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Bohemian Rhapsody: una biografia educata

Alcune biografie hanno un’efficacia straordinaria. Uniscono la magnificenza di una storia incredibile alla straordinaria potenza della verità. Sono anni che sostengo che raccontare al cinema o in televisione storie di alcuni musicisti darebbe vita a dei capolavori. Non che non ci siano stati esempi in tal senso negli scorsi anni, vedi ad esempio Ray, Straigt Outta Compton o tornando più indietro The Doors o Bird, ma la storia del rock avrebbe davvero tantissimo da offrirci. Con il dominio della nostalgia a cui assistiamo era solo questione di tempo prima che qualcuno scegliesse di parlarci della vita di uno che nell’immaginario generale viene visto come il più grande di tutti: Freddie mercury. Sì, qualcuno potrebbe obiettare che Bohemian Rhapsody di Freddie mercury, è la storia dei Queen nel loro complesso. Ma a chi volete darla a bere? Tutti gli occhi sono puntati su Freddie, con buona pace degli altri componenti della band. Volete una prova? Ok, ditemi chi interpreta il protagonista. Bravi. Ora ditemi chi è l’attore che interpreta Brian May…. silenzio, vero? Immaginavo.

Come ti chiami… tu… coso…

Bohemian Rhapsody ha avuto una storia produttiva travagliata. Avrebbe dovuto essere qualcosa di completamente diverso, con Sacha Baron Cohen nei panni del protagonista, e probabilmente l’indole spregiudicata e anticonformista dell’ex Borat sarebbe stata davvero appropriata per raccontare la storia di un Freddie delirante che si trova a suo agio solo in mezzo a festini orgiastici con nani e ballerine. Quando Sasha ha capito che non glielo avrebbero mai lasciato fare e a produttori e fan interessava una storia più edulcorata ha abbandonato il progetto. Ed è entrato Rami Malek.

Non so se ricordate quando è stato dato l’annuncio che lui avrebbe interpretato Freddie Mercury. Impossibile! Non gli assomiglia per niente! Non ha il fisico giusto, non ha la faccia giusta… L’accoglienza è stata a dir poco scandalizzata. Come si permetteva un attore televisivo di interpretare la più grande voce del rock? La smorfia di disgusto del fan ha cominciato a cambiare quando sono uscite le foto promozionali. Ma quello è Freddie mercury!, dicevano tutti coloro che erano pronti a spernacchiare fino a un minuto prima. Io, sinceramente, pensavo a qualcosa di diverso…

Poi sono circolati i primi trailer, e la gente è impazzita. Si muove come Freddie! Lo stesso linguaggio del corpo, lo stesso pugno alzato, lo stesso magnetismo nello sguardo… è lui! E allora è diventato facile pronosticare fin da subito il successone nelle sale, i miliardi di incasso, e perché no l’Oscar a Rami Malek…

E a me niente? Ci rimango male…

Questo nonostante la telenovela produttiva di Bohemian Rhapsody non si fosse limitata solo al protagonista. La sceneggiatura originale (e motivo della separazione con Sacha Baron Cohen) prevedeva addirittura che Freddie morisse a metà film, e che la seconda parte raccontasse di come erano andati avanti i Queen senza di lui. Già, metà film senza il protagonista. Per fortuna poi i produttori sono riusciti a far cambiare idea a Brian May e Roger Taylor (il povero John Deacon è stato lasciato in disparte e da anni preferisce star lontano dai riflettori), almeno questo… La regia era inizialmente affidata a Peter Morgan (sceneggiatore di Rush), poi è passata a Dexter Fletcher e infine a Bryan Singer. A metà delle ripres Singer è stato licenziato per un ritardo ingiustificato e sostituito ancora una volta da Fletcher, richiamato in fretta e furia per terminare le riprese… Cosa sia presente nella pellicola dell’uno e cosa dell’altro è difficile dirlo, anche se in alcune scene una mano diversa è piuttosto percepibile… alla fine, comunque, forse anche per evitare beghe legali infinite, l’unico regista accreditato è rimasto Singer. Fletcher si consolerà con il prossimo Rocketman, su Elton John… dopotutto l’onda va cavalcata finché possibile, giusto?

