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Botte da orbi #6: The Raid 2: Berandal

The Raid 2

Aver guardato in sequenza i tre film (Merantau, The Raid, The Raid 2) che il gallese Gareth Evans ha girato in Indonesia insieme all’amico e campione di silat Iko Uwais fa riflettere. Quanto possono migliorare, un regista e un attore insieme, se trovano la formula perfetta? Evans era partito con un film d’arti marziali abbastanza classico, con delle scene d’azione curate e un protagonista spettacolare ma piuttosto evidentemente a digiuno di recitazione. Ha continuato con un film dal ritmo mostruoso, secco, violento, spettacolare, un massacro che è una gioia per gli occhi, poco più di un’ora e mezzo senza mai tirare il fiato. E infine… questo.

The Raid 2

The Raid 2 è il film che Evans avrebbe voluto girare prima di rendersi conto che il budget a sua disposizione non gli avrebbe permesso di fare neanche la metà delle cose che voleva. Così disse “vaffanculo, menatevi e io vi riprendo”, e nacque The Raid. Il successone quasi insperato spinse chiunque a richiedere un seguito, e questa volta il budget sembrava sufficiente (comunque 4 milioni e mezzo di dollari, roba che in America ci girerebbero la pubblicità del detersivo). Così Evans riprese il suo vecchio script, lo spolverò un po’, ci aggiunse un paio di scene per collegare le due storie e… voilà, il gioco è fatto!

The Raid 2

IL FICHISSIMO DEL BEEEEEEEISBOL!

The Raid 2: Berandal comincia due ore dopo la fine del primo, che si svolgeva tutto nell’arco di un giorno. Ma la portata della storia è completamente diversa, visto che le vicende che vedono protagonista il nostro amato Rama coprono uno spazio di anni. Per difendere se stesso e la sua famiglia dalla mala indonesiana è costretto a cambiare identità, a farsi chiudere in carcere, a infiltrarsi nell’organizzazione mafiosa di Bangun e dal suo interno a cercare di interrompere la spirale di corruzione che sta rovinando Giacarta. Facile, no?

The Raid 2

IL FANGO MI RENDE IRRITABILE!!!

Insomma, se il primo The Raid era una sequenza infinite di botte da orbi, il sequel è un gangster movie all’orientale un po’ alla John Woo. Ladies & gentlemen: C’E’ UNA TRAMA! E’ UN FILM VERO! Si potrebbe pensare anche che Evans possa esserci lasciato prendere la mano, a leggere la durata del film prima di guardarlo. Sono due ore e mezzo filate! Svolta d’autore? Vi dico come la penso…

Gareth Evans era già un autore. L’ho detto anche nella recensione del primo episodio, l’ultraviolenza e l’azione sfrenata del film si sublimano, le ossa rotte diventano poesia, la cifra d’autore di Evans è questa. Il gallese non disprezza inquadrature impossibili, momenti lirici e sequenze quasi da art-movie, ma le integra alla perfezione senza snaturare il senso del suo cinema. Si trova bene negli spazi stretti del condominio della morte e non sa rinunciare alla magia dei combattimenti quasi impossibili: quindici contro uno in un bagno, quattro contro uno in un automobile, ma qui dimostra anche si sapersi allargare, osando inseguimenti incredibili che sfidano le leggi della fisica o facendo scontrare la sua carne da macello dentro magazzini sterminati. Se gira molto, è perché ha moltissimo da dire, ha una quantità di materiale infinita e in un film da due ore e mezza può permettersi di tagliare al montaggio una scena incredibile come questa.

La regia di Evans è migliorata in maniera incredibile, e con essa è aumentata proporzionalmente la violenza degli scontri. Merantau era atletico e ben coreografato, The Raid faceva male solo a guardarlo, qui… si arriva al confine del mostrabile, anzi si prende il confine e lo si sposta più in la, dove sembrerebbe umanamente impossibile posizionarsi. In Occidente almeno sarebbe impossibile, senza quell’esercito di stuntman disposti a tutto e con la censura pronta a bloccare qualsiasi cosa. Le ossa si frantumano, i nasi vanno in mille pezzi, le articolazioni si divelgono, oggetti di qualsiasi tipo vengono usati per fare male, malissimo… E Iko Uwais ora sa anche recitare, tiene bene la scena, ha uno sguardo più determinato, sembra davvero disilluso, pronto a tutto come il personaggio che interpreta.

The Raid 2

FERMI TUTTI! Se continuiamo a pestarci qui, l’erba non crescerà mai nel nostro cortile!

I primi quindici minuti di The Raid 2 presentano due combattimenti da manuale del cinema. Viene quasi voglia di fermarsi lì, premere stop e interrompere la visione del film, consapevoli che fare qualcosa di meglio della scena di combattimento tutti contro tutti nel fango del cortile della prigione sarebbe impossibile. E in effetti dopo quella scena qualcosa nel film cambia, si respira, il ritmo rallenta e… si può provare un po’ di noia. La parte centrale di The Raid 2 è quella meno esente da critiche, alcuni momenti sono un po’ didascalici, si sta a guardare quello che succede sullo schermo pensando “si, bene, ma quando arrivano le botte?”. E le botte arrivano eh, solo che abituati all’inferno un falò sembra quasi freddino. E soprattutto c’è una sottotrama interna che rappresenta a mio parere il vero punto debole del film e dimostra che Evans ha spazio per crescere ancora: quella del personaggio di Prakoso (vabbé, nome a parte) interpretato da Yayan Ruhian.

