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Saturday is Sharkday #13: Sharknado

Sharknado

Prima o poi questo momento doveva arrivare. Il fortunato tredicesimo film delle rubrica Saturday is Sharkday è SHARNADO!

Sharknado poster

Un giorno i posteri concorderanno: quando si parla di film di squali (o di z-movies in generale) esiste un pre-Sharknado e un post-Sharknado. L’11 luglio 2013, quando il tornado di squali ha fatto irruzione nella serata del canale televisivo americano SyFy, è come se fosse scattato un interruttore. Non che prima non esistessero film di squali brutti, assurdi o anche volutamente fatti male, ne abbiamo recensiti molti anche in queste settimane, ma erano sempre o film sbagliati oppure destinati ad un pubblico di nicchia, amanti dell’orrido o persone in cerca di un divertimento semplice anche se di cattivo gusto. Con Sharknado è stato fatto il salto deciso verso il mainstream, e tantissime persone che non si sarebbero mai sognate neanche lontanamente di guardare roba tipo Sharktopus o Shark in Venice si ritrovano ora ogni anno davanti al televisore in religiosa attesa del nuovo capitolo della saga.

famiglia sul divano

EVVIVA, COMINCIA!!!

Eppure non era cominciata come un trionfo. La prima messa in onda del film non ha avuto grandi ascolti, anzi, decisamente sotto la media degli original movies di SyFy. Una delusione. Ma sui social network, in special modo su twitter, la gente ha cominciato a commentare. “Assurdo”, “incredibile”, “il peggior film della storia”! L’hype è cresciuto, e chi non era davanti al televisore ha cominciato a pentirsene, sentendo i racconti delle scene più (involontariamente?) esilaranti. Il cane che si chiude da solo dentro l’automobile, il tornado tenuto a bada da una porta tenuta con una mano sola, la famosa, mitica scena finale con la motosega e tante altre. Non so quanto questo sollevamento mediatico fosse organizzato e quanto spontaneo, fatto sta che ha ottenuto l’effetto voluto. A furor di popolo, una settimana dopo SyFy ha rimesso in onda Sharknado, e gli ascolti sono saliti del 35%. Ma ancora non era abbastanza. Mentre l’hype diventava di livello internazionale (ricordo articoli deliranti della stampa italiana che dimostravano di non sapere cosa fosse un b movie), le richieste aumentavano ancora. Chi l’aveva già visto voleva rivederlo, chi non era riuscito a beccarlo in tv si sentiva escluso dai dibattiti sul film che non accennavano a calare di intensità. Altri nove giorni dopo Sharknado venne trasmesso una terza volta, aumentando ancora i propri ascolti e finendo per diventare il film originale più visto della storia di SyFy.

Sharknado

Di cosa parla Sharknado, e perché ha avuto tutto questo successo? Alla prima domanda, la risposta può essere lunghissima o estremamente corta. La trama di Sharknado è allo stesso tempo semplicissima e pienissima di cose che succedono una dopo l’altra, senza lasciare un attimo di tregua allo spettatore. Il regista Anthony C. Ferrante l’ha riassunto probabilmente nella maniera migliore, dicendo “C’è un tornado. C’è una alluvione. Ci sono gli squali. Non fatevi troppe domande”. Come dice la tagline del film, “enough said”. Ma allo stesso tempo si potrebbero scrivere libri sulla fisica del tornado e sull’anatomia degli squali del film, ed in effetti qualcuno l’ha già fatto. Si potrebbero scrivere articoli di duemila parole cercando di spiegare come mai il tornado abbia sollevato solo squali e non, ad esempio, tonni, calamari o branzini, o su cosa abbia spinto all’inizio del film i voraci predatori a riunirsi in un immenso branco di ventimila esemplari. Ma ha ragione Ferrante, troppe domande. Godiamoci il film.

Rispondere alla domanda su come ha avuto successo è sicuramente più semplice, anche se sono numerosi i fattori che vanno nominati. Innanzitutto Sharknado ha avuto sicuramente la fortuna di essere arrivato nel momento più giusto. Qualche anno prima internet non avrebbe avuto la forza per essere il motore propulsivo di un successo come questo (ne è testimonianza il relativo insuccesso di un film tutto sommato simile come Snakes on a Plane), e Sharknado sarebbe rimasto una pellicola di nicchia come molte altre prima di lui. La campagna pubblicitaria che l’ha spinto, prima e dopo, ha saputo sfruttare alla perfezione il naturale hype fornito dagli stessi spettatori. Il passaparola è sempre stato importantissimo per qualsiasi film, ma in questa occasione è stato fondamentale per farlo diventare un fenomeno di costume prima ancora che cinematografico.

Sharknado

La scelta del cast, poi, è stata perfetta. Tutti o quasi gli attori rappresentavano volti conosciuti, in particolar modo per il pubblico di post teenager a cui il film strizza l’occhio. Il protagonista, Ian Ziering, era Steve in Beverly Hills, una di quelle serie tv che tutti coloro che fanno parte della mia generazione e non solo hanno visto. Nel 2013 Ziering non era esattamente al top della notorietà, le parti per lui scarseggiavano e in una intervista ha dichiarato che anche il suo ruolo in Sharknado non lo entusiasmava di certo. Se ha accettato è stato solo per ottenere l’assicurazione della Screen Actors Guild Association per lui e per tutta la sua famiglia, ma quantomeno il suo sforzo va elogiato. In tutto il film (anzi, in tutti I film) sembra l’unico che si sforza davvero per apparire credibile. Si, anche quando brandisce una motosega contro un nemico immaginario. C’è comunque da dire che anche un comodino apparirebbe espressivo accanto a Tara Reid (nota soprattutto per i vari American Pie), che per tutta la durata del film sembra chiedersi dove si trova e come è arrivata lì. Con loro John Heard (Mamma ho Perso l’Aereo, i Soprano), Cassie Scerbo (apparsa in Make it or Break it e Dance Revolution – e gnocca), Jaason Simmons (Baywatch), tutti abbastanza straniti e/o disperati per accettare un ruolo del genere.

