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Goat – siete proprio sicuri di volere entrare in una confraternita?

Goat

Ho sempre guardato con sospetto le confraternite. Sarà che sono cresciuto guardando grandi classici come La Rivincita dei Nerds, ma ho sempre pensato che se fossi nato in America sarei finito tra le fila di quei gruppi di perdenti che dai classici frat boys vengono quando va bene derisi, quando va male menati. Alla fine nelle mie fantasie e nei film il nerd riesce sempre comunque a conquistare la bella cheerleader (dopo averla spiata sotto la doccia), quindi diciamo che va bene così, ma ciò non toglie che nella mia mente confraternita = merda. Ecco, Goat non fa niente per farmi cambiare idea. Anzi.

Goat

Bastano pochi secondi del film per capire che Goat non ha proprio nulla a che vedere con le commedie alla Animal House. Il regista Andrew Neel mette le cose in chiaro fin da subito: corpi seminudi di bei ragazzi muscolosi che urlano, si incitano l’un l’altro, secernono machismo e adrenalina. C’è una violenza primordiale nelle loro espressioni, la convinzione che si ottiene solo entrando a far parte di un gruppo, la certezza che le regole valgano solo per gli altri, che all’interno del gruppo esistano solo le proprie, in nome di una fratellanza che magari non è neanche solo di facciata, ma che sempre nasconde tutt’altro.

La storia di Goat è quella dei fratelli Brad e Brett Land, interpretati da Ben Schnetzer e Nick Jonas. Brett è di poco più grande, frequenta il college e fa parte della confraternita più ambita, la Phi Sigma Mu. Brad frequenta ancora la high school, è più timido e riservato, fin quasi ad apparire ingenuo. Dopo una festa si lascia convincere (o costringere) ad accompagnare a casa due tizi sconosciuti, che poi si rivelano essere due malviventi che lo derubano e lo pestano, lasciandolo per strada malconcio e sanguinante. L’esperienza lo segna profondamente e Brad arriva a meditare di saltare un anno e non andare al college… È proprio Brett a fargli cambiare idea, convincendolo definitivamente che il suo destino è entrare nella confraternita con lui.

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Inizialmente Brad viene accolto benissimo, viene coinvolto in feste, bevute, serate folli. L’accostamento ai Phi Sigma Mu gli procura le attenzioni di ragazze bellissime e le invidie di chi è escluso in partenza da quel gruppo. Ma non è ancora ufficialmente dentro. Prima deve passare le forche caudine della Hell Week, la settimana infernale in cui gli aspiranti membri sono messi alla prova, e devono affrontare prove terribili ed umiliazioni per dimostrarsi degni di essere chiamati fratelli. Insieme a Brad e a molti altri aspiranti c’è anche Will (Danny Flaherty), uno che probabilmente non avrebbe mai neanche sperato di entrare in una compagnia simile, ma visto che gli si è presentata l’occasione è intenzionato a fare di tutto per non lasciarsela sfuggire…

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Ciò che segue potrebbe essere definibile come una via di mezzo tra Full Metal Jacket e le torture di Guantanamo.

Andrew Neel (che in precedenza ha diretto King Kelly, su una giovane ossessionata dal concetto di celebrità che vuole diventare famosa spogliandosi in webcam – potrebbe essere interessante) ha ben chiaro ciò che vuole dire e lo fa assolutamente senza tirarsi indietro di fronte a nulla. Goat non è mai fighetto nel raccontare le angherie e il bullismo subiti dagli aspiranti membri della confraternita, non fa pornografia della tortura ed è sempre fin troppo esplicito. Dico fin troppo non perché mi spaventino scene forti e umiliazioni, ma perché la cosa è davvero molto, molto insistita.

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Sono i corpi ad essere protagonisti. Corpi giovani, scolpiti, glabri. Corpi di ragazzi che non perdono occasione per metterli in mostra, togliersi le magliette e sfoggiare gli addominali. Corpi senza cervello, perché la scuola davvero non conta nulla se non come sfondo per le loro feste, per i loro tentativi di rimorchio, per i loro rituali. Corpi anche perché tutto è davvero selvaggio, e la parola rituali non è usata a caso. La confraternità è come una tribù, e la Hell Week è un viaggio nel tempo verso un passato primitivo, una regressione temporale difficile da accettare dall’esterno.

Ma dall’interno, evidentemente sì, perché quello che sconvolge di più è la realizzazione che tutte le torture sono accettate se non di buon grado quantomeno come un male necessario, perché l’obiettivo è più importante. Chi fallisce non è nessuno.

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La vita comincia e finisce al college, è lì che si creano i miti e ciò che accade dopo non conta. È simbolico il personaggio di James Franco, un ex membro che torna a trovare gli ex compagni ogni volta che può, perché lì è ancora qualcuno, può dare sfogo alle sue pulsioni e scappare dalla realtà che lo attende fuori. È una figura triste, tragica, terribile.

Un po’ troppo didascalica, ma tutto il film è troppo didascalico. Si sente che Neel vuole fare arrivare il messaggio e così facendo insiste, insiste, insiste… finendo per stancare. C’è una notevole potenza narrativa nel suo film, ma anche una messa a fuoco poco centrata. Goat è tratto da una storia vera avvenuta in un campus dell’Ohio, ma il regista la rende quasi irreale, slegata da qualsiasi contesto, e lo spettatore finisce per non capire se una cosa del genere può davvero succedere o no. Forse dovremmo essere americani per capirlo davvero fino in fondo, chissà se lì il messaggio giunge diversamente…

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Un grande applauso deve andare al cast. Nick Jonas ormai si è lasciato alle spalle il passato da membro di una boy band e continua a scegliersi ruoli importanti in film mai scontati. Danny Flaherty è bravissimo a creare empatia per il suo personaggio. Ben Schnetzer, praticamente all’esordio in un ruolo da protagonista, è sensazionale, e mi sento di scommettere su di una sua affermazione per il futuro prossimo.

Non è facile decidere se consigliare Goat o meno. Ci vuole un bello stomaco e forse lo odierete, ma non vi lascerà scuse. Non è un horror, questa è una realtà culturalmente a noi più vicina di quanto pensiamo. In tempi di profonde riflessioni su maschilismo e ruoli nella nostra società, potrebbe essere importante provarci, anche senza centrare il bersaglio appieno.

Voto: ** 1/2

12 thoughts on “Goat – siete proprio sicuri di volere entrare in una confraternita?”

  1. Credo che non sia il film per me, i personaggi troppo sadici e quelli troppo succubi… non so, ho difficoltà a empatizzarci.
    Comunque, a me pare un film horror 😛

  2. Riprovo a scrivere il commento perché l’altro è andato perso..boh… Goat mi fa venire in mente Sgarbi 😀 A parte gli scherzi, penso sia un film che vuole colpire, e ci riesce appieno..

    • Ho meditato a lungo se inserire una pletora di giochi di parole su Sgarbi nella recensione, ma alla fine li ho tolti perché il film è troppo serio 😀 Cmq la tua impressione è giusta!

  3. Mi sembra un titolo che guarderei molto volentieri, la tua analisi invece sono certo, è stata impeccabile, ma James Franco quanto lavoro? Ultimamente è davvero ovunque. Grazie per la dritta gli darò un’occhiata. Cheers!

    • Avere attori più vecchi dei personaggi che interpretano è quasi un luogo comune del cinema, non solo americano. Questa volta non è neanche andata così male… Nick Jonas interpreta un ventenne e aveva 23 anni, così come Flaherty. Schnetzer ha tre anni più ma come diciannovenne non è poi così irreale…

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