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Fuggite, sciocchi! La recensione di Get Out

Get Out

Sigla

Iniziamo con dei numeri:

1- È il primo film da regista di Jordan Peele (che è anche sceneggiatore!), già molto conosciuto per la coppia comica con Keegan-Michael Kay e visto come attore nella prima stagione di Fargo.
2- I film della Blumhouse Productions che hanno sbancato i botteghini quest’anno. Il primo è stato Split.
2- Le recensioni considerate “negative” su un totale di 261. Una è del giornale ultra-conservatore National Review, la seconda ha dato comunque al film una valutazione di 3 su 5.
4,5- I milioni di dollari di budget del film. A questi ne va aggiunto poco più di uno utilizzato per le spese di marketing.
99- La percentuale di gradimento sull’aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes.
230- I milioni di dollari incassati nelle sale fino ad oggi, numero destinato sicuramente ad aumentare. Get Out è stato il primo film di debutto di un regista nero a superare i 100 milioni di dollari al botteghino e il film di debutto di maggior successo tratto da una sceneggiatura originale della storia.

…niente male per un horror, eh?

Get Out poster

Locandina quasi per niente horror

Sì, non fatevi ingannare dalle parole dei tantissimi critici che ce la stanno mettendo tutta per non nominare la parola horror o per sommergerla di tante altre belle parole che non vogliono dire niente e che servono solo a farla passare inosservata; Get Out è un horror, e Jordan Peele utilizza tutti i topoi del genere fino alle estreme conseguenze, persino quando per lui sarebbe stato più semplice e forse più proficuo distanziarsene almeno parzialmente.

A leggere alcune recensioni soprattutto americane sembra che i critici si siano accorti solo ora che si può fare un grande horror mettendo al centro delle tematiche sociali importanti. Come se horror militanti e fortemente progressisti come il manifesto contro l’America reaganiana Essi Vivono, l’anti-consumista La Notte dei Morti Viventi o la spietata satira sociale di Society non fossero mai esistiti. E invece non è un caso se Peele, autore fino ad oggi lontanissimo dal genere ma che evidentemente lo conosce benissimo, ha scelto l’horror, ormai da molti anni lo strumento migliore per veicolare ansie, paranoie, denunce delle storture della società e per farcele entrare dentro. L’horror (quello fatto bene) ti entra dentro e ti cambia. Jordan Peele voleva cambiare i suoi spettatori, e sembra esserci riuscito.

Jordan Peele

Guarda qua come è tutto soddisfatto!

Leggere della composizione etnica degli spettatori americani del film è almeno in parte sorprendente: 35% bianchi, 35% neri, 30% altro. Per un film che è stato venduto fin dall’inizio come “cinema per fratelli” la percentuale dei neri è alta, ma non soverchiante. Jordan Peele non ha fatto Blacula, per intenderci. Get Out è un Indovina chi viene a cena se lo avesse diretto George Romero, nelle sale (americane, precisiamolo sempre) gli spettatori hanno dato vita a un vero e proprio tifo da stadio per il protagonista Daniel Kaluuya, ma la sensazione è che il bersaglio principale del film sia un altro.

Facciamo un passo indietro.

Chris Washington (Daniel Kaluuya, bravissimo) è nero, ha avuto una infanzia difficile dalla quale è riuscito a venir fuori alla grande e ora si è fidanzato con Rose Armitage (Allison Williams), bella e banchissima. Una relazione quasi da cartolina per la nuova America Obamiana. Affiatamento, amore, sesso: perfetti, sembrano creati da un pubblicitario per stare insieme. La situazione dal 2011 è parzialmente cambiata, ma il vecchio articolo di Cracked che mostrava come gli americani non fossero felicissimi di vedere coppie miste con uomo nero e donna bianca al cinema a meno che il film non parlasse proprio di questo torna ancora comodo. E infatti nella loro relazione sembra essere rimasto solo uno scoglio, il classico “Ti presento ai miei” che spaventa anche le coppie più classiche, figuriamoci Chris e Rose.

