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American Vandal

American Vandal

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Chi ha disegnato con la vernice rossa 27 cazzi sulle automobili dei professori della Hanover High School? La risposta sembra chiara a tutti: è stato Dylan Maxwell, giovane cretino locale, aspirante prankster su Youtube e noto disegnatore di cazzi sulla lavagna, in particolare nella classe di spagnolo della signorina Shapiro, la cui auto guardacaso ha anche una gomma squarciata. Se i sospetti non fossero abbastanza, c’è anche un testimone: lo studente Alex Trimboli giura di aver visto Dylan nel parcheggio, a vandalizzare metodicamente un auto dopo l’altra. Ma nella ricostruzione dell’evento qualcosa non è chiara, ad esempio perché nei cazzi disegnati sulle auto non ci sono peli sulle palle, mentre in tutti gli altri disegnati da Dylan sono presenti? L’aspirante filmaker Peter Maldonado decide insieme all’amico Sam Ecklund di girare un documentario sul caso, cercando di scagionare il presunto colpevole e di trovare la verità.

American Vandal

Sembra una cazzata, non è vero? Beh, non lo è. Non solo, perlomeno! Con American Vandal Netflix si è trovata di fronte una storia che necessitava un investimento di fiducia fortissimo, ed è andata fino in fondo. E il risultato è che American Vandal è molto più di quanto possa sembrare a un primo sguardo.

Innanzitutto, la presa in giro dei true crime è realizzata alla perfezione. Netflix è stata in prima linea nella produzione e nella distribuzione di serie come Making a Murderer, quindi ha una certa esperienza nel campo. American Vandal utilizza tutti i trucchetti che conosce: dalle ricostruzioni degli ambienti in 3D alle interviste, dal montaggio alle musiche utilizzate, tutto richiama i migliori esempi del genere, ma è ovviamente volto in satira. Niente omicidi, ma cazzi disegnati, niente ricostruzioni in 3d di scene drammatiche, ma ipotesi sulla visibilità di masturbazioni in riva a un laghetto. Vi ho già detto che “cazzi” (“dicks“) è di gran lunga la parola più pronunciata della serie? Beh, ora lo sapete. L’assurdità della vicenda crea un effetto di straniamento che all’inizio vi farà rimanere un po’ storditi, ma quando si entra nello spirito del gioco, il divertimento è assicurato!

American Vandal

American Vandal Season 1

Che poi, non è neanche solo un gioco. American Vandal fin dall’inizio pone tra i suoi obiettivi il superamento degli stereotipi: Dylan è un piccolo stupido che trova divertente scorreggiare addosso ai neonati per mettere il video su Youtube, quindi è naturale che tutti lo additino come colpevole. Peter vuole abbattere questi pregiudizi e cambiere il sistema, prima collaborando con esso per poi, quando andrà a toccare dei tasti dolenti, lottare contro di esso. Ma non finisce neanche qui, perché i pregiudizi non sono solo quelli contro Dylan. C’è la ragazza facile, c’è quella impegnata, c’è lo sportivo e c’è l’asiatico impacciato, ci sono i professori giusti e quelli severi, quelli che vogliono mantenere le distanze con gli studenti e gli amiconi. C’è tutto un mondo che all’inizio la serie sembra solo sfiorare, ma che andando avanti ci rendiamo conto essere il vero soggetto di American Vandal.

American Vandal

American Vandal Season 1

E no, non finisce neanche qui. Perché alla fine si ribalta ancora tutto. C’è una impietosa analisi del bullismo e della gogna mediatica, della società dei media e dei social, del diritto a invadere la vita degli altri, di quanto sia facile giudicare e difficile essere giudicati. Di quanto questi giudizi influiscano sulle vite di tutti noi. Fino a un finale molto duro, molto amaro, molto azzeccato. In fondo molte delle cose che American Vandal dice col sorriso sono le stesse che Tredici diceva cercando di muovere altre corde emotive. E sapete cosa vi dico? American Vandal lo fa molto meglio, anche se nessuno ha chiesto di proiettarlo in tutte le scuole del mondo. Lo fa meglio perché lo fa senza pietismi, usando il linguaggio vero dei ragazzi (sotto questo punto di vista il paragone è impietoso) ma riuscendo lo stesso a dire cose estremamente serie.

American Vandal

Poi, è chiaro, ci sono anche i difetti. Individuabili soprattutto nelle prime puntate, quando ancora il quadro generale non è così chiaro e l’aderenza alla struttura del true crime è persino troppo stretta. Quindi abbiamo ripetizioni, momenti ridondanti, che fanno pensare che otto episodi per una serie del genere siano davvero troppi, e che i tempi non siano stati gestiti a dovere. Ma dalla metà della serie in poi tutto cambia, e American Vandal decolla davvero.

Aggiungiamoci un cast di quasi-sconosciuti (Jimmy Tatro che interpreta Dylan Maxwell è un vero famoso youtuber, Tyler Alvarez che fa Peter Maldonado ha una piccola parte in Orange is the New Black…) perfettamente in parte, che sembrano davvero dei veri studenti di high school, con i loro sogni e le loro meschinità, la voglia di vivere e i drammi della loro età. Un nuovo centro per Netflix, è passato un po’ inosservato e merita che qualcuno ne parli 🙂

Voto: ****

2 thoughts on “American Vandal”

  1. Ripasserò a leggerti solamente perché nel dubbio su cosa iniziare a guardare, ho lanciato in aria una moneta, tra questa serie e “Mindhunter” ha vinto l’altra che mi sta piacendo, quindi il “Vandalamericano” è solo rimandato 😉 Cheers

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