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È la legge di Murphy – 30 anni di RoboCop in Italia

Robocop 30 anni

Robocop 30 anni

Sono passati trenta anni! Il 30 Ottobre del 1987 usciva nelle sale italiane RoboCop (il primo, l’originale… l’unico, dai!), ovviamente qualche mese in ritardo rispetto all’uscita americana del 17 Luglio, e non possiamo perdere certo l’occasione di festeggiare! Fate un salto dagli amici dell’immancabile blogtour prima di continuare la lettura.

Non c’è Paragone riguarda il film dopo tanti anni
Vivi o morti dovete leggere l’articolo de La Bara Volante
La locandina italiana dell’epoca su IPMP
La prima novelization su Fumetti Etruschi
Tanti altri fumetti su RoboCop
E per finire, l’opinione del Zinefilo!

Pronti quindi a viaggiare… Back to the 80’s?!

RoboCop fece fin da subito una notevole impressione: la violenza, l’idea della vendetta, lo humour un po’ obliquo che pervade tutta la pellicola. Non fu capito da tutti. La critica lo definì spesso come un banale film di fantascienza con il sangue ed i robot, mentre il pubblico l’ha adorato fin da subito… forse per lo stesso motivo. Col passare degli anni il culto si è esteso: sono arrivati due seguiti, un remake, una serie animata, fumetti, videogiochi, una quantità infinita di giocattoli che desideravo tanto quando ero alle elementari… Robocop è uno dei primi titoli a venire in mente quando si pensa agli anni 80. Eppure, provate a riguardarlo. Potrebbe essere stato pensato oggi.

RoboCop

Lasciate perdere per un attimo le pettinature di molti personaggi, le musiche che più rappresentative del periodo non avrebbero potuto essere o l’angosciante (in senso cattivo, vista oggi) animazione in stop motion del robot da guerra ED-209: pensate al contesto del film. L’America vive un momento di relativo benessere economico, ma alle spese dello sviluppo sociale. Non è il governo ad avere in mano la situazione, sono le grandi multinazionali come la OCP a gestire tutto (e già basterebbe questo per far capire quanto questa distopia è moderna!). Nella prima riunione il vicepresidente dell’azienda Dick Jones (Ronny Cox) dice che la OCP è riuscita a guadagnare da settori ritenuti a bassa redditività come le carceri… Sapendo quante polemiche ha creato la gestione privata a scopo di lucro delle carceri negli USA, si può notare come il film sia stato profetico. E non finisce qui. Masse popolari rincretinite dai media, vere armi di distrazione di massa, la libertà personale che sembra perdere di importanza, l’attenzione nulla ai diritti dei lavoratori, mentre le gigantesche acciaierie di Detroit giacciono abbandonate. La sicurezza appare solo un primo banco di prova per arrivare in seguito al vero, grasso obiettivo: la privatizzazione della guerra.

Purtroppo il progetto di Dick Jones ha un intoppo. Il suo droide impazzisce e fa fuori uno dei suoi colleghi dirigenti. Cose che capitano, non c’è da farne un dramma… ma intanto il vecchio Presidente dell’OCP (Dan O’Herlihy), che pare mantenere ancora un po’ di umanità, decide di bloccare tutto e passare le risorse al progetto di riserva di Bob Morton (Miguel Ferrer, ahimé scomparso a inizio anno): associare alle più avanzate tecnologie un più rassicurante e meglio adattabile volto umano. Manca solo una cavia, e purtroppo per lui l’agente Alex Murphy (Peter Weller), appena trasferito nel distretto, muore nella sua prima vera operazione cercando di catturare la banda del re del crimine locale, Clarence Boddicker (Kurtwood Smith). Il suo cadavere diventa la base di partenza per sviluppare il progetto RoboCop!

RoboCop

Verhoeven e Paul Weller sul set

Lo sceneggiatore Ed Neumaier aveva ambientato il suo trattamento qualche decennio nel futuro, il progetto venne proposto a molti registi, tra i quali pare anche David Cronenberg, e chissà cosa ne sarebbe venuto fuori… Sicuramente hanno rifiutato prima Alex Cox e poi Kenneth Johnson, che disse no perché gli impedirono di modificare alcuni aspetti che riteneva troppo spietati e violenti. Anche Verhoeven inizialmente rifiutò, quasi schifato dalle prime pagine, ma poi sua moglie (dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna!) lo convinse a riprendere la lettura, fino a notare la forza espressiva e le potenzialità metaforiche di RoboCop. Avete già letto tutti le sue interviste nelle quali dice che Alex Murphy è il Gesù Cristo americano, vero? Verhoeven sa comportarsi da vero e proprio troll, e non poteva certo lasciarsi sfuggire la possibilità di fare di un vendicatore alla Charles Bronson una figura cristologica! La prima cosa che fece fu spostare la vicenda molto più vicina nel presente, per renderla più imminente e quindi angosciante per lo spettatore, poi… semplicemente filmò tutto quello che voleva, persino l’infilmabile.

