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GLOW stagione 2: dinamite sul ring

GLOW

Avevo accolto la prima stagione di GLOW molto positivamente, ma devo ammettere che lo show di Netflix ha avuto vita facile con me: il ring del wrestling, una delle mie attrici preferite, cameo di molti lottatori che conosco bene, tanti body super sgambati… Insomma, doveva essere proprio un disastro perché non la recensissi in maniera almeno discreta. Ora però la serie è arrivata alla seconda stagione, quella delle conferme, quella per cui l’asticella va necessariamente alzata per non ricadere nel già visto ma neppure snaturare troppo le premesse.

Il risultato? Dinamite!

Le Gorgeous Ladies of Wrestling continuano la loro avventura, da una anonima palestra californiana e trasmessi da una piccola televisione locale della San Fernando Valley. Una delle più famose espressioni americane dice “go big or go home”, cresci o torna a casa, e la loro sfida è proprio questa: crescere. Crescere sul ring, crescere tecnicamente come lottatrici, far crescere il loro pubblico e portare nuovi spettatori paganti sia dal vivo che in tv, ma anche crescere come persone. Seguire l’evoluzione dei personaggi è un po’ il mantra di ogni buona serie tv che si rispetti, e GLOW porta a termine questa sfida in maniera esemplare, senza ricadere nei difetti di molte altre produzioni del network

Glow stagione 2

Riesce in questa sfida facendo quello che può sembrare un piccolo passo indietro rispetto alla maggior parte delle serie tv moderne, ovvero riabbracciando l’episodicità. Niente maxi film in dieci episodi che ti costringe a guardare tutto con estrema attenzione per evitare di perdere il filo: GLOW torna alla semplicità degli anni 80 con dieci puntate di mezz’ora, e quasi tutte si concentrano su un personaggio, su un evento, su un problema. È un passo indietro che era già stato parzialmente anticipato da Orange is the new Black che… ok, avevo già speso il paragone per la prima stagione, ma come si fa a non tornarci sopra? Cast composto in maggioranza da donne, toni leggeri ma che vanno spesso a esplorare drammi serissimi, una forte unita di luogo… Anche OitnB partiva con una protagonista forte e andava avanti abbracciando sempre più altri punti di vista: GLOW, specie nella seconda stagione, fa lo stesso. Anche nel rendere la propria presunta protagonista un po’ meno amabile, esplorando i lati oscuri del suo carattere.

Glow Ruth Wilder

Non fraintendetemi: Ruth non è Piper. Non ancora, almeno. Ma nella prima stagione era il motore dello show, quello che teneva insieme tutte le altre, mentre qui si fa un po’ da parte, metaforicamente e non solo, nella consapevolezza che GLOW può funzionare anche senza di lei. “Tutte siamo sostituibili”, almeno come protagoniste. Una consapevolezza che può far male.

Ma per fortuna può anche far emergere nuove stelle.

GLOW Kia Stevens

 

I riflettori vanno puntati soprattutto su di lei: Kia Stevens. Nota come Awesome Kong o Kharma nel mondo del wrestling, Kia è entrata nel cast per dare un tocco di legittimità al lavoro sul ring, ma ben presto si è rivelata anche una ottima attrice. È lei ad avere la crescita maggiore e a meritarsi più spazio e più attenzioni. Alla sua storia sono dedicati i momenti più profondi, più commuoventi, e lei si è rivelata in grado di riempire davvero lo schermo anche senza un ring ad aiutarla.

GLOW

Tra gli altri attori, Marc Maron continua a essere il contraltare perfetto di un cast altrimenti composto quasi solo di donne. Il suo Sam è un piccolo capolavoro di scrittura, e esprime davvero un personaggio creatosi nel corso degli anni. Convivono in lui la creatività estemporanea degli anni ’70, l’edonismo e una certa misoginia degli anni ’80 ma anche la speranza di una nuova evoluzione futura in positivo, come artista che potrebbe ritrovarsi, uomo che si scopre padre a sorpresa, guida finalmente capace di ascoltare chi lavora con lui.

La trama dello show di wrestling, intanto, va avanti verso la naturale conclusione, verso quella resa dei conti che dovrebbe consentire all’eroina americana Liberty Belle di sconfiggere le sue nemiche. Non mancheranno i colpi di scena, ma GLOW fa il passo avanti definitivo quando veramente abbraccia fino in fondo in suo spirito pop, abbandonando qualsiasi velleità di verosimiglianza. L’episodio 8 è praticamente una intera puntata di GLOW – lo show di wrestling, ed è esilarante dall’inizio alla fine. Sopra le righe, buffo, anni ’80 fin nel midollo. C’è forse meno wrestling lottato in questa seconda stagione (e meno camei), ma quello che si vede ricorda davvero tanto l’evoluzione di uno sport/spettacolo che ancora continua a divertire, nonostante sia cambiato tantissimo. Le citazioni, per gli appassionati, saranno evidenti, e l’ennesimo motivo per cui una serie come questa va assolutamente guardata. Dubito che quest’anno Netflix abbia fatto meglio di così.

 

7 thoughts on “GLOW stagione 2: dinamite sul ring”

  1. La struttura quasi ad episodi verticali mi intriga, la prima stagione non mi ha esaltato, se non per Alison Brie che è fantastica, mi hai quasi convinto sai? Quasi quasi ci provo a fare anche il secondo round 😉 Cheers

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