fbpx
logo

Il Cumbrugliume va in Giappone – Capitolo quattro

Clicca qui per leggere la prima parte
Clicca qui per leggere la seconda parte
E – indovina un po’? – clicca qui per leggere la terza parte!

Nel quarto capitolo si lascia Tokyo, e si va verso Nagano!

BannerGiappone

Avevamo prenotato il posto sullo Shinkansen, ma da bravi italiani abbiamo deciso di infischiarcene, ignorare il tutto e prendere il treno prima. Tanto eravamo un’ora in anticipo, e con il JR Pass si va un po’ dove si vuole. I treni sono come da stereotipo in perfetto orario e pulitissimi, anche se quella che va verso Nagano e le Alpi Giapponesi non è ovviamente una delle tratte in cui vengono impiegati gli shinkansen ad altissima velocità. In ogni modo, anche qui a ogni capolinea tutti i vagoni vengono puliti accuratamente e i sedili girati dall’altra parte, prima di ripartire nella direzione opposta. Non che ce ne sarebbe bisogno, visto che a terra non c’è una briciola, ma… Tralaltro nei treni non ci sono neppure secchi per la spazzatura o posacenere: il vero giapponese si porta i rifiuti a casa!

A proposito di posacenere, c’è una cosa di cui mi ero dimenticato di parlare riguardo a Tokyo: in Giappone è vietato fumare. Non solo nei locali (anzi, in molti si fuma!), ma proprio per strada. Ogni tanto specie nei quartieri più centrali si vedono delle specie di gabbioni di plexiglass dove uomini in giacca e cravatta e vecchiette alte come la signora Minù si fermano per qualche istante a indulgere nel loro vizio. Il risultato è che a terra non c’è neppure una cicca. Beh, tranne la mattina del sabato a Shinjuku, ma anche lì dopo l’orda di gente della notte prima tempo un’ora era di nuovo tutto lindo. Persino i barboni sono ordinatissimi in Giappone!

Ma torniamo a Nagano. Non ci aspettavamo moltissimo da questa cittadina nota soprattutto per avere ospitato le Olimpiadi Invernali del 1998 (ancora ci tengono molto a ricordarlo), ma siamo stati felicissimi di essere smentiti! Appena fuori dalla stazione abbiamo lasciato i nostri pesanti bagagli all’Hotel Metropolitan (comodissimo) e siamo partiti per la consueta camminata. La nostra meta era il tempio Zenko-Ji, la principale (e forse unica vera) attrazione turistica locale.

Lo Zenko-Ji è stato costruito per la prima volta oltre 1400 anni fa, ma essendo fatto interamente in legno potrete immaginare quante volte sia finito bruciato o crollato. L’attuale costruzione risale al 1700. Una volta ogni sette anni i monaci espongono una famosa immagine del Budda che richiama fedeli da tutto il paese e oltre… Non eravamo nell’anno giusto, ma i turisti comunque non mancavano. La zona del tempio è grande, affollata e molto bella, nella sua semplicità. Si respira un aria decisamente diversa da quella di Tokyo, così moderna e caotica.

Anche il quartiere che precede il tempio è molto piacevole da visitare passeggiando. Lungo la strada abbiamo trovato la celebrazione per i 100 anni del locale Lion’s Club, con tanto di parata, esibizioni di danza, banchetti con street food… Persino la banda! E persino questi due amici!

Ma l’highlight della giornata è arrivato prima ancora di arrivare al quartiere del Tempio…

In cerca di un posticino dove mangiare ci siamo infilati in una galleria dove si tiene il mercato locale. Che quel giorno non c’era… anzi, praticamente tutte le saracinesche erano chiuse, vista la giornata festiva. Sopra un minuscolo portoncino con delle scritte (per noi) intraducibili, però, c’erano due parole in inglese che hanno attratto la nostra attenzione: “OPEN FROM 12.00 – 23.00”. E così, coraggiosamente (visto che non avevamo assolutamente idea di cosa potesse esserci all’interno) siamo entrati.

Dentro c’erano quattro vecchietti al bancone e un vecchio più vecchio di loro dietro, a preparare sushi. La stanza era forse 15m², e se mi mettevo in punta di piedi toccavo il soffitto. Bellissimo. Quello che credo fose il figlio dello chef ci ha fatto sedere e ci ha portato un menù in inglese. Prendiamo due vassoi di nigiri assortiti (“scelta dello chef”… come non dargli fiducia?) e rapidamente veniamo serviti. E tutto era estremamente buono!

Il vecchio ci offre anche una ciotola di zuppa di miso che non era indicata da nessuna parte nel menù. Scrolliamo le spalle e trangugiamo tutto. Facciamo qualche foto e chiediamo il conto… e l’ometto ci fa persino lo sconto! Chiedo di poter scattare qualche foto allo chef e si scatena il finimondo tra gli altri clienti che ci guardavano con curiosità, tra una zuppa e una bottiglia di sake buttato giù come fosse acqua. L’aiuto chef viene coinvolto come fotografo e costretto a scattare a tutti. Io vengo anche chiamato dietro il bancone, e ridendo il vecchio mi mette il suo cappello. Sorrisi, ringraziamenti giapponesi… non ci abbiamo capito nulla, ma è stato uno spasso!

