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Under the Shadow – Paura dell’ombra

Under the Shadow

Negli ultimi anni i fan del cinema horror si stanno prendendo tante rivincite. Il genere delle scream queens improvvisate, degli spaventi facili per ragazzini, degli effettacci schifosi fatti con due lire e delle trame raffazzonate sta lentamente conquistando il mondo. Sono sempre più i registi di tutto il mondo che partendo dal genere sono riusciti ad esprimere qualcosa di personale, arrivando ad avere una riconoscibilità globale. In principio era il J-Horror del Sol Levante, poi è stato il turno della Spagna, la Corea, la Francia, la Nuova Zelanda, finché negli ultimi tempi sono giunti nei cinema (o nelle tv) di mezzo mondo anche film di paesi che non hanno mai avuto una vera e propria scuola di genere, come la Turchia o l’Iran.

Under the Shadow

Ecco, l’Iran. Babak Anvari, il regista esordiente di Under the Shadow, è appunto iraniano (paese d’origine anche di Ana Lily Amirpour, la regista di A Girl Walks Home Alone at Night), per riuscire a produrre il suo film ha ottenuto il supporto di paesi più liberi come Qatar, Giordania e Regno Unito, e la distribuzione globale è arrivata grazie a Netflix, dopo che proprio il Regno Unito l’ha candidato all’Academy come miglior film straniero.

Under the Shadow

A Teheran nel 1988 vivono sotto la minaccia della guerra (ombra numero 1) Shideh e Dorsa, madre e figlia. Entrambe hanno avuto dei disturbi del sonno, la madre è stata sonnambula, la figlia ha gli incubi. Il marito è dottore ed è quasi sempre assente, in casa non c’è molto dialogo e neppure essere mandato vicino al fronte lo fa aprire con la moglia (solitudine, ombra numero 2). Shideh è frustrata, negli anni precedenti era entrata a far parte di un gruppo radicale di sinistra e per questo è stata espulsa sall’università, che non le consente di tornare agli studi (politica, ombra numero 3). È giovane, bella, uno spirito libero, ma il nuovo regime iraniano la opprime, la costringe a coprirsi quando esce ed a nascondere addirittura le videocassette di Jane Fonda che altrimenti le verrebbero sequestrate (religione, ombra numero 4). Le resta solo la figlia, ma insieme alla fatica, alla frustrazione per quello che poteva essere e non è stato, alla rabbia cresce in lei anche la paura di non riuscire ad essere una buona madre (ombra numero 5). Dorsa ha una bambola alla quale è affezionatissima e senza la quale non fa un passo, un bambino arrivato da poco nel palazzo la spaventa parlandole dei malvagi djinn, una bomba colpisce l’edificio senza esplodere e da quel momento Dorsa comincia ad avere una febbre che non vuole abbassarsi, a sentire passi che non ci sono, a vedere una signora che dice che lei si sarebbe un’ottima madre, non come Shideh… La presenza (ombra numero 6) si fa sempre più reale ed opprimente, un velo che copre e soffoca ogni speranza, ogni libertà, e allora forse l’unica soluzione è imitare tutti i vicini, arrendersi alle regole del nuovo regime, scappare…

Under the Shadow

Under the Shadow è un film pieno di simboli e fortemente metaforico, che in poco più di un’ora e venti riesce ad opprimere ed a spaventare veramente, senza sangue, senza massacri od esagerazioni. Attenzione, non si tratta assolutamente di un film d’autore (qualsiasi cosa voglia dire) travestito da horror, Under the Shadow È HORROR a tutti gli effetti, e non ha per nulla paura di utilizzare i trucchetti del genere, quando servono. Ciò che più impressiona del film è la sua asciuttezza, il suo rigore. Anvari è un esordiente ma non tenta di impressionare lo spettatore con soluzioni mirabolanti o inganni stilistici, va dritto per la sua strada di semplicità ed eleganza, ti schiaccia con il peso insostenibile dell’inevitabilità e spaventa traslando il reale nel fantastico. Si può veramente sfuggire a certi demoni?

Under the Shadow

Come è successo anche per il Babadook (con il quale condivide la forte importanza ed insicurezza della figura materna e poco più), anche Under the Shadow non sarebbe stato realizzabile senza un’attrice capace di tenere sulle proprie spalle il peso di una narrativa che la vede sempre protagonista. Narges Rashidi è praticamente perfetta: bella, credibile, intensa, capace di esprimere naturalmente tutte le contraddizioni del proprio personaggio, che in fondo desidera una cosa sola: essere libera. Anche la piccola Avin Mashadi è eccellente, espressiva, completamente indifesa.

Under the Shadow

Under the Shadow è stata una delle sorprese dell’anno. Semplice e potentissimo, sa stupire e stordire, unisce l’angoscia dei migliori horror giapponesi ad una consapevolezza rarissima da trovare anche in film molto più importanti. Più di una scena mi ha sorpreso, alcune idee mi hanno scioccato. È stato fatto con due lire, senza nomi enormi, con tanta passione, tanta serietà, tanta convinzione. Speriamo che il regista sappia confermarsi. E se ci provassimo anche noi?

Voto: **** 1/4

One thought on “Under the Shadow – Paura dell’ombra”

  1. Ghiotta segnalazione! Quel poco che ho visto del cinema iraniano mi è molto piaciuto: è anche un modo per conoscere culture diverse senza doversi basare sul TG e la cronaca!

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