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The Post – Spielberg ci spiega l’etica

The Post

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Secondo me deve essere andata così: la fase di post produzione di Ready Player One è lunghissima e noiosa, troppo per uno come Spielberg abituato a raccontare storie. Così zio Stefano deve aver chiamato l’amicone Tom Hanks.

Spielberg: senti Tom, hai da fare il mese prossimo?
Hanks: in realtà niente di che Steven, mi sto riposando. Perché?
Spielberg: sai ho qualche settimana libera mentre finiscono di sistemare gli effetti speciali del mio nuovo film. Non ti andrebbe di girarne un altro nel frattempo?
Hanks: ma sì, dai. Ti scoccia se invito anche qualche amico?
Spielberg: fai pure! Più siamo e meglio è!

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Ho chiamato anche l’amica Mariele, la conoscevi?

Così è stato messo insieme il cast del piccolissimo film The Post, che comprende: Tom Hanks, Meryl Streep, Bob Odenkirk, Sarah Paulson, Matthew Rhys, Alison Brie, Jesse Plemons… Qualcuno in scena per un’ora, qualcun altro solo per pochi minuti, ma tutti a disposizione del più grande regista sul pianeta. Sì, ne sono convinto ormai da qualche anno. Le musiche ovviamente sono di un altro suo amico, John Williams… non so se l’avete mai sentito nominare. In caso la risposta fosse no, vi consiglio di ingaggiarlo se anche voi avete un filmetto da girare nei ritagli di tempo.

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Stai ponderando anche tu quello che sto ponderando io?

The Post è la storia della pubblicazione dei Pentagon Papers, documenti segreti della Casa Bianca che hanno dimostrato che i governi degli Stati Uniti hanno mentito per anni al popolo sulla guerra in Vietnam e non solo. Questi documenti vennero originariamente pubblicati dal New York Times, poi bloccato dal governo con la scusa della sicurezza nazionale. Fu allora il Washington Post ad entrarne in possesso e a renderli pubblici, rischiando dure sanzioni e persino l’arresto in un momento delicatissimo per la proprietà del giornale.

È facile capire perché uno come Spielberg abbia voluto dedicare un film a questa vicenda: guardando il resto della sua filmografia anche recente si nota quanta attenzione riponga negli episodi più significativi della storia americana, e quanto ami sottolinearne gli aspetti etici che possono fungere da insegnamento anche adesso. La storia del Post permette di parlare dell’importanza di una informazione corretta, imparziale e che controlli il potere senza esserne controllata, ci racconta della necessità di lottare per i propri ideali e per cambiamenti positivi nella società, del valore del coraggio e di quello dell’impegno per la parità dei sessi.

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Le signorine educate ad esempio non mettono i piedi sul tavolo

Non è un caso che Meryl Streep (sempre bravissima, ovviamente) abbia ricevuto gli apprezzamenti maggiori dalla critica americana: The Post è un film tutto incentrato su di lei, a volte in maniera persino troppo evidente. Quando entra in scena è quasi sempre l’unica donna in un mondo di uomini vestiti tutti uguali, e che nel loro agire rendono evidente come lei sia un’estranea, e i sessi debbano essere sempre ben divisi. All’inizio si capisce come anche lei si senta a disagio, come persino un ruolo all’avanguardia (e in una redazione e con amicizie progressiste) come il suo sia impossibile in una società a misura d’uomo. Ma andando avanti è il suo sguardo a cambiare, e sempre più spesso si vedono figure di donne pronte a supportarla, con le parole o anche con la sola presenza. La sua discesa dalla scalinata della corte civile a fine film è altamente simbolica, ed è un bene che messaggi come questi vengano comunicati con la maggior chiarezza possibile.

Se devo essere sincero, però, a rubare la scena a due assi come Hanks e la Streep è un outsider come Bob Odenkirk, fino ad adesso più noto per la parte di Saul Goodman in Breaking Bad e Better Call Saul che per le sue interpretazioni cinematografiche. Ma le cose possono cambiare anche in momenti inaspettati. Bob intepreta il redattore Ben Bagdikian, ovvero colui che identifica la fonte originale e porta il Post al centro dell’attenzione come simbolo della libertà di stampa. Una parte bella e molto intensa. Ora sono curioso di vederlo in The Disaster Artist.

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Vorrei precisare che il disastro non è in alcun modo attribuibile a me

Quando due anni fa ho recensito Il Caso Spotlight, l’ho definito “un film perfetto nella sua semplicità, assolutamente necessario per quello che dice e come lo dice”, paragonandolo anche a un altro Spielberg, Il Ponte delle Spie. The Post non è a quell’altissimo livello perché in alcuni momenti alza un filo di troppo il livello della retorica… ma ci siamo quasi. È cinema di parola, di impegno civile, di ricerca della verità. Niente di spettacolare ma ancora una volta assolutamente necessario. Si dia il via alle rotative!

Voto: ****

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6 thoughts on “The Post – Spielberg ci spiega l’etica”

  1. Sai come la penso sul film e ti ringrazio per la citazione, il tuo esordio è divertente ma nemmeno troppo lontano dalla realtà, se Spielberg fa un giro di telefonate, ogni attore è pronto a rispondere, questo spiega il cast così pieno di facce note. Senza nulla togliere a Tommaso e Mariele, Bob Odenkirk per svariati minuti sembra lui il protagonista, che carriera ha messo su quest’uomo!

    Per una storia così etica e chiacchierata, Spielberg ci emtte dentro tanto di quel cinema che levati, ma levati proprio. La sua regia è tutta la servizio della storia, ma i movimenti di MDP sono impeccabili, non c’è mezzo primo piano fuori posto, tanto di cappello, ed ora aspettiamo felici “Ready player one”. Cheers!

    • Un anno con due Spielberg al cinema non può che essere un grande anno! Speriamo che Steven abbia spesso queste settimane di libertà 😉

  2. Anche a me ha colpito tantissimo il personaggio di Odenkirk, che forse mi è rimasto nel cuore più degli altri blasonati colleghi.
    Comunque film grandissimo, uno di quelli che ho guardato con più piacere quest’anno. E grazie dell citazione!

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