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Green Room: Nazi Picards Fuck Off

Patrick Stewart Green Room

Green Room, eh? Pensavo fosse una stronzatona, e invece…

E invece le cose sono serie: sigla!

Non sono mai stato veramente un punk. A 15 anni ovviamente ascoltavo i Green Day come tutti, e meditavo se farmi la cresta o no, ma ben presto ho capito che la mia strada era il capello lungo del grunge e dell’heavy metal. Prima di realizzare che coi capelli lunghi facevo cacare, ma questo è un altro discorso. Ho divorato molti dischi di Sex Pistols, Clash, Black Flag, Ramones, Zeke e chi più ne ha più ne metta, ma ho quasi sempre trovato lontana dai miei pensieri la filosofia del no future. Ma quando si parla di cinema punk…

La cultura punk nonostante abbia interessato un numero tutto sommato non elevatissimo di persone è stata probabilmente quella socialmente più influente degli ultimi 50 anni. E’ facile pensare alla moda ad esempio, ma anche al linguaggio. Il cinema non è stato certo immune al fascino del punk, e tra i film che ha ispirato ce ne è qualcuno che non si può definire meno che di culto.

Repo Man film punk

Il mio preferito è probabilmente Repo Man, un film che non si può definire meno che un allucinante capolavoro, divertentissimo, recitato alla grande e ovviamente con una gran colonna sonora. Altri grandi(ssimi) film sul punk sono Suburbia, Rock’n Roll High School, Sid & Nancy… Negli ultimi anni c’è stato un minimo di risveglio del punk al cinema, con pellicole meno anarchiche ma che comunque recuperano una buona parte dello spirito. Film come We Are The Best, Ex Drummer, Good Vibrations… e come questo Green Room, finalmente!

Green Room poster

E con una locandina così, il film non può che essere punk fino al midollo! Come dicevo all’inizio, temevo che il film fosse una cazzatona, con quelle frasi urlate messe un po’ a casaccio e l’assenza dei nomi degli attori nel poster. Eppure di nomi anche notevoli ce ne sono! C’è il compianto Anton Yelchin, mai così convincente, c’è Imogen Poots per la quale vale lo stesso discorso ma all’ennesima potenza, c’è Alia Shawkat che mi era già piaciuta in The Final Girls, ci sono Eric Edelstein, Joe Cole e soprattutto c’è Patrick Stewart.

Si, c’è Picard che fa il capo dei nazisti.

Patrick Stewart Green Room

Tengo questa espressione per tutto il film ma sono comunque più figo di voi

E la cosa ovviamente varrebbe già il costo del biglietto per Green Room (come se l’avessi pagato, ahahahah! Ehm).

Si perché in Green Room ci sono i punk e ci sono i nazisti, che non vengono dall’Illinois ma dall’Oregon, e sono il pubblico che tocca agli Ain’t Rights, scalcinata e squattrinata punk band in tour per l’America, costretti a suonare in posti di merda davanti a cinque persone, per la cena o poco più. Capirete quindi come la notizia di un ingaggio ben pagato, in un locale piuttosto grande, sia stata ben accetta dal gruppo, nonostante si trattasse di un ritrovo di skinhead di destra. Neonazisti, insomma. Odio quella gente.

Green Room

Non odiateci, sprizziamo simpatia da tutti i pori!

Cosa fa un vero gruppo punk quando si trova di fronte una platea di neonazisti? Bravi, suona Nazi Punks Fuck Off, per la gioia di quasi nessuno. Green Room è un film di assedio, ma poiché il regista Jeremy Saulnier è furbo e sa quello che fa l’assedio non parte per questo futile motivo, no, gli Ain’t Rights concludono il loro show e vengono persino quasi apprezzati e perdonati, perché in fondo il punk è così. Ma c’è di mezzo un omicidio che il gruppo non avrebbe mai dovuto vedere e invece… questi ragazzi non sanno proprio fermarsi di fronte alle porte chiuse. Così, bisogna eliminare i testimoni scomodi. E il gruppo si ritrova chiuso dentro una stanza verde, cerca di sfruttare ogni arma di ricatto a loro disposizione e in generale le tenta tutte pur di riuscire a cavarsela.

