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Mindhunter – Stagione uno

Mindhunter

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Ormai la maggior parte delle serie cerca di stupire lo spettatore. Con ambientazioni esotiche, effetti speciali strabilianti, ritmo spinto al massimo, personaggi e recitazione sopra le righe. Mindhunter non ha niente di tutto questo. È un thriller con gli agenti FBI, eppure non ci sono scene d’azione, inseguimenti, sparatorie, e l’unico mistero è quello della mente umana. I protagonisti non cercano di accattivarsi la simpatia dello spettatore, il ritmo è lento, avvolgente, e le accelerazioni non sono come ce le aspetteremmo.

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Il rapporto di David Fincher con Netflix non è iniziato adesso. Il regista di Se7en, Fight Club, The Social Network e Gone Girl ha già diretto i primi due episodi di House of Cards, considerati quasi unanimemente tra le cose migliori mai apparse in tv. House of Cards, però, è una creatura di Beau Willimon, mentre con Mindhunter Finches ha preso in mano la situazione. Non solo ha diretto i primi due e gli ultimi due episodi, figura anche come coproduttore (insieme tra gli altri a Charlize Theron) ed ha scelto personalmente i tre registi che hanno diretto gli altri episodi: Asif Kapadia (autore degli ottimi documentari Amy e Senna), Tobias Lindholm (una nomination agli Oscar come miglior film straniero per Krigen) e Andrew Douglas (che ha diretto l’Amityville Horror del 2005 – ok, non è incoraggiante ma in dodici anni forse ha imparato a fare qualcosa di meglio!). Il suo tocco c’è, eccome…

Mindhunter

Nonostante un nome così altisonante, di Mindhunter non si è parlato molto. L’attenzione promozionale di Netflix è andata in maniera molto più forte verso i Defenders, Narcos o Stranger Things, e forse la cosa ha consentito di lavorare con più tranquillità e minori aspettative. La serie è ispirata al libro Mind Hunter: Inside the FBI’s Elite Serial Crime Unit, di John E. Douglas e Mark Olshaker. Il protagonista, Holden Ford, è ispirato proprio a Douglas, considerato il primo profiler della storia dell’FBI. La storia e i nomi dei protagonisti (serial killer a parte) sono stati cambiati e le vicende personali romanzate, ma lo spirito della vicenda è quello reale. L’insistenza di Ford a cercare di penetrare nelle menti di efferati assassini per capire cosa li avesse spinti ad agire e riconoscere questi comportamenti anche in altri coinvolge prima il collega Bill Tench (ispirato all’agente speciale Robert Ressler), poi malgrado le resistenze dei piani alti si trasforma in un vero progetto di studio sotto l’egida della dottoressa Wendy Carr.

Mindhunter

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Neppure gli attori protagonisti sono particolarmente famosi: la più nota televisivamente parlando è Anna Torv (Olivia Dunham di Fringe) che intepreta la dottoressa. La sua parta è molto bella e intensa, così come quella della fidanzata di Ford, Debbie (Hannah Gross, che convince decisamente alla sua prima parte importante). I due protagonisti sono interpretati invece da Jonathan Groff (Glee, Looking) e Holt McCallany (Lights Out), ma a offrire l’interpretazione che resta più impressa è quella di Cameron Britton (Stitchers) nella parte del gigantesco assassino seriale Edund Kemper, intelligente e manipolatore, le cui parole e il rapporto con Ford sono fondamentali per la formazione del suo pensiero. Altri assassini intervistati dal duo sono Jerry Brudos e Richard Speck, mentre si intuisce che la prossima (già confermata) stagione potrebbe vedere narrate le vicende di Dennis Rader.

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Mentre solitamente vicende di questo tipo vengono mostrato con gran dispendio di dettagli macabri visivi, Mindhunter concentra la sua attenzione soprattutto sulle parole. Parole che fanno male, sconvolgono e che necessitano di una spiagazione, anche se per raggiungerla non ci si può affidare al normale senso comune. Ed è paradossale ed emblematico che proprio le parole di Ford arrivino a creargli problemi con l’FBI. Gli interrogatori sono tesi ed inquietanti, le dinamiche dei personaggi perfettamente rappresentate ed in continua evoluzione,  il periodo storico (la fine degli anni 70) rappresentato abilmente e senza banalità; Mindhunter è riuscito a catturare la mia attenzione senza calare mai la guardia, tanto che ho divorato le dieci puntate in tre giorni. Ho letto in giro critiche al ritmo della prima puntata, ma a mio parere è efficacissima per definire l’andamento della vicenda e farci capire i protagonisti. Se vi annoia, fate finta che sia la prima metà di un film e guardate subito la seconda e la terza, probabilmente cambierete idea. Qualcuno l’ha definita una delle migliori serie di sempre, insieme alla prima di True Detective e poche altro. Sicuramente è una delle migliori serie dell’anno, e dovreste correre a guardarla. Beh, ancora qui?

Voto: **** 1/2

7 thoughts on “Mindhunter – Stagione uno”

  1. appena vista l’ultima puntata!! divorata pure io in 3 giorni!!! Letta la.trama mi ci sono fondata ed ora attendo la seconda stagione!!! Non.fatevi ingannare dalla lentezza della.narrazione!! le.pintate scorrono in realtà via più veloci di quanto non vi aspettereste!! bellissima serie intrigrante ispirata alla.nascita dei profilers!!

    • Hai proprio ragione: il ritmo è apparentemente lento, ma gli episodi scorrono via che è un piacere, e più di una volta arrivato alla sigla finale mi sono chiesto “di già?” Grazie per il commento!

  2. Ne parlano tutti come un capolavoro, sarà davvero così? Quando lo vedrò saprò rispondere, ma per adesso grazie delle info, mi fanno pretendere una sicura visione 😉

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