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StartUp – Stagione uno

Non si è parlato molto in giro di StartUp, e la cosa un po’ mi stupisce. Ok, la serie è andata in onda su Crackle, il servizio di video on demand della Sony che nonostante molti sforzi non è ancora riuscito ad ingranare appieno, ma credevo che nell’ambiente dei fansub e dello streaming online una nuova serie con Martin Freeman avrebbe attratto l’attenzione dei fan. Freeman è Watson in Sherlock, è stato protagonista della prima stagione di Fargo, era Bilbo Baggins nei tre film de Lo Hobbit e Arthir Dent nella Guida Galattica per gli Autostoppisti. Insomma, ha avuto tantissimi ruoli iconici o quasi.

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Anche l’argomento della serie è di forte attualità. La StartUp del titolo infatti vorrebbe lanciare una nuova criptovaluta, il GenCoin, capace di rivoluzionare il mercato della moneta, in quanto completamente democratica e svincolata dal controllo di multinazionali e banche. Il GenCoin garantirebbe a chiunque abbia uno smartphone, in qualsiasi parte del mondo, l’accesso al credito. Non chiedetemi bene come perché la serie ha premesse poco credibili, comunque questo è ciò che promette il codice scritto da Izzy Morales, giovane e bella (e lievemente sociopatica) programmatrice di origine cubata interpretata dall’esordiente Otmara Marrero. Ciò che le manca per lanciare GenCoin a livello mondiale è solo qualche piccolo finanziamento… diciamo dieci milioni di dollari. Per ottenerli bussa alla porta della banca dove lavora Nick Talman (Adam Brody, già in The O.C., The League e qui anche produttore). La banca rifiuta di concedere il denaro, ma Nick rimane colpito dalla sua presentazione, così decide di cominciare a finanziarla personalmente con il denaro (circa due milioni e duecentomila dollari) affidatogli dal padre, che è un losco finanziere implicato in affari non proprio puliti. Il problema appunto è che anche i soldi non erano affatto puliti. Trecentomila ad esempio appartenevano ad un gruppo di mafiosi haitiani, tra cui Ronald Dacey (Edi Gathegi, visto in The Blacklist, X-Men: First Class, House…), che potrebbe incazzarsi come una bestia e invece decide di partecipare anche lui alla StartUp come investitore, vedendo in GenCoin un modo per risollevarsi ed aiutare la gente di Little Haiti.

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Che ruolo ha in tutto questo Martin Freeman? Lui è Phil Rask, un agente FBI corrotto che dopo aver scoperto che il parte di Nick gestiva soldi sporchi lo ricatta, sperando di poterli usare per scappare all’estero e cambiare vita. Quando i soldi (e il padre di Nick) spariscono, decide di fare di tutto per rientrarne in possesso…

La serie scritta da Ben Ketai (Chosen) unisce al contesto informatico/bancario e agli sforzi di lanciare la StartUp tutta una serie di scene di sesso, momenti di violenza tra bande, drammi familiari tagliati un po’ con l’accetta. Si nota che c’è la volontà di far parlare di sé e attrarre il numero più alto possibile di spettatori, e per questo nella sceneggiatura viene inserito un po’ di tutto, con risultati non sempre felicissimi. E’ il cast di ottimo livello a tenere in piedi la baracca, con prestazioni davvero alte da parte di tutti. Martin Freeman ovviamente non è una sorpresa, ma anche Edi Gathegi mi ha positivamente sorpreso, e anzi la sua parte della storia è quella che ho trovato più interessante e con i personaggi meglio riusciti, anche se non brilla certo per originalità.

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L’altro grande difetto di StartUp è che dopo le prime puntate le vicende di Freeman e quelle degli altri tre protagonisti tendono a separarsi un po’ troppo. Manca un po’ di visione d’insieme, e in alcuni momenti viene da chiedersi dove la storia voglia andare a parare.

Nonostante tutti i difetti, l’interpretazione degli attori e il ritmo notevole mi hanno portato a seguire la serie con interesse, e il finale, che introduce personaggi nuovi e situazioni inaspettate, contribuisce a tenere alta la curiosità sulla prossima stagione. Si farà, non si farà… chi lo sa? Intanto, io mi sono divertito a guardare la prima. Provate anche voi!

Voto: ** 1/2

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