e recitazione ributtante.
GLOBALE: 1/10  VOTO TRASH: 6/10
Il film ha dei motivi di interesse se volete vedere quanto può scendere in basso la razza umana. The Cloth è vergognosamente brutto, e la cosa peggiore è che non ha il coraggio di immergersi negli abissi del trash, ma si prende dannatamente sul serio. Si ride, certo, ma dell’ignoranza abissale che emerge dalla visione. Il regista Justin Price è ora impegnato nella realizzazione di Les Wolf, un film che spero unisca licantropia e lesbismo che ha come protagonista l’inventore emo di The Cloth. Mamma mia, ho paura. Consigliato solo ai cultori del brutto-brutto.

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