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Dylan Dog #373 – La Fiamma

Dylan Dog #373 La Fiamma

Dylan Dog #373 La Fiamma

Si potrebbe fare un post muto, sul nuovo Dylan Dog dei Paguri (Emiliano Pagani alla sceneggiatura, Daniele Caluri ai disegni). La Fiamma può sembrare a prima vista un Maniac Cop qualsiasi, ma letto ieri mentre in Catalogna succedevano quello che succedeva… L’horror (e quindi Dylan Dog) è sempre più efficace quando racconta l’attualità, ma qui sono fin troppi i punti di contatto. I poliziotti nascosti dietro i loro caschi (e a poco serve un numero) che picchiano la gente inerme, un motivo di rivolta che comincia come giusto e gradualmente si trasforma in un pretesto per fare altro, la ribelle Alev che si rivela sempre più estremista (e fin dall’inizio è presentata come un personaggio per il quale è difficile provare empatia), la scelta tra una protesta composta, legale e forse inutile contro una violenta, rumorosa, che smuove le coscienze, un Dylan paragonato quasi a un ignavo dantesco…

Ho sempre amato Don Zauker anche perché dietro il suo spesso strato di cazzate ci si può leggere più di una distorsione della nostra realtà. Qui è lo stesso, con l’horror. Caluri disegna sempre alla grande (se proprio devo trovare un difetto Dylan sembra decisamente più giovane che negli ultimi numeri), Pagani scrive dialoghi di grande efficacia ma soprattutto la sintonia tra loro è totale, e anche le vignette mute dicono molto, anche i volti dei manifestanti, dei passanti, anche i riflessi sui vetri dei caschi come nell’ottima copertina di Cavenago.

Dylan Dog #373 La Fiamma

Anche il finale è estremamente efficace, con da una parte la speranza che si possa arrivare a una soluzione diversa, propositiva, partecipata, e dall’altra la constatazione di quale sia la vera domanda che tutta la nazione si pone.

Dylan Dog #373 La Fiamma

Lo rileggerò tra qualche settimana a mente fredda, ma a voi consiglio di leggerlo subito.

2 thoughts on “Dylan Dog #373 – La Fiamma”

  1. Dopo gli scontri Torinesi per il G7 questo fumetto di Dylan Dog è decisamente al passo con i (brutti) tempi, quando l’horror diventa metafora dei nostri tempi di solito vuol dire che arrivano belle storie, ma abbiamo poco da stare allegri. Cheers

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