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Stephen King – Chi perde paga

Come si fa a recensire un nuovo romanzo di Stephen King? Fino a una quindicina di anni fa il Re dell’Orrore veniva consideratoquasi un icona pop, il Michael Jackson della paura, uno scrittore in grado di produrre quantità industriali di bestseller senza veramente concentrarsi sulla qualità. Ma il tempo ha cambiato le cose, mettendo tutto in una prospettiva diversa. Oggi Stephen King è un grande narratore popolare, è per l’America di oggi quello che Dickens è stato per l’Inghilterra del 1800, ed è difficile mettersi di fronte ad uno dei suoi romanzi, anche del King oggi quasi settantenne, e valutarli come si farebbe di fronte all’esordio di un Pinco Pallino qualsiasi.

Chi perde paga

Parliamo di sensazioni. Chi perde paga (Finders Keepers) è il secondo capitolo della trilogia hard boiled cominciata lo scorso anno con Mr. Mercedes, che onestamente non ho letto, ma che non è assolutamente indispensabile conoscere, anche se qualche personaggio ritorna e qualche accenno viene fatto qua e la. Ma il tutto è perfettamente comprensibile a sé stante. E’ la storia dell’omicidio di un grande scrittore, una sorta di J.D. Salinger, e del ritrovamento dei taccuini con i suoi romanzi inediti da parte di un ragazzino, coincidente (più o meno) con il rilascio del suo assassino che era stato condannato per un altro crimine. Non è un horror, e questo lo sapevamo. E questo non è un problema. Devo essere sincero, non ho mai pensato a Stephen King come ad uno scrittore davvero terrorizzante, non ha la visionarietà di un Clive Barkley o il gusto weird di Ramsey Campbell. Stephen King sa (probabilmente meglio di chiunque altro) raccontare storie, soprattutto se queste coinvolgono bambini o adolescenti alle prese con un mondo più grande di loro. L’horror è stato il suo mezzo preferito, probabilmente perché i suoi incubi sono stati grande fonte di ispirazione, e la paura è veramente un genere popolare, capace di arrivare a chiunque indistintamente. In Chi perde paga King fa ciò che sa fare meglio, racconta personaggi di un America minore, figli della crisi economica o di tracolli personali, vittime dell’alcoolismo o della sfortuna, a volte capaci di risollevarsi con o senza aiuti esterni, altre piegati e contorti dal peso della vita. Tutto qui, questa è la formula magica.

E’ una formula che funziona, ancora una volta. Non in maniera perfetta, perché la risoluzione della trama è forse più semplicistica che in altre occasioni, quasi affrettata Ho divorato le oltre 400 pagine del volume, è davvero impossibile non identificarsi nel giovane Peter Saubers e in qualche modo anche nello sgradevole Morris Bellamy, ma le parti dedicate al detective Bill Hodges non mi hanno soddisfatto completamente, probabilmente perché in quanto protagonista anche di Mr. Mercedes mi mancava qualche passaggio. Gran bel romanzo, comunque. Posso dire che mi ha ricordato Joe Lansdale o commetto delitto di lesa maestà? Beh, lo dico lo stesso… Non il capolavoro di Stephen King, ma visto che in oltre quaranta anni ne ha scritti decine ci possiamo accontentare. No?

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Voto: *** 1/2

One thought on “Stephen King – Chi perde paga”

  1. Con Mr.Mercedes non ti perdi granché, anche se è fondamentale per capire l’evoluzione di Hodges ed i personaggi che gli gravitano intorno, compreso quello che appare nelle ultimissime pagine di Chi Perde Paga.
    Libro che comunque mi ha lasciato soddisfatto, anche se anche a me la seconda parte è piaciuta meno della prima.

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