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Hereditary – Le Radici del Male

HEREDITARY – LE RADICI DEL MALE

Regia di Ari Aster

Con Toni Collette, Gabriel Byrne, Alex Wolff, Milly Shapiro, Ann Dowd
Titolo originale: Hereditary
Genere: horror
USA, 2018
Durata: 127 minuti

Questa di Hereditary è una recensione che volevo assolutamente scrivere, perché credo ci siano tantissime cose da dire su un film che non è stato compreso appieno da tutti. Allo stesso tempo, però, è una recensione che faccio fatica a scrivere, perché per cause indipendenti dalla mia volontà non sono riuscito a vivere il film come avrei voluto, e temo che questo possa avere inficiato il mio giudizio.

Hereditary

Ci sono film horror che possono essere vissuti collettivamente, al limite anche facendo un po’ di sana caciara, e non perché siano meno seri o meno spaventosi. Nella sua splendida recensione, Lucia Patrizi comincia facendo un ragionamento sui jump scares che mi è piaciuto molto: “Il jump scare non fa paura, il jump scare mette fine alla paura”. E allora ci sta l’urletto, ci sta il salto sulla sedia, ci sta il commento al vicino di poltrona, in una sorta di rituale apotropaico che scaccia l’incubo appena vissuto.

Un film come Hereditary, invece, andrebbe vissuto da soli. In una sala vuota sarebbe l’ideale, o almeno in una sala piena di persone rispettose, attente, capaci quantomeno di sforzarsi di cogliere l’essenza vera della pellicola. Io invece l’ho visto in una sala piena… di ragazzine sedicenni che hanno cominciato a commentare in maniera stupida ogni scena fin dai primi minuti, e andando avanti hanno perso qualsiasi freno, alzando la voce, dicendo puttanate, dimostrando di non avere la minima idea di ciò che passava sul grande schermo di fronte a loro.

In qualche modo posso anche arrivare a capire la loro delusione: si aspettavano un horror con i mostri che spuntano da ogni angolo, si aspettavano di urlare e di saltare sulla sedia… aspettavano uno sfogo che in Hereditary non arriva mai. Hereditary costruisce la tensione un mattoncino alla volta e accumula, accumula fino a divenire quasi insostenibile, ma non allenta mai la presa, non concede mai un momento di respiro o di liberazione. Non è quel genere di film.

Posso capire la delusione, posso capire la noia, posso capire lo shock di scoprire un film senza avere i mezzi per capirlo. Ma la maleducazione, quella non posso proprio tollerarla, e ogni commento puerile, ogni risatina sguaiata che sentivo intorno a me mi distoglieva da un lavoro che meritava tutta la mia attenzione.

Hereditary è un film denso come pochi altri visti negli ultimi anni. È lungo due ore e sette minuti e apparentemente non sono moltissime le cose che succedono lungo la sua durata. Ma a ripensarci, invece, sono una infinità. Non faccio spoiler perché questo è uno di quei film da vedere alla cieca, senza sapere assolutamente nulla della trama. Ma inizia con la morte di una donna anziana che lascia la figlia sposata, Annie, artista di successo che costruisce elaborate miniature sulla sua vita, e due nipoti: Peter è un’adolescente e vive la sua obbligatoria fase di ribellione, Charlie ha undici anni e… è molto particolare, diciamo.

La situazione in famiglia è più tesa di quanto tutti i membri vogliano ammettere, Annie vive male il suo lutto e prova ad unirsi a gruppi di aiuto, mentre cose sempre più strane cominciano ad accadere…

La prima cosa che colpisce del film è la performance degli attori. Annie è Toni Collette, la cui interpretazione secondo alcuni la metterebbe addirittura in lizza per una nomination ai prossimi Oscar. Ci potrebbe stare, in un contesto più favorevole all’horror come quello degli ultimi anni, visto e considerato che Hereditary sta ottenendo recensioni più che positive un po’ ovunque. La figlia Charlie è intepretata dalla giovane e promettente Milly Shapiro, perfetta per la parte. Ma mi fa piacere segnalare soprattutto il lavoro di Alex Wolff nella parte di Peter, protagonista di alcune scene quasi insostenibili nella loro durezza. L’avevo appena visto in Jumanji, ed è bello vedere come sappia adattarsi con naturalezza a ruoli così diversi.