The Raid 2

HOBO WITH A MACHETE

Che poi lo capisco, Gareth Evans. Nel primo film Ruhian interpretava Mad Dog, ed era probabilmente il punto più alto della pellicola. I fan lo reclamavano a gran voce… come si faceva a lasciarlo fuori? Il problema (a parte il nome e la parrucca di Branduardi che gli hanno fatto indossare) è che la sua parte è lenta e sembra davvero un po’ estranea alla trama, si sarebbe potuta togliere di peso e con minime modifiche il film sarebbe rimasto lo stesso, anzi, migliore. Che poi è un peccato, perché le scene di combattimento di Prakoso sono comunque belle, e ce n’è una in particolare che rappresenta alla perfezione l’idea di cinema di menare di Evans: Prakoso deve affrontare la solita orda di nemici e si arma di machete, ma NON LO USA MAI e fa fuori mezzo mondo a mani nude, fino a raggiungere quello che era stato il suo obiettivo fin dall’inizio… solo allora usa il machete per trafiggerlo, solo lui. L’inesperienza di Evans sta proprio nel non aver saputo resistere alla tentazione di usare Ruhian anche in questo film. Ha voluto ascoltare i fan (o gli amici, forse) anche quando sbagliavano. Insomma, ha margini di miglioramento! Non è incredibile?

E scusate

E scusate

Poi arrivano gli ultimi quaranta minuti del film. E veramente non so come definirli. Sono un’esperienza estenuante anche per lo spettatore, ma non in senso negativo, è proprio la fisicità del girato che stanca anche solo a guardare. Anche qui, due combattimenti in sequenza che entreranno nella storia del genere… anzi, del cinema tout court. Prima il threesome preso quasi di peso da un manga, contro due sgherri del supercattivo, un uomo che usa la sua mazza da baseball e non disdegna di far fuori nemici a pallate, e una bella gnocca sordomuta che usa due martelli, frantumando ossa con la parte piatta e squarciando carni con quella a punta. Sembra persino troppo fumettoso, ma non si sa bene come ne esce una roba credibile. E ovviamente dolorosissima. E subito dopo senza farci tirare il fiato SBAM, arriva l’Assassino, Cecep Arif Rahman, uno a cui non daresti mezza lira ma che trasuda il carisma dell’esperienza, e usa due uncini per far fuori i nemici. Lo scontro è insieme a quello nel fango della prigione la cosa più bella del film: se all’inizio ci sono infiniti corpi buttati all’aria in un casino della madonna, all’interno del quale chissà come la regia di Evans riesce a trovare la magia dell’ordine, qui c’è un classico e letale uno contro uno dal quale emerge anche il rispetto tra due avversari che riconoscono il reciproco valore. Una roba lunghissima, impressionante, pare ci siano voluti dieci giorni per girarla ma vola via in un attimo, come fosse un unico take.

The Raid 2

Precisione e rispetto delle forme

La macchina da presa di Evans è in continuo movimento, accompagna gli scontri, vola da finestre spaccate, salta da un sedile all’altro della macchina con una fluidità incredibile, ma non è nervosa tanto da far venire il mal di mare come nella maggior parte degli action contemporanei. No, accompagna i colpi, il movimento non serve a mascherare un pugno evidentemente finto, ma a sottolineare quanto sia andato a segno. Un po’ lo stesso scopo dei rallenty nei film di Florentine, per intendersi.

Ho scritto 1400 parole e non sono ancora arrivato alla conclusione… avevo detto che The Raid era il più bel film di arti marziali da decenni, con il seguito Evans si è superato oppure no?

Non lo so.

Sono indeciso.

Da un lato vorrei dire di si, perché The Raid 2 è sicuramente più completo del primo, più aperto, meglio recitato, con una regia migliore e con sei momenti (le botte nel cesso della prigione, la royal rumble nel fango del cortile, la furia di Prakoso, l’inseguimento impossibile per le strade di Giacarta, il threesome contro i manga e lo scontro con l’Assassino) che avrebbero rappresentato il punto più alto del 99.9% di qualsiasi altro film d’azione.

The Raid 2

Non sono sicuro che da OBI ti abbiano detto che il martello va usato così

Dall’altro lato ci sono dei momenti di stanca e… c’è la consapevolezza che The Raid era un film più piccolo ma anche più compatto, un film che è stato un miracolo, e va apprezzato anche come tale.

Forse, e dico forse, ho preferito il primo film. Domani potrei cambiare idea. Resta il fatto che sono entrambe pietre miliari del genere, e onestamente non saprei come si possa fare di meglio… in attesa di The Raid 3. In ogni modo, cinque stelline su cinque ad entrambi.

NON SCHERZIAMO, EH!

NON SCHERZIAMO, EH!

Voto: *****

2 thoughts on “Botte da orbi #6: The Raid 2: Berandal”

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