Due parole sul regista, che è ancora poco conosciuto ma sembra destinato a diventare qualcuno. Saulnier è ulla quarantina, al terzo film dopo Murder Party del 2007, che praticamente era stato fatto in casa (IMDB dice “filmato nel 2006 senza un soldo”) e Blue Ruin, del 2013, che nonostante avesse anch’esso come protagonista un amico di Saulnier (Macon Blair) questa volta è un film vero, anche se fatto in totale economia, e come tale è stato molto apprezzato dalla critica.

Macon Blair torna anche in Green Room… dai che abbiamo creato una carriera di attore!

Green Room Macon Blair

Giuro che non me lo sarei mai aspettato!

Con Green Room Saulnier ha dichiarato di voler fondere due cose che ha sempre amato molto: il thriller d’assedio e il punk. Da ragazzo cantava in un gruppo e ha amici che sono rimasti punk, è andato a vedere decine di concerti e si vede, la sua narrazione è consapevole di quello che è il punk, non denota disprezzo ne condiscendenza. Saulnier ama e conosce la musica, e si vede dalle battute scambiate dai ragazzi durante tutto il film. Non frasi scontate che tirano in ballo gruppi che conoscono anche i nostri bisnonni, ma conversazioni intime sulla musica. In particolare Imogen Poots ha durante tutto il film le battute e le scene migliori. E sembra anche più gnocca del solito.

Imogen Poots Green Room

Gnocca in questo film? Ma hai visto come mi hanno conciato i capelli?

Per realizzare il film Saulnier si è ispirato a tanti film che hanno segnato la sua formazione, pellicole come Cani di Paglia, Rambo, Platoon, Robocop, La Cosa… In Green Room si nota una attenzione al dettaglio non comune in produzioni relativamente piccole di questo tipo, come il conto delle pallottole, fondamentale in una delle scene più importanti del film, o la ricorsività di alcuni dialoghi che riveleranno in seguito la loro importanza (il soft-air!). Saulnier ha dichiarato di avere visto Distretto 13 – Le Brigate della Morte solo dopo la fine delle riprese, ma che il film di Carpenter è stato comunque un’influenza fondamentale sul look definitivo del film. Perché oh, Carpenter. Carpenter si vede.

Green Room è un film piccolo che funziona quasi perfettamente in ogni sua parte. Funziona la regia, misurata e quadratissima, funzionano gli attori assolutamente centrati nella parte, funziona l’ambientazione, che riesce (e in un film d’assedio è fondamentale!) con pochi elementi a creare una situazione di allarme evidente, funziona la sceneggiatura, che ci introduce i personaggi e in poche battute ce li fa conoscere senza lasciarli allo status di macchiette. Funziona la musica, ovviamente.

Anton Yelchin Green Room

Funziona un po’ tutto. Perché si vede il gran lavoro di preparazione che c’è dietro, preparazione che non comincia con il primo giorno di riprese e neppure dalla prima parola scritta nella sceneggiatura, è la preparazione di un regista che vuole prendere tutto seriamente. Anche un film di punk contro nazisti.

Funziona anche perché non è banale. Sarebbe stato semplicissimo caratterizzare i nazisti come stupidi violenti, ad esempio, e invece c’è quello che sembra un ragazzino eccitato e quello emozionato, quello che vuole solo obbedire agli ordini e quello che sembra usare il Mein Kampf come bibbia, quello che ama i cani e quello che vede tutto come business più che come fede politica. Poi c’è Patrick Stewart, la cui recitazione potrebbe anche sembrare troppo piatta rispetto alla parte, ma che secondo me è fondamentale per far si che prendiamo assolutamente sul serio anche noi questi neonazisti così misurati e inquietanti. Perché sono dannatamente pericolosi, anche se evidentemente non sono in grado di gestire una situazione di crisi come quella in cui si trovano senza una forte guida esterna.

Green Room poster alternativo

E niente, si è capito che mi è piaciuto, no? E’ il cinema che riesce ancora a sorprendermi. Mi aspettavo un filmetto da due lire, e invece mi trovo di fronte a uno dei migliori film dell’anno. Sembra poco?

Voto: ****

2 thoughts on “Green Room: Nazi Picards Fuck Off”

  1. Ti meriti un Bro-Fist per “Rock’n Roll High School”, un altro per “Sid & Nancy” ma il più grosso di tutti per “Repo Man” che no, non è un capolavoro ma lo amo alla follia 😉 Come sai anche a me è piaciuto un casino, avercene di film così, ora devo vedere per forza “Blue Ruin” 😉 Cheers!

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