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Botte da orbi #5: The Raid

The Raid

La settimana scorsa abbiamo scherzato, perché quando si parla di qualcosa mi piace partire dalle origini e capire come siamo arrivati ad un determinato punto. Merantau era un film discreto, con buone scene di azione e un protagonista sorprendente. The Raid, invece, è un capolavoro.

The Raid

Che poi “capolavoro” è definizione abusata, anche io l’avrò detto qualche dozzina di volte solo in questo blog, quindi cerchiamone un’altra. Uhm. Vediamo… MIGLIOR FILM DI ARTI MARZIALI DEGLI ULTIMI DIECI ANNI, che ne dite?

The Raid

Sei stanco? Vieni, stenditi qui!

The Raid, come Merantau, ha ancora il gallese Gareth Evans alla regia, il protagonista è sempre Iko Uwais e contro di lui c’è Yayan Ruhian. Ma sono passati due anni, ed in questi due anni deve essere successo qualcosa di grosso visto che il film è circa trecentoventiquattro volte meglio del suo predecessore. Che già era un film discreto, mi ripeto! Il bello è che questo non era affatto il film che Evans avrebbe voluto fare: era in programma un film molto più complesso, con più attori comprese un paio di stelle internazionali dell’action, chiamato provvisoriamente Berandal (non so se fosse lo stesso film che poi è divenuto The Raid 2…). Ma Evans si accorse che lo sforzo produttivo sarebbe stato troppo impegnativo in termini di tempo e denaro per le forze che aveva allora, così decise di fare qualcosa di più semplice, una sorta di survival horror, come lui stesso l’ha definito… The Raid!

The Raid

La trama, perché esiste anche una trama: un agente delle forze speciali indonesiane dice addio a suo padre e a sua moglie (che è incinta), e si unisce a una squadra di venti uomini per andare a liberare un grattacielo nella periferia degradata di Giacarta dove ha la sua base il criminale Tama Riyadi, che vive lì con la sua banda di delinquenti armati fino ai denti. La squadra arriva a destinazione e cominciano le botte, che continuano per un’ora e mezzo di fila.

The Raid

BAM! BAM! BAM! BAM! BAM!

Il noto critico Roger Ebert ha dato al film una valutazione di una stella su quattro, dicendo sostanzialmente che non si tratta altro che di un film videogioco senza una vera trama, nel quale una scena d’azione ne segue un’altra senza soluzione di continuità. Cavolo, se ha ragione, è proprio per questo che The Raid è così spettacolare! Si, Evans prova a metterci dentro anche un minimo di trama, perché si vede che in Indonesia ci tenevano, ma non è quello che conta. Contano le ginocchiate, i pugni, i colpi di machete, i voli giù dal palazzo, i colpi di fucile, pistola, mitragliatore, le ossa che si rompono, i corpi che volano da una stanza all’altra, le corse frenetiche, gli oggetti di qualsiasi tipo usati allo scopo di fermare il nemico e salire su in alto, dove è rifugiato il boss, costi quel che costi.

The Raid

Ok, è un videogioco. Ci sono (come dice Ebert) si e no dieci minuti di dialogo in tutto il film, ma a che serve parlare? La poesia del film è proprio nella botte e nelle ossa rotte, mi sembra evidente. E’ un film diretto, onesto, sincero, che non cerca scuse. Uwais è migliorato tantissimo e anche se non ha bisogno di recitare troppo dimostra di essere cresciuto anche sotto quest’aspetto, ma soprattutto i suoi colpi sembrano molto più reali di quelli di Merantau. Anche e soprattutto per merito di Evans, che… non so neanche come definirlo, mi viene solo da dire WOW! La camera si muove freneticamente per inseguire l’azione che veramente non ha limiti, ma sa anche fare un passo indietro quando ce n’è bisogno per lasciare respirare gli attori e rendere lo scontro più epico. Gli effetti speciali dei colpi di pistola sono piuttosto evidentemente stati aggiunti dopo, in digitale, senza un grosso budget la cosa si vede… ma non si fa neppure in tempo a rendersene conto fino in fondo che la corsa senza fiato ricomincia, spunta fuori un altro della banda da dietro una parete, dall’alto, dal basso, armato di una pistola o solo delle sue mani. E la poesia delle ossa rotte è pronta a ricominciare.

The Raid

Non voglio dire che il film sia perfetto, perché ha dei momenti didascalici e una struttura da videogioco (giù un nemico, avanti il successivo) fin troppo evidente in alcuni momenti. Voglio solo dire che non me ne frega niente, perché le botte in The Raid raggiungono un tale livello di sublimazione che sembra di sentire noi stessi il dolore inflitto a Uwais, ci sono dei momenti di combattimento talmente belli che viene quasi da piangere, e sono coreografati talmente bene che non rinunciano né al dolore né alla spettacolarizzazione. Quindi se non guardate The Raid non siete più miei amici. Miglior film di arti marziali degli ultimi dieci anni, dicevo? Forse sono stato troppo prudente.

Voto: *****

2 thoughts on “Botte da orbi #5: The Raid”

  1. Il Capolavoro moderno assoluto, film che mi vedo e mi rivedo a cadenza periodica… Il punto zero dei film di menare moderni 😉 Cheers!

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