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The Get Down: groovy!

The Get Down

The Get Down

The Get Down è stata una tra le serie più discusse di Netflix. C’è chi l’ha adorata e chi l’ha odiata, chi l’ha da subito definita un disastro e chi una perla anche tra le produzioni di Netflix. È una serie che ha diviso critica e pubblico e che da molti spettatori è stata semplicemente ignorata. Malgrado la pubblicità di Netflix, malgrado il budget importantissimo e l’ottimo cast, è stata così poco vista (voci non ufficiali parlano di un quarto degli spettatori di Stranger Things e un quinto di quelli di Orange is the New Black) che non è stata rinnovata neppure per una seconda stagione. Di The Get Down resterà solo la prima, divisa in più parti, ad offrire comunque un arco narrativo completo. E arrivati fin qui non ci avrete capito molto di più: dovreste guardarla o no? Ho un metodo infallibile per aiutarvi nella scelta.

 

Alzi la mano chi ama Baz Luhrmann! Se Romeo + Giulietta, Moulin Rouge e il Grande Gatsby vi sono piaciuti, allora potete andare sul sicuro anche qui. Siamo in televisione (ok, su Netflix), ma lo stile barocco ed esorbitante del regista rimane lo stesso, andando anzi a sperimentare alcune soluzioni visive nuove. La mia opinione di Luhrmann non è così definita: mi è piaciuto Moulin Rouge, non mi è piaciuto affatto il Grande Gatsby. Inoltre solitamente ascolto generi musicali molto diversi dalla disco musica e dall’hip hop degli esordi, protagonisti (soprattutto l’ultimo) di The Get Down quanto e più dei personaggi. Nonostante questo, mi sento di consigliare la serie. E piano piano vi spiego anche perché, abbiate pazienza.

The Get Down

The Get Down comincia nel 1977, nel South Bronx newyorkese. Il quartiere si sta impoverendo rapidamente, molte case sono abbandonate e gli inquilini preferiscono bruciarle per ottenere i soldi dell’assicurazione che venderle, perdendo denaro per il crollo del mercato immobiliare locale. Le gang cominciano a dominare, la zona si fa sempre più dura, sempre più nera, e la protesta cerca di trovare nuove forme di espressione: nei graffiti, nella musica, nella danza.

Ezekiel Figueroa (Justice Smith) è un ragazzo di talento, che cerca di trovare una sua strada. Ha un talento naturale per la rima e per l’improvvisazione, e cerca di metterlo a frutto scrivendo poesie per l’amata Mylene Cruz e per raccontare la sua condizione di orfano (cresciuto dalla zia) meticcio in una città in evoluzione. L’insegnante di letteratura capisce le sue potenzialità e prova a metterlo nella condizione di uscire dal ghetto con lo studio, ma la conoscenza della nuova scena musicale e l’incontro con l’aspirante DJ Shaolin Fantastic gli fa capire che è naturalmente portato per rappare.

The Get Down Justice Smith

Anche Mylene Cruz (Herizen F. Guardiola) sogna di fuggire grazie alla musica. Canta nella chiesa del padre Ramon (Giancarlo Esposito) ma vorrebbe molto di più: il suo sogno è diventare una stella della disco music come l’amata Misty Holloway, ma l’ingombrante presenza della chiesa sembra doverle precludere questa strada.

The Get Down Herizen Guardiola

E scusate

Accanto ai sogni, ci sono le realtà. Il Bronx non perdona, ed è dominato da bande che vendono droga per strada e nei club, come quella di Fat Annie e di suo figlio Cadillac, che gestiscono il Les Inferno. Shaolin Fantastic (Shameik Moore) è costretto a lavorare per loro, un po’ per necessità, un po’ per riconoscenza e un po’ perché non conosce un mondo diverso. Lui non sogna di lasciare il ghetto ma di sopravviverci, e se possibile di prosperare al suo interno. Anche sfruttandone le storture.

Questa storia ha un narratore che racconta ogni episodio ad inizio puntata: è lo stesso Ezekiel Figuero, ormai divenuto Mc Books e grande stella del rap, che dal palco del suo grande concerto trenta anni dopo offre al pubblico la sua versione. The Get Down va vista anche come la mitizzazione di un periodo storico davvero fondamentale per l’America moderna, con figure realmente esistite come il sindaco anti-graffiti Ed Koch e i pionieri dell’hip-hop ed alfieri della cultura nera Grandmaster Flash e Afrika Bambaataa, accanto ad altre di fantasia ma verosimili come Francisco “Papa Fuerte” Cruz (Jimmy Smits), zio di Mylene e in qualche modo uomo d’affari e benefattore del quartiere, che cerca un proprio spazio nella zona d’ombra tra legalità e illegalità.

The Get Down è puro Luhrmann: barocco, eccessivo, pieno di musica e di canzoni di grande qualità. La prima parte ambientata nel 1977 comincia maluccio e prosegue in maniera ripetitiva, con la storia tra Mylene (comunque bellissima!) e Ezekiel che non va avanti e non appassiona. Quando si capisce però che ad essere protagonista è la musica, si fa il salt0 di qualità, e The Get Down comincia a prenderti. E piano piano anche gli sceneggiatori capiscono cosa funziona e cosa no, tanto che la seconda parte (nel 1978) fa i cambiamenti necessari e scorre decisamente meglio.

The Get Down

Come in molte serie di questo tipo, spesso sono i comprimari ad attrarre l’attenzione più dei protagonisti: abbiamo già detto dei bravissimi ed esperti Jimmy Smits e Giancarlo Esposito, ma va menzionato anche Jaden Smith, per una volta convincente nella parte del writer Dizzee alla ricerca della propria identità, così come le due Soul Madonnas Yolanda e Regina e il piccolo Boo. In definitiva, a me The Get Down è piaciuta anche nei propri punti deboli. È entusiasta di se stessa,  estremamente convinta, non tradizionale e anche per questo mi è rimasta da quasi subito simpatica. Sono solo undici puntate che si fermano nel momento giusto per non stancare. Io vi consiglio il binge watching, poi mi direte 🙂

Voto: ****

5 thoughts on “The Get Down: groovy!”

  1. Ne ho sentito parlare molto bene, di questa e di Vynil della HBO, a cui molti l’hanno paragonata. Notare che le hanno cancellate tutte e due 😀 Boh

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