Tutto questo casino ha dato vita a un film che sembra entrato nei cuori di tutti coloro che l’hanno guardato (o quasi), tanto che è uscita nelle sale anche una inquietante versione karaoke e che pare ormai scontato che vedremo un seguito, che alla faccia di May e Taylor che volevano farlo morire a metà richiamerà a furor di popolo Rami Malek (dubito si accennerà alle formazioni successive con Robbie Williams e Paul Rodgers) nella parte di Freddie.

E a guardare il film si capisce bene il perché di questo successo, e perché la band sia tanto soddisfatta.

In primis, Bohemian Rhapsody è diretto bene e interpretato meglio. In particolari i co-protagonisti sono perfetti nelle loro parti: Gwilym Lee è spiccicato a Brian May, Ben Hardy è un perfetto John Taylor, ottimi anche Lucy Boynton, Joseph Mazzello, Tom Hollander… fino a un irriconoscibile Mike Myers. La scena principale (SPOILER: il finale al Live Aid) funziona alla grande, la psicologia del protagonista emerge bene e anche alcune sottotrame solo accennate sono trattate in maniera estremamente accurata e rispettosa. Poi la musica è perfetta, sono stati scelti i pezzi giusti per sottolineare l’evoluzione della band, anche distorcendo la linea temporale e collocando qualche pezzo lontano anni dall’uscita originale… ma qualche licenza poetica è accettabile, da questo punto di vista. Infine, tutti fanno una gran figura. I Queen hanno superato le difficoltà di ognuno per rimanere uniti come gruppo formando una vera famiglia, ognuno con i propri pezzi di successo, le proprie famiglie felici, il loro talento infinito in mille campi. Ok, Freddie era un dio e qualche demone tentatore ci sta… ma Brian May era un astrofisico che amava la sua famiglia, Deacon un tranquillo ingegnere, e anche Taylor al di là di una certa volubilità in amore era un bravissimo ragazzo. Tutti belli, tutti bravi, tutti felici. L’amore e l’amicizia trionfano.

Porto la canotta con più eleganza di Bruce Willis

Il problema è che questa è una storiellina che racconta sì e no un centesimo della verità. La storia dei Queen avrebbe potuto dire mille cose in mille modi diversi: il riscatto di un immigrato che trova un successo universale, una vita condotta nel lusso sfrenato e nell’eccesso (si parla di orge infinite e nani con vassoi pieni di cocaina, altro che tavoli polverosi e bei ragazzi in mutande svegliati di prima mattina da un padrone di casa in buona forma), le rivalità di una band che è stata sempre in bilico tra unione e individualismi…

E invece niente di tutto questo. È stata scelta la strada più facile e, visti gli incassi e i riconoscimenti, più giusta. Io ho passato due ore piacevoli davanti allo schermo, con qualche canzone carina e tanti buoni sentimenti. Se fosse stato il film su una band immaginaria forse mi sarebbe andato bene così, ma questa era la storia dei Queen, la storia del rock, la storia di una band non solo di successo, ma anche controversa, selvaggia, censurata… Quindi Bohemian Rhapsody mi ha lasciato pochino. Anzi, una sola immagine in mente: questa.

3 thoughts on “Bohemian Rhapsody: una biografia educata”

  1. Una cosina all’acqua di rose, quanto ci facciamo che il seguito di intitolerà “Show must go on”? In ogni caso perfetta analisi, sono molto d’accordo. Cheers!

  2. D’accordissimo, ma ti confesso che in più punti mi ha emozionato. Ho letto che hanno anche dovuto fare miracoli per il montaggio, quindi essere comunque riusciti a fare un film tutto sommato godibile con tutti i problemi che hanno avuto, è degno di lode.

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