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La recensione che mi deprime: Coez – Faccio un casino

Coez Faccio Un Casino

Io sono un vecchio rockettaro, uno di quelli che vanno ai concerti con la maglietta dei Motorhead, fanno headbanging e mostrano le corna. I miei ascolti medi settimanali vanno in genere dai Led Zeppelin ai Pantera, dai The Answer ai Judas Priest, con qualche puntatina verso i lidi di Aretha Franklin, Tom Waits, Ivano Fossati… sono un vecchio, appunto. Che ci volete fare? Questa premessa per introdurre la domanda del giorno: perché recensisco sta roba?

Il brutto di avere una collega che segue pedissequamente le mode è che finisco per ascoltare dalla sua radio e conoscere quasi tutte le hit del momento. Di solito sono canzoni di gente famosa e ormai bollitissima, alla Ligabue, o pezzi di tizie americane che sculettano. E ok, mi sta anche bene, ho ormai quasi imparato a trattare questi pezzi come se fossero rumore bianco: io sto dalla mia parte, con le casse che mandano Radio Capital o qualche vecchio disco su Spotify, e non mi lamento più di tanto. Ma qualche settimana fa ho sentito qualcosa che non sono riuscito a ignorare. Questa roba qui.

Così mi sono avvicinato alla mia collega e le ho chiesto:

– Scusa, ma chi è questo cantante con la voce così fastidiosa?
– Ma come, non li conosci? Sono i nuovi idoli delle teenager: i COEZ!

E lì per lì non ci ho neanche fatto più troppo caso. Pensavo fosse un gruppetto locale, di quelli che ogni tanto spuntano fuori, fatti di ragazzini bellocci che scompaiono dopo due mesi. Ma nei giorni successivi questa roba continuava ad uscire dalle sue casse, e allora ho deciso di informarmi un po’ meglio, cercando informazioni su questa nuova ossessione radiofonica.

Coez

Comunque vada l’ascolto, complimenti per la camicia da coglione

La prima scoperta è stata che i Coez non sono un gruppo. Coez è un tizio solo, un cantante. E non è un ragazzino esordiente: fa musica da quindici anni, ha iniziato con un rap più incazzato (credo, non l’ho mai sentito) e ora da qualche anno si sta spostando su sonorità pop/indie. Quando l’ho detto alla mia collega, mi ha risposto che già che c’ero avrei dovuto scrivere un articolo sul suo disco.

Eccolo. Comincio l’ascolto.

Coez Faccio Un Casino

Con un titolo come “Faccio un Casino” io mi aspetterei non dico un “I Get Wet” di Andrew W.K., ma almeno una cosettina allegra. Invece dopo il banale rap di Still Fenomeno già Coez mi annoia con Ciao, che sembra scritta da un Daniele Silvestri privo di talento. Rime e melodie di una banalità che mi fa venire voglia di battere la testa contro il muro. Per fortuna che il terzo pezzo è la title-track! Questa sarà un gran pezzo, no? Vai col ritmo… Sì, peccato che cominci con “ho scritto t’amo sulla sabbia”. Qui il pop è veramente banale e spudorato… è questo che oggi viene chiamato indie? Senza scomodare della musica, gente come Cristicchi o il primo Niccolò Fabi erano già di un altro pianeta. E yo mamma comincia già con la rima te – me – tre… Ok. La base è minimale e fastidiosa, il testo è persino peggio (“che tutti quanti abbiamo un po’ di marcio dentro / e prima o poi dobbiamo un po’ guardarci dentro”… cioè, la rima dentro/dentro!). Leggo su un altro sito che la produzione è di Niccolò Contessa de I Cani, e tutto si spiega. Forse l’indie si fa citando un paio di ricordi comuni a tutti (le Lego, le Crystal Ball…), boh. La successiva Parquet è la peggiore del disco, il che è tutto dire: stonata e con altre rime ributtanti (“riportarti al cliche/sono lì sul parquet/uh yeah”). A questo punto, La musica non c’è arriva quasi come un soffio d’aria fresca. Qui quantomeno c’è una melodia che resta in testa, nonostante il fastidio per il cantato (cantato?) sia ancora a livelli esagerati. Con Delusa da me Coez prova a metterci un ritmo house. L’effetto Daniele Silvestri dei poveri lascia il posto all’effetto Max Gazzé dopo una lobotomia. Non sembra, ma è un passo avanti dopo tanta noia. Rimarrebbero altri cinque pezzi, ma è venerdì e non ho proprio voglia di suicidarmi. Mi spiace per i signori Gemello (con cui canta Taciturnal) e Lucci (Un sorso d’IPA, perché era ovvio che un Coez non poteva bere altro che IPA). Non mi spiace invece per Gemitaiz (Occhiali Scuri) perché ho avuto il dispiacere di ascoltare un paio di suoi pezzi e OH – MIO – DIO!

Basta, davvero.

L’ALTERNATIVA DEL CUMBRUGLIUME

Se proprio volete deprimervi fatelo PER BENE. I Sopor Aeternus, con No One i There.

5 thoughts on “La recensione che mi deprime: Coez – Faccio un casino”

  1. Ottimo Mic! Vuoi ridere?

    Qualche anno fa, quando facevo il programma domenica alla radio, guardavo spesso Mtv e ascoltavo Radio Deejay per vedere ‘nuove tendenze’ e nuovi brani. Ad esempio ho lanciato molto in anticipo, sulla mia emittente, la ‘Fuck You’ di Ce Lo Green (ve la ricordate?).

    Su Mtv passavano spesso un brano di questo cantante italiano sconosciuto, Coez. Si chiamava ‘Forever Alone’.

    Un pezzo bellissimo al di là del testo che sembra il mio manifesto di vita XD.

    Poi ad anni di distanza ho risentito Coez e mi son detto: “Arghhh perché è diventato così indie”.

    Ora ho ascoltato solo i due singoli di questo disco, ma sono rimasto deluso.

    Forever Alone mi aveva conquistato subito, con il suo testo e con le sue musiche.

    L’unica cosa che mi ha colpito nel video de “La musica che non c’è” (guarda caso..titolo perfetto) sono le tette della tipa 😀

    • Certo che me la ricordo! Nonostante non sia esattamente il mio genere, Cee Lo Green era molto divertente! Tralaltro ha fatto anche la versione di Kung Fu Fighting per Kung Fu Panda insieme a Jack Black 😀 Su Coez preferisco non esprimermi più 😉

  2. Non so chi o cosa siano questi Coez qua, sono della tua scuola di pensiero da maglietta dei Motorhead, ma ho apprezzato il tuo post perché almeno so da cosa mi devo tenere molto, ma molto alla larga, mille grazie! Cheers

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