Cassie Scerbo

Cassie Scerbo – la gnocca

Dove però Sharknado tocca l’apice della perfezione è nel budget assegnato alla pellicola. La Asylum ci ha messo abbastanza soldi per non farlo apparire una cosa troppo evidentemente pezzente, ma sufficientemente pochi (lo so, è un concetto di merda… ma seguite il mio ragionamento!) per costringere il regista a usare effetti speciali ridicoli, per rendergli impossibile evitare buchi di trama colossali  e in breve per costringere Sharknado a rimanere ben al di sotto della serie B. Che non si provi a prendersi troppo sul serio.

Ferrante (con lo sceneggiatore Thunder Levin, che spero sia un nome d’arte, ma che comunque aveva già scritto Mutant Vampire Zombies from the ‘Hood!) poi ci mette di suo un sacco di ignoranza. Capisco che la trama doveva apparire raffazzonata, ma perché ad esempio all’inizio il bar di Fin appare annerito dal fuoco, se non c’è stato neppure un incendio? E perché squali enormi vengono addirittura sollevati dall’oceano mentre un elicottero se la cava quasi nell’occhio del terribile ciclone? Domande che non possono ricevere una risposta, e che anzi sollevano un’altra domanda ancora più importante: ma l’avranno fatto apposta o no?

Sharknado

E qui si entra sul campo delle ipotesi, e ognuno ha la sua idea. La mia è che ok, so bad it is good, ma hanno un tantino esagerato. Alcune cose sono state fatte volontariamente, altri errori commessi in buona fede senza pensare, perché probabilmente il film è stato girato in un tempo brevissimo ed al massimo risparmio, altre cose ancora, invece, sono proprio frutto di stupidità. E probabilmente sono anche quelle più divertenti. Anche qui Sharknado si pone esattamente sul limbo, sul sottilissimo confine che separa la stupidità più assoluta dal progetto intelligente.

E così Sharknado è diventato fenomeno di culto e di costume, ha dato vita a decine di imitazioni, a montagne di merchandising e via dicendo. Addirittura, dopo l’iniziale definizione di “film più brutto della storia”, ha anche cominciato ad ottenere buone recensioni, che ne lodavano il ritmo, la stupidità e il genuino senso di divertimento dato dalla pellicola. Ora non voglio fare il bastian contrario, ma a me Sharknado è sempre risultato noiosissimo. I sequel, da questo punto di vista, sono migliori, perché il gioco è più scoperto e veniva sempre più facile inserire omaggi ed easter eggs con i quali riempire la pellicola. Ma i dialoghi del primo Sharknado sono terribili, atroci, noiosissimi. Sembrano fatti per risultare seguibili senza intoppi anche dal più becero e stupido degli americani, e probabilmente è esattamente così. Tra una scena divertente e assurda e l’altra passa pochissimo tempo, ma anche quei pochi minuti mi sono risultati difficilmente sopportabili. E io sono uscito indenne da ben due visioni di Birdemic!

Non voglio convincervi a non guardare Sharknado. Anzi, fatelo. Perché il fenomeno va compreso appieno, perché così potrete godervi meglio le tante imitazioni più o meno assurde ed anche i seguiti ultra-pop. Forse vi piacerà anche, forse l’adorerete, ma a me è sempre sembrato troppo poco onesto per farsi davvero amare.

Voto:  squalo squalo mezzosqualo

6 thoughts on “Saturday is Sharkday #13: Sharknado”

  1. Non è il più brutto della storia (per quel titolo gareggiano 90120 SHARK ATTACK e l’italiesco BOX OFFICE 3D) ma rende bene l’idea di cos’è l’America
    il prossimo sequel sarà SHARKTRUMP (uno squalo con tre mogli e un’orrenda parrukka conquista la Casa Bianca)

  2. Definito da chi non guarda film di serie Z, il peggior film del mondo, assurdo, considerato che è il miglior film Asylum di sempre, una follia che è diventato un appuntamento fisso da quattro anni, per il quinto capitolo spero torni anche Cassie Scerbo 😉 Cheers

  3. A me quello che più mi ha spinto a vederlo la prima volta è stata proprio la curiosità di vedere gli squali volare, cosa mai vista prima, ecco uno dei perché di questo straordinario successo 😉

  4. Dico solo che dopo averlo visto, nel novembre 2013, corsi ad aprire il blog “Il Zinefilo”: consideratelo uno degli effetti collaterali di questo film 😀
    Paradossalmente non l’ho mai trattato sebbene sia stato il primo film ad honorem del mio blog: è che dovrei rivederlo e non ne ho il coraggio! Il mio è un timore reverenziale: di fronte al Dio della Z è difficile alzare la testa…

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