Quando Chris chiede alla fidanzata se ha detto ai genitori se è nero, lei dice con tutta la naturalezza del mondo “no, ma non cambierebbe niente”. I suoi sono una ricca coppia di liberal che sostengono la completa uguaglianza, anzi, Rose gli preannuncia che suo padre sicuramente gli dirà che ha votato due volte per Obama e che l’avrebbe sostenuto una terza, se avesse potuto.

E in effetti va proprio così.

Chris è preoccupatissimo, sa che queste cose non vanno mai come devono andare fino in fondo e in qualche modo mette le mani avanti. Si sfoga anche con l’amico che intepreta fin dall’inizio lo stereotipo del comic relief, ma soprattutto non la smette per un secondo di tartassare Rose. “Sei sicura?”, “Pensi che andrà bene?”, “Sarà un disastro, lo so…”. Chris ha cattivi presagi fin da subito perché probabilmente la sua esperienza di vita gli ha insegnato questo. E anche il viaggio verso casa dei suoi promette davvero male, visto che i due finiscono per investire un cervo.

Get Out

Io un comic relief? NIGGA, PLEASE!

Cattivo presagio? Succede sempre negli horror per dare una scossa agli spettatori prima di qualcosa di brutto. Eh sì… e non avete ancora visto la faccia del solerte poliziotto di campagna che accorre per controllare cosa è successo.

Piccoli intoppi, comunque, perché la casa (sticazzi della casa, è una villa enorme) è vicina e i genitori accolgono Chris con grande affetto, come se per loro fosse naturale avere un nero fidanzato con la figlia. Sì, sembrano persino fare troppo per metterlo a suo agio, la mamma vorrebbe ipnotizzarlo per fargli smettere di fumare (brutto vizio!) e le stramberie del fratello ubriaco appassionato di MMA sembrano solo un altro piccolissimo intoppo. Tutto sembra andare bene. Ma Chris ha ancora questo strano presentimento… Il personale della casa, ad esempio, è di colore. Il padre di Rose è solerte nel spiegare che sembra un cliché, ma i due sono stati molto vicini ai suoi genitori prima della loro morte e ora loro non se la sono proprio sentita di licenziarli. Georgina e Walter sembrano trattati bene, in fondo, ma il loro comportamento è bizzarro, e i volti… ancora di più.

Get Out

Io strana? Ma se sono così rilassata!

E quando il giorno dopo arrivano altri ospiti, tutti ricchi, bianchi e liberal, tutti a fare apprezzamenti su Chris, su quanto è in forma, su quanto sia bello avere un nero come pari in mezzo a loro, la cosa si fa ancora più inquietante…

Get Out

Toh! Ma se c’è pure lo zio Tom…

Ho usato molto la parola stereotipi, perché l’horror è genere che ti porta a usarli, e alcuni sono stati talmente abusati da divenire quasi topoi comici. Chi fa sesso muore, il cattivo appare sempre alle spalle della persona che si guarda allo specchio, i cellulari non funzionano mai, il killer sembra avere sette vite e torna alla carica quando tutti lo credono morto, e soprattutto il nero muore per primo

Ma come si chiede giustamente Cassidy, se è il protagonista ad essere nero, chi muore per primo?

Get Out

Stereotipo #1025546: once you go black…

Get Out è un film che tocca in maniera intelligente le corde dell’America, e lo fa in maniera talmente ben studiata che è riuscito a piacere a tutti o quasi. È un bel film appassionante per gli amanti dei classici horror, è un film che coinvolge la comunità nera che si può identificare nel protagonista, è un film che parla alla classica elite liberal, e lo fa in maniera così sottile che non sono sicuro che tutti siano riusciti a cogliere fino in fondo le sfumature della sceneggiatura di Peele.

Lucia, nella sua splendida recensione, ci ha regalato una lettura sociale di altissimo livello che condivido fino all’ultima virgola e che non riuscirei minimamente a replicare con la stessa efficacia, quindi leggetela da lei, ma il succo è questo: Get Out mette in evidenza le contraddizioni di quella sinistra chic che sbandiera la propria apertura mentale ma che poi si perde in stereotipi, senza riuscire a parlare davvero alle persone. È un metaforone, lo so, ma l’horror è così, e qui la cosa mi pare anche più evidente che al solito.

