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Storie di ordinaria epilessia #1: Giacomo Matteotti

Giacomo Matteotti

Nelle ultime ore si è fortunamente diffusa per il web la consapevolezza riguardo a uno dei più grandi mali del nostro tempo: l’epilessia. In questa serie di articoli vorrei ricordare alcuni famosi morti di epilessia, raccontandovi una versione solo leggermente romanzata degli ultimi istanti delle loro vite.

GIACOMO MATTEOTTI

Giacomo Matteotti

– Non può continuare, davvero, non si può andare avanti così! – Il Duce Benito Mussolini camminava avanti e indietro infuriato, ignorando i tentativi dei suoi camerati di calmarlo. – Avete sentito cosa ha detto? Che l’elezione non è valida, che nessun elettore italiano è stato libero di decidere con la propria volontà! Discorsi folli! Senza senso! Sapete cosa vuol dire tutto questo?
– Che quando c’eri te i treni arrivavano in orario? – Il camerata Amerigo Dumini era un fedele fascista e avrebbe accettato anche di morire per il suo Duce, ma non brillava certo per intelligenza. Sapeva però leggere e scrivere, e per questo aveva anche fondato un settimanale, attraverso il quale esprimeva le proprie idee sul partito e sul mondo, che si chiamava Sassaiola Fiorentina.
– No Amerigo, ma che cazzo c’entra? Non è che hai preso troppi pugni in testa? – Il Duce gli voleva bene come se ne vuole a un figlio scemo, ma a volte non riusciva a trattenersi dall’offenderlo.
– Eja eja alalà. – Ammise Amerigo.
– Insomma, vuol dire che Matteotti sta male! E’ malato! Dalle sue parole appare evidente che sia affetto dal male più terribile dei nostri giorni…
– Che è ebreo? – Chiese l’altro intellettuale fascista presente, Albino Volpi.
– Macché ebreo! Ha l’epilessia? E sapete cosa dobbiamo fare a chi soffre di epilessia?
– Olio di ricino! – Risposero in coro i camerati presenti.
– Ma no, ma siete idioti? CURARLO! Dobbiamo curarlo! Andate a prenderlo, e portatelo in ospedale.

Quel pomeriggio Giacomo Matteotti uscì di casa e decise di dirigersi a piedi verso Montecitorio. Era qualche settimana che non si sentiva tanto bene, e più di un amico gli aveva chiesto cosa aveva, come gli era saltato in testa di dire quelle cose in Parlamento. Matteotti era sempre stato una testa calda, ma dire queste falsità di un regime liberale come quello fascista? Era troppo anche per lui. Nei momenti di lucidità si rendeva conto che qualcosa in testa non funzionava più bene, ma cosa?

“Forse dovrei andare da un dottore”, pensò, “ma se anche il dottore fosse agli ordini del violento Mussolini e decidesse di mandarmi in vacanza al confino? No.. ma cosa sto pensando? Mussolini violento? Qualcosa non va nella mia testa e… Fascisti carogne tornate nelle fogne! Oddio, ma cosa mi sta succedendo. Aventino! Tutti in Aventino! Il nemico è il fascismo!”

Confuso, Matteotti non notò neppure i tre fascisti che gli si stavano avvicinando premurosi. Amerigo Dumini, Albino Volpi e Amleto Poveromo stavano seguendo alla lettera gli ordini del loro duce, e senza neanche pensare di manganellare qualcuno si rivolsero al politico malato.

– Onorevole Matteotti, venga con noi, siamo qui per aiutarla! – Esordì Albino. Ma la tremenda epilessia aveva ormai sconvolto la percezione del socialista, che capì tutt’altro.
“Onorevole Matteotti, lei è un nemico e doppiamo pugnalarla!”
– Andate via miserabili, non mi avrete!
– Ma no si calmi, è la malattia che la fa parlare così.
“Ti passeremo per le armi, è il nostro Duce che vuole così!”
– E allora uccidetemi dannati fascisti, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai!

Matteotti cercò di divincolarsi e scappare, Amerigo cadde addirittura a terra per una spinta, fu allora che i tre fascisti capirono che se davvero volevano curarlo dovevano prenderlo e condurlo a forza in ospedale. Non c’era un minuto da perdere.

– Prendilo Albino! – Urlò Amleto.
– Lo tengo!
– Portatelo in macchina, guido io!

La macchina, una bella Lancia Kappa, venne messa in moto e lanciata a tutta velocità per le strade di Roma. Il Duce aveva consigliato loro una clinica specializzata in epilessia che si trovava fuori dalla città, i fascisti sperarono di arrivarci in tempo, ma Matteotti continuava ad agitarsi come un tarantolato.

– Aiuto, mi uccidono! Sono un parlamentare e mi stanno sequestrando!
– Si calmi onorevole, è per il suo bene.
– Mi uccidono! Lo Stato fascista non merita i miei servigi! – Matteotti estrasse dal taschino il tesserino da parlamentare, e con un gesto di stizza lo gettò dal finestrino.
– Onorevole si calmi le ho detto! Si calmi! L’abbiamo presa per ordine del Duce, Benito Mussolini!

Il nome di Benito funzionò come una scossa per la mente malata di Matteotti, che si fermò immediatamente.

– Benito Mussolini?
– Si onorevole Matteotti, Benito Mussolini.
– Il Duce?
– Che alla fica ci conduce! – Urlò il Dumini, entusiasta.
– Ma allora mi volete bene.
– E certo, vogliamo curarti!
– Oh dio sia lodato, e viva il Duce! Lo lovvo! La mia testa… la mia testa non funziona più. Sono malato, non è vero?
– E’ la terribile epilessia… ma guarirà! Glielo promette il Duce!

Fu in quel momento che Matteotti vide nel sedile dell’auto una mela, e si ricordò di non aver pranzato.

– Visto che siete così gentili, potrei chiedervi di mangiare quella mela? Mi piacciono tanto…
– Ma certo onorevole! Tenga!
– E sia gentile, potrebbe sbucciarmela?
– Ma certo, ho giusto in tasca un coltellino!

Nel momento in cui il Dumini estrasse il coltello dalla tasca, una nuova forte scossa epilettica sconvolse il povero Matteotti, che non riuscì a controllare il proprio corpo. La convulsione lo fece sobbalzare e quasi saltare addosso al buon fascista accanto a lui, che teneva il coltello in mano. Per una terribile fatalità il Matteotti si conficcò il coltello nel corpo, ma per fortuna non soffrì. L’epilessia l’aveva già ucciso quando la lama aveva cominciato a penetrare nel suo corpo.

– Oh, terribile tragedia! – Esclamò il Poveromo!
– E se accusassero il nostro amato Duce di aver ordinato la sua uccisione?
– Impossibile, tutti sanno che il nostro Duce è buono. E’ la terribile epilessia!
– Quanti morti dovrà ancora fare l’epilessia, prima che la gente capisca?
– Quanti morti… quante tragedie…

I tre fascisti piansero sul corpo senza vita dell’onorevole, e andarono a seppellirlo nel Comune di Riano, dove lui avrebbe voluto riposare in pace. Con un bastone scrissero per terra VITTIMA DELL’EPILESSIA. Purtroppo non fu l’ultimo grande uomo a morirne…

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