 

Diciamo che anche a chiuderla così, la giornata sarebbe stata comunque positiva… ma altre sorprese ci attendevano!

Usciti dal ristorante e prima di arrivare al tempio notiamo un giardino molto curato dietro a una casa tradizionale. Curiosi entriamo dentro e veniamo avvicinati da un altro ometto giapponese che ci squadra curiosi e ci dice qualcosa nella sua lingua. Ovviamente non capiamo. Allora sfodera tutto il suo inglese… ovvero tipo due parole accompagnate a gesti. Ci fa entrare e tra qualche vocabolo che riconosciamo e qualche volantino tradotto male comprendiamo che quella era la casa del daimyo locale, una specie di feudatario, e che viene ancora mantenuta così com’era duecento anni fa. Il vecchietto ci tiene a farci vedere tutte le stanze e per la prima volta facciamo conoscenza con il vero tatami: morbidissimo!

A dire il vero non siamo riusciti a capire bene se si trattava di un museo, di un signore che teneva molto alla storia della città, di… boh. Fatto sta che non ci ha chiesto neppure uno yen e ci ha seguito con lo sguardo mentre facevamo finta di capire quello che diceva. Poi ci ha salutato riempiendoci di cartine per arrivare a vedere tutte le statue della città. Già prima ne avete vista qualcuna… ma tutta Nagano è piena di statue di Budda con il fazzoletto e non solo!

Del tempio vi ho già scritto sopra, quindi non vado a ripetermi. Torniamo verso il nostro albergo e per passare un po’ di tempo giriamo per un’ora nel locale “Don Quijote”, una catena di grandi magazzini che ha tutto: dai dolcetti all’alcool, dai vestiti alle attrezzature da palestra, dall’elettronica a… ai vibratori, ovviamente. Volete vedere qualche stranezza in vendita? Sì che lo volete.

Originalissima idea per Carnevale (occhio a non farvi prendere a calci in faccia)

 

Idea geniale

 

Arriva l’ora di cena e il problema del pranzo si ripropone. Qui i locali sono tutti aperti, il difficile è capire cosa ci proporrebbero! A Tokyo bene o male qualche indicazione in inglese si trovava… qui assolutamente nulla. Girovaghiamo tra i vicoli armati di google translate per carpire qualche parole nota, ma non è facile. Ci attira un locale grandissimo che espone fuori decine di botti di sake illuminate. Google translate non ci da una grande mano. Alla fine rinunciamo temendo si tratti di un ristorante di extra lusso. Chissà se avevamo ragione o se ci siamo persi qualche capolavoro…

Io ci metterei un altro paio di botti

 

E così optiamo per qualcosa di molto più semplice. Attratti da foto di roba fritta apriamo un’altra porticina. Il fritto è sempre una garanzia e.. Entriamo nel posto più sudicio del mondo! Minuscolo: a confronto i 15m² del ristorante di sushi sembrano una reggia. Un omino unto ci guarda e ci invita a sedere, mentre l’unico avventore beve la sua birra e sgranocchia insalata (anche qui!). Siamo incappati nel covo dei beoni di Nagano! I boccali sono opachi, il bancone appiccicoso, meglio poi non parlare delle condizioni delle pentole… Ruggine e unto convivono con un arredamento che più che un ristorante ricorda una officina!

Comunque, come dicevo: il fritto è sempre una garanzia. Se ci aggiungi una birra, poi… L’ometto non capisce l’ordine che gli abbiamo indicato nel menù (nonostante si fosse messo anche gli occhiali per leggere bene! E aveva pure l’apparecchio acustico, quindi cieco e sordo!) e ci porta roba sostanzialmente a caso. Comunque tutto commestibile e fritto. Quindi va bene così. Anche perché l’indomani ci aspettavano le scimmie!

Mioddio dove sono capitata?

 

La birra mi tranquillizza

 

…e il fritto mi rende felice!

 

Per concludere: una foto dalla nostra camera….

…e questo. Ah quanto ci piacciono le parole italiane a caso!

7 thoughts on “Il Cumbrugliume va in Giappone – Capitolo quattro”

  1. Questo quarto resoconto è stato il più bello per me :). Mangiare in quei locali piccoli però mi avrebbe procurato ansia, io ho bisogno di spazio. Preferisco la sporcizia degli spazi angusti (nella birreria dove servivano il fritto c’era sporcizia e poco spazio ahhhh). Mi fa piacere la pulizia dei Giapponesi. Da non fumatore apprezzo che non si fumi manco in strada!

    • Sicuramente è stata la giornata più divertente anche per me 🙂 I locali giapponesi sono spesso minuscoli… si sa, da loro lo spazio latita!

  2. Veramente supersimpatico il Marrabbio della situazione.
    Poi vedo giapponesi sorridenti al chiosco, non cupi né paranoici nei rapporti… insomma, sfatiamo i miti^^

    Moz-

  3. Eh, mangiare in Giappone è un bel casino. Noi a Tokyo ci siamo incaponiti, una sera, di voler per forza qualcosa di piccolo e “tipico”… siamo finiti in un locale zeppo di salaryman giappalaidi che fumavano come se nn avessero un domani e dove il cameriere non capiva una cippa, non c’era nemmeno il menu inglese. Però è un ricordo indelebile XD

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.