Get Out

I metaforoni mi fanno sempre rimanere male

Get Out (no, io “Scappa” non lo aggiungo!) parla agli americani così tanto bene che per forza di cose deve sacrificare qualcosa nella fruizione di tutto il resto del mondo. Il tema della sinistra snob che affronta la società multirazziale partendo da stereotipi irreali sembrerebbe attualissimo anche da noi, ma le condizioni di partenza sono così diverse che almeno nel mio caso il giochino messo in scena da Peele è apparso fin dall’inizio troppo manifesto perché potesse funzionare fino in fondo. Funziona e lo fa benissimo come film perché il twist, quando arriva, è bello forte, ma ho trovato che in alcuni momenti il regista (attraverso Kaluuya) abbia insistito persino troppo per sottolineare quanto più possibile delle parti che sarebbero state più efficaci se rimaste sussurrate, accennate sullo sfondo.

Il finale (problema di Get Out numero due) è una ulteriore dimostrazione di quanto detto. Peele ha giocato con gli stereotipi, ci ha giocato fin troppo bene e a parere mio l’ha fatto troppo.

[MINI-SPOILER]

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La presenza di un happy ending così lineare (in qualche modo te l’attendi non appena presentati tutti i personaggi) suona come un contentino al pubblico più partecipe che alla fine può esultare in sala per la vittoria dell’eroe. Ma il primo finale girato era decisamente diverso, e almeno a leggerlo su Wikipedia appare più centrato per un film così. Avrebbe potuto essere la ciliegina sulla torta per un film che è quasi perfetto, sia nella parti horror, che thriller, che comedy, ma che in più parti mi ha fatto pensare “Bellissimo! Però peccato che…”. E insomma, alla fine un minimo di amaro in bocca mi è rimasto. Per un grande film che avrebbe potuto essere grandissimo, e anche di più.

E comunque è molto meno stereotipato di Moonlight. Oh.

Voto: **** 1/4

Altre recensioni di Get Out che dovreste leggere oltre a quelle già linkate:

Cobra Verde
Mari’s Red Room
Midian
Pensieri Cannibali

Da non perdere anche l’interessante punto di vista di Book & Negative!

Lasciatemi pure tra i commenti un link alla vostra e l’aggiungerò all’elenco!

5 thoughts on “Fuggite, sciocchi! La recensione di Get Out”

  1. Un film che prende a schiaffoni razzisti e perbenisti, mordendo molto più dell’edulcorato Moonlight. Lo dico sempre che alcuni dei miei film preferiti sono portatori sani di metaforoni, e personalmente quando vedo un horror che parla così bella dei nostri (brutti) tempi moderni, non posso che essere contento, questo genere lo ha sempre fatto, bello vedere che registi così ci sono ancora in giro, Bravo Jordan e grazie mille per la citazione! 😉 Cheers

    • Dovere! A prescindere da tutto Get Out è un film che stimola riflessioni e discussioni, e questa è una ulteriore conferma della sua riuscita!

  2. Di nuovo io che rompo le balle, torno indietro come il tenente Colombo quando mi scordo le cose 😉 Il finale vero, ad una prima occhiata può sembrare un trionfo, ma secondo me non è così edulcorato, da quando ho visto il film rifletto a come il protagonista dovrò rivedere tutta la sua valutazione sui bianchi, non so, potrebbe essere una bella stilettata quel finale 😉 Cheers

  3. Ciao Mick, visto da poco. Bellissimo e sono d’accordo: film horror, senza e se e senza ma, anche perché trasmette veramente inquietudine.

    Non sono molto d’accordo sul finale: preferisco questo, a lieto fine, che smorza la tensione, anche perché era banale vedere il protagonista in manette o ucciso mentre attaccava quella stronza, come ha detto cassidy sarebbe stato troppo “alla notte dei morti viventi”.

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