A riflettere sul film a mente fredda, invece, la cosa che più colpisce è la qualità della scrittura e della messa in scena. I dialoghi sono di una qualità e di una densità semantica elevatissima, e ogni dettaglio sembra essere posizionato con cura certosina, proprio come fa Annie con le inquietanti scene di vita riprodotte nelle sue miniature. Le posizioni degli attori, le loro espressioni, le parole che dicono e quelle che non dicono sono pesate e hanno una influenza profonda sulla trama. La stessa cosa avviene per i movimenti di camera e per la scelta delle inquadrature. Hereditary è un film fatto con una profonda consapevolezza di cosa il regista voleva dire e soprattutto di come dirlo, e la cosa è quasi spaventosa se pensiamo che il regista Ari Aster è un trentunenne all’esordio, e ha scritto anche la sceneggiatura.

Le frasi di lancio tentano di spacciare Hereditary come il nuovo Esorcista, ma voi non date retta alle pubblicità. Qui siamo decisamente più dalla parte di film recenti come The Witch o – soprattutto per il finale – Kill List. Hereditary costruisce la sua storia attorno a molte sorprese, ma non sono queste lo scopo del film. Aster non è uno Shyamalan che cerca di farti credere una cosa e invece ti racconta tutt’altro, no, lui costruisce la propria trama logicamente e usa davvero al minimo i tanti trucchi del genere che comunque dimostra di conoscere bene.

Hereditary

C’è la voce della ragione (un ottimo Gabriel Byrne), ci sono innegabili influssi del J-Horror, c’è molto Babadook, ci sono tutti quegli indizi che ti fanno capire che quello che sta succedendo è storto, è sbagliato, porterà alla rovina. Ma c’è anche la grande capacità di rielaborare tutto questo in modo personale, senza scimmiottare niente e nessuno.

In molte recensioni ho letto che la parte migliore sarebbe la prima, e che il finale ha deluso almeno in parte molti. Non sono d’accordo. Hereditary è evidentemente diviso in due parti, ma la transizione è molto sfumata e semmai è la parte centrale ad avermi fatto storcere un po’ il naso, quando per molti minuti ho avuto la sensazione che il film fosse pronto a esplodere ma avesse deciso di allungare ancora un po’ i tempi per aggravare più possibile il carico sulle spalle di spettatori e personaggi. Questo piccolo eccesso a mio parere ha fatto perdere alcuni spettatori, e in parte ha avuto lo stesso effetto anche su di me. Sul finale, invece, sono tornato a drizzare le orecchie. Perché pur se in mezzo a molto fumo, ho intuito che Aster avesse una visione ben precisa di dove andare a parare, pur lasciando volontariamente aperte molte interpretazioni che stanno già impazzando in rete. Se volete spoiler, o se l’avete già visto, cercate uno dei tanti articoli o i molti post su Reddit dedicati al film. Un horror che fa discutere e divide così tanto è già buona cosa. Per capire se è davvero bello come dicono molti o appena al limite della seconda fascia, invece, aspetto di potermelo riguardare da solo, in pace, senza rompicoglioni a disturbare.

 

7 thoughts on “Hereditary – Le Radici del Male”

  1. A me fanno più paura questo genere di film che qualsiasi slasher..per questo ne starò lontano! Ma che faccia ha la bambina??

  2. Mi spiace davvero che tu abbia dovuto subirti la maleducazione durante la visione di un film così bello. Per fortuna da noi la sala era semivuota e me lo sono goduto come meritava!

  3. Non ho visto il film, ma ai tempi di Sleepy Hollow ho vissuto un’esperienza simile alla tua al cinema, anche se più leggera.
    Il vero film horror si consuma in sala, non sullo schermo: ma nessuna ragazzina chiacchierona si qualificherebbe mai come final girl 😛

  4. Io sono stato fortunato: secondo giorno di uscita, sala piuttosto vuota e quei pochi erano educati durante la visione – anche se alla fine ho sentito i soliti commenti del cazzo tipo “andiamo a pestare il coglione che ha fatto sto schifo di film” – e ne ho parlato pochi giorni dopo anche dqlle mie parti. Un film per me SPLENDIDO in grado di creare un’enorme angoscia dall’inizio alla fine, niente jump scare, una prima parte drammatica ottima, la seconda per me non da meno. Il finale coerente, ma mi ha comunque convinto a metá, peró Ari Aster é stato talmente bravo a costruire la giusta atmosfera che non riesco proprio a rimproverargli nulla…

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