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Concrete Cowboy e i veri cowboy del cemento

Due sere fa mi sono guardato Concrete Cowboy, su Netflix. Non è eccezionale, ma l’ho guardato comunque con piacere. Il film è tratto dal romanzo Ghetto Cowboy di G. Neri, e parla di un quindicenne con grossi problemi comportamentali che la mamma (che ha superato qualsiasi limite di sopportazione) porta dal padre, che abita a Philadelphia in una comunità di cowboy urbani. Qui si troverà di fronte a un bivio, da una parte la strada con il richiamo dei soldi facili e della violenza, e dall’altra la merda di cavallo da spalare nelle stalle. Sembrerebbe una scelta facile, vero?

Se il film si lascia guardare è solo perché Idris Elba è sempre molto bravo, e perché continuo ad avere una irresistibile fascinazione per i film “coi boi”, come diceva mia nonna. Il western è la vita. Anche se qui non siamo a ovest la frontiera è soprattutto uno stato mentale, e cosa c’è di più frontiera del ghetto?

Ma se pensate che ci siano motivi migliori per perdere due ore non voglio certo darvi torto, la storia è banaluccia, la regia non è niente di speciale, il ragazzo che fa il protagonista (è quello di Stranger Things) non mi è sembrato un grande attore in un contesto drammatico. Me ne sono reso conto anche perché durante tutta la visione mi sono sorpreso più volte a guardare le ricerche fatte sul mio telefonino, che mi hanno condotto nelle VERE comunità di cowboy urbani negli Stati Uniti.

Il Fletcher Street Urban Riding Club esiste davvero, ed ha vissuto molte delle difficoltà che sono state romanzate nel film. È una associazione che si propone di mandare avanti lo spirito delle comunità cowboy urbane e di presentare una alternativa insolita per uscire dal ghetto.

Esistono altre comunità simili: a Washington, a Los Angeles, A New York nel Queens, comunità sulla quale è stato girato un documentario molto apprezzato nel 2003. Che penso andrò a cercarmi.

Se gli Stati Uniti sono il paese che più è presente nell’immaginario collettivo il motivo sono anche storie come questa, esperienze che in qualche modo resistono da un secolo contro ogni previsione. L’America riesce a sorprenderci ancora, nonostante tutto.

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