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Ozark – Netflix cerca il suo Breaking Bad

Ozark

Ozark

Una famiglia apparentemente normale ma con qualche problemino, un uomo normale costretto dal precipitare degli eventi a lavorare per uno dei più importanti cartelli della droga messicani, una discesa in un abisso sempre più profondo, che contagia l’anima e la rende sempre più nera e irriconoscibile… Marty Byrde non è Walter White ma anche il suo lavoro è grigio, di quelli che restano in secondo piano, invisibili. Ma anche se il paragone potrebbe venire facile Ozark non è Breaking Bad. Walter White era un insegnante di chimica il cui talento era mortificato dal lavoro, Marty Byrde è un commercialista che al di là delle resistenze morali fa quello che ha sempre sognato di fare. È un uomo di numeri, sposta caselle, gonfia dei report… ricicla denaro sporco, ed è bravissimo in quello che fa.

Sta passando fin troppo inosservata, questa Ozark, uscita in un periodo in cui tutti gli occhi sono rivolti verso le guerre per il dominio di Westeros o a cercare di capire cosa sta combinando David Lynch. Ed è un peccato, perché è una bella serie solida che percorre il suo cammino in crescendo verso un finale che apre molte prospettive. È una serie che non ti devasta fin dal primo sguardo ma che si fa seguire con attenzione, e piano piano ti entra dentro. Mi ricorda ottime cose come Bloodline o The Affair. E non temiate, niente squali nonostante di acqua se ne veda molta e il sangue non manchi.

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È una serie in cui fin dall’inizio si sente la puzza di qualcosa di sbagliato. Fin da quando capiamo che la milf protagonista del filmino porno inviato sul computer del nostro bravo commercialista e che lui non riesce a smettere di guardare neanche di fronte ai clienti altri non è che sua moglie (la brava Laura Linney), impegnata in un coito doggystyle con l’amante in un motel. Marty guarda e riguarda il video più volte, pare non capacitarsi di come sia potuto accadere, ma la sensazione è che nella sua testa passi anche altro… Come altro passa anche per la testa del suo socio in affari e complice, Bruce, che si comporta come il vero proprietario dello studio ma in realtà appare come un’idiota chiacchierone che sicuramente commetterà un passo falso. Anzi, l’ha già commesso. E proprio la scoperta dell’idiota costringe Marty (che non pareva entrarci nulla) a un tentativo di salvarsi in extremis, promettendo al cartello che riciclerà 8 milioni di dollari in tre mesi lontano da occhi indiscreti, in un paesino sulle rive del Lago Ozark.

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Comincia così una corsa contro il tempo che in qualche modo sembra essere anche una sfida contro se stesso. Solo che non è solo la sua vita ad essere sconvolta. Oltre la moglie, che comunque sapeva tutto, ci sono la figlia quindicenne odiosa che dimostra più della sua età e comincia ad attrarre gli sguardi degli uomini (Sofia Hublitz, una ninfetta dallo sguardo di ghiaccio che ha cominciato con Junior Masterchef!) e il figlio tredicenne intelligente ma strano, che comincia ad ossessionarsi con armi e cadaveri di animali (Skylar Gaertner, già giovane Matt Murdock in Daredevil). E non solo, perchè con la famiglia Byrde entrano in contatto anche gli abitanti degli Ozark, onesti e meno onesti, disperati o idealisti, rassegnati o combattivi… Tra loro da segnalare la diciannovenne Ruth Langmore, che viene da una famiglia di piccoli criminali e pare ben avviata a percorrere la stessa strada, ma che dimostra nel tempo un’intelligenza, una profondità e una complessità che la rendono forse il personaggio più riuscito. L’attrice che la interpreta è Julia Garner, già nell’ottimo cannibalico We Are What We Are e in The Americans. Ha un bel viso, una grande espressività… la vedo molto lanciata.

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Oh, quando ho detto “personaggio più riuscito” avrei potuto aggiungere “dopo il protagonista”. Perché Marty Byrde è interpretato da Jason Bateman, che siamo abituati a vedere in ruoli leggeri, ma che qui è davvero bravo. Riesce ad esprimere bene quelle che sono anche le contraddizioni di un personaggio che rivela qualche sfaccettatura in più ad ogni puntata.

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Rispetto ad altre serie più blasonate, Ozark ha anche una cura dei particolari che riesce ad elevarla. La regia, ad esempio, è attenta, e senza far cose mirabolanti sottolinea bene i momenti più importanti della trama. Gli ultimi due episodi in particolare (diretti dallo stesso Bateman, come anche i primi due) sono molto curati e avvincenti. Anche la colonna sonora senza mai essere invasiva costruisce benissimo quell’atmosfera di ansia e insicurezza che provano i personaggi. La sceneggiatura costella la trama di piccole chicche significative, lancia degli ami interessanti anche per il futuro, dissemina anche qualche piccola pista falsa che non fa male. La fotografia è fredda, sempre bluastra, chiude anche gli immensi panorami del lago che si aprono solo a tratti.

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Oh, c’è anche l’FBI di mezzo. C’è tutta la trama investigativa che… beh, francamente è la cosa meno interessante della serie e il motivo per cui Ozark comunque non è un capolavoro. I personaggi dei due agenti (pur se ben recitati) non mi sono piaciuti, il loro inserimento nella trama sembra forzato e loro stessi appaiono i meno realistici del cast. Ma è evidente che l’attenzione è da un’altra parte.

Verso l’amore che pare impossibile provare, verso una freddezza universale che solo negli ultimi momenti qualcuno riesce a squarciare con un velo di speranza, verso quel senso di vuoto e la ricerca di qualcosa (il sesso, i soldi, dio?) che possa riempirlo. Ozark ha qualcosa da dire e lo dice piuttosto bene.

Voto: *** 1/2

2 thoughts on “Ozark – Netflix cerca il suo Breaking Bad”

  1. Mh, potrebbe piacermi, e forse anche proprio per l’inserimento della trama investigativa XD
    Vedrò di dargli un’occhiata 🙂

    Moz-

  2. Ti ho letto a balzelli perché ero curioso di vederla, penso che paragonarla a “Breaking Bad” gli abbia fatto più male che bene, ma gli concederà una possibilità anche se il protagonista non è Walter White 😉 Cheers

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