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Venti anni fa #16: Se7en

Il 1995 fu l’anno in cui Kevin Spacey divenne improvvisamente il miglior cattivo della storia del cinema, grazie a I Soliti Sospetti e…
SEVEN
Oggi tutti gli appassionati di cinema conoscono David Fincher, uno dei candidati più forti al titolo di miglior regista vivente, ma nel 1995 Fincher era “solo” quello di Alien 3, pellicola con il senno di poi molto buona, ma troppo diversa dai precedenti capitoli della saga per piacere davvero ai fan. Ma chissenefrega dei fan, quello che Fincher aveva in mente era un cinema diverso da tutto quello che c’era stato fino a quel momento. Seven (o Se7en) era già nel 1995 il perfetto prototipo di thriller del 2000, per la rappresentazione tra l’iperrealistico ed il grottesco della violenza, per la tensione tra i protagonisti, per la fotografia oscura ed immersiva, per la struttura a capitoli della storia che accompagna lo spettatore in un viaggio indimenticabile ancora, figuriamoci all’epoca.
La storia del serial killer che segue i peccati capitali per i suoi delitti, tratta da un romanzo di Andrew Kevin Walker, ci porta in un mondo di violenza indicibile e ci avvolge in un turbine di rapporti umani inedito, fino all’indimenticabile e sorprendente finale. La cosa bella di Se7en è che è allo stesso tempo un film di attori e un film indissolubilmente legato al proprio regista. E’ impossibile immaginarlo interpretato da altri che non siano Brad Pitt (nel ruolo della vita), Morgan Freeman (perfetto) e Kevin Spacey (spaventoso in tutti i sensi), ed è altrettanto impossibile immaginarlo diretto da un qualsiasi altro regista. E’ uno di quei rarissimi casi di film forse non perfetto in assoluto (qualche lungaggine che avrebbe potuto essere evitata, qualche momento che sconfina nell’eccessivamente grottesco) ma perfetto per il momento e la situazione in cui è uscito. Se7en ha segnato un’epoca.
Voto: **** 1/2

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