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Lo Hobbit – La desolazione di Smaug

La vita e la carriera di Peter Jackson sono ormai indissolubilmente legate alle opere di J.R.R. Tolkien, tanto che viene da chiedersi a cosa si dedicherà il regista neozelandese dopo il completamento de Lo Hobbit. Lo Hobbit che intanto arriva al secondo capitolo con La Desolazione di Smaug, film che molto aggiunge e molto modifica rispetto all’opera originaria… sarà un bene o sarà un male?
I fan, si sa, gridano allo scandalo lo stesso. Ne Il Signore degli Anelli qualcuno si è persino lamentato dell’assenza di Tom Bombadil, pensate voi! Cinema e romanzo sono due media differenti, e come tali vanno trattati, quindi per me E’ GIUSTO che i film siano diversi dai libri, nella misura in cui lo spirito originario non venga tradito. Jackson tradisce Tolkien? No, anzi il rispetto per l’autore è infinito. L’unica concessione alle leggi del mercato è nel personaggio di Tauriel, francamente non così credibile nella sua “storia a tre” con Legolas e Kili… per il resto, però, ci sono aggiunte e molte, ma ognuna di loro prende spunto da qualcosa scritto da Tolkien, che siano le lettere, racconti rimasti incompiuti o altre fonti ancora.
Ne La Desolazione di Smaug, ancor più che nel primo capitolo, Lo Hobbit si trasforma da racconto per ragazzi in nuova saga epica, ancor più evidente precursore degli avvenimenti del Signore degli Anelli. La storia di Bilbo Baggins e del Re Sotto la Montagna diventa più cupa, più epica, non rinuncia a molti momenti divertenti o sboroni (dannato Legolas) ma mantiene dritta la barra della drammaticità, fino all’incontro con il drago che davvero appare temibile come dovrebbe.
Il drago Smaug, adagiato sotto l’immenso tesoro dei nani, è il vero principe del racconto, punto focale del film e forse dell’intera trilogia. Gli scambi con Bilbo sono dannatamente convincenti, e avrei voluto sentirlo in inglese per apprezzare ancor più la chimica tra Martin Freeman e Benedict Cumberbatch, ma devo dire che il doppiaggio italiano appare privo di pecche. Smaug è enorme, malvagio, antico, sornione. Il film si chiude con un cliffhanger terribile e perfetto… peccato che abbia letto il libro ormai moltissimi anni fa 😉
Da anni sostengo che Lo Hobbit è il vero capolavoro di Tolkien, molto più letterariamente centrato dell’enorme opera (non solo tre romanzi) del Signore degli Anelli. Anche nel film è così? In parte si. Tecnicamente senz’altro, le invenzioni visive di Jackson sono incredibili, e la tecnica di ripresa pare sempre più a suo agio con l’epicità spettacolare del fantasy. Ma la storia di Frodo mantiene un pathos e un’importanza superiore che me la fanno preferire… per ora… in attesa ovviamente del terzo capitolo!
Voto: ****

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