RoboCop

Dannata legge di Murphy!

Non è certo un caso che il primo rating dato dalla MPAA sia stato un sonoro X, solitamente riservato a pellicole dal contenuto sessuale esplicito. In Robocop, nonostante sia un film di Verhoeven, non ci sono nudità, ma la violenza e il gore non mancano di certo. Il regista corse al montaggio a cercare di alleggerire alcune scene per cercare di ottenere quantomeno una R, quella che consente l’ingresso ai minori di 17 anni sono se accompagnati, e infine ci riuscì. Dopo altri UNDICI tentativi. E se avete visto il film all’epoca, prima di tutte le edizioni più o meno uncut uscite, sapete che di sangue ne è rimasto tanto.

Ancora oggi, dopo trenta anni, la morte dell’agente Murphy non può non colpire.  Verhoeven voleva farne un simbolo, e c’è riuscito in pieno. Difficile guardare i colpi che crivellano il suo corpo, difficile staccare lo sguardo… Nonostante l’intensità della scena il regista non rinuncia al suo personale humour, facendo esclamare a Boddicker “Beh? Dategli una mano!”, frase rimasta mitica e ancora oggi citatissima, soprattutto negli States. La massiccia presenza di citazioni rimaste nell’immaginario è un’altra caratteristica che accomuna Robocop ai classici d’azione del periodo, ma qui la vena da badass (“vivo o morto tu verrai con me!”) è accompagnata da un fortissimo lato satirico sociale, che trova il suo apice nel raccapricciante programma televisivo mostrato a più riprese su un ometto viscido che esclama in continuazione “me le comprerei IO per un dollaro!”. Per una approfondita analisi sul linguaggio di Robocop e sull’ottimo (almeno per un profano come me il doppiaggio è splendido!) adattamento italiano vi rimando al bellissimo articolo di Doppiaggi Italioti!

RoboCop

Ecco, ora sapete perché porto sempre l’elmetto…

A parte la stop-motion di cui si parlava prima, il film mantiene comunque ancora una propria dignità anche dal punto di vista visivo. Il costume di Robocop, disegnato dal mitico Rob Bottin, è tutt’ora credibile, malgrado i movimenti di Weller appaiano oggi troppo robotici, se mi passate il termine. Ma un RoboCop nel 1987 doveva muoversi per forza così. Tralaltro il costume fu il motivo principale per cui venne scelto il protagonista, visto che Verhoeven aveva pensato sia a Rutger Hauer (ovvio!) che a Arnold Schwarzenegger, ma entrambi risultavano troppo grossi con quella pesante imbracatura. Weller, invece, ci entrava benino, e oltre a questo fu la sua espressività della parte bassa del viso a garantirgli la parte. Non che comunque fosse molto comodo, visto che il costume pesava 20kg, era caldissimo e la produzione dovette addirittura trovare un modo per inserirvi un impianto di refrigerazione. Inoltre l’ingombro impediva a Weller di entrare agilmente in auto, problema risolto con un sapiente montaggio e… facendogli indossare solo la parte alta del costume mentre era al volante. Nelle scene in auto, infatti, RoboCop era in mutande! Ora non riuscirete più a guardare il film con gli stessi occhi, lo so…

RoboCop

Verhoeven col modello dell’ED-209

A completare il cast l’unico vero personaggio femminile del film (segretarie, anchorwoman e prostitute a parte, visto che la moglie di Murphy appare solo come ricordo): la dura ma umanissima poliziotta Anne Lewis, interpretata da Nancy Allen. Verhoeven ha fatto di tutto perché non fosse la sua bellezza a risaltare, facendole tagliare i lunghi boccoli che la rendevano splendida nei film interpretati per l’ex marito Brian De Palma, ma in qualche modo il suo magnetismo rimane…

Non siete ancora convinti che RoboCop sia un titolo di culto? Forse riuscirò a convincervi con la notizia che a Detroit stanno costruendo una statua di RoboCop che dopo una campagna Kickstarter di grande successo verrà inaugurata nella primavera del prossimo anno. Che ne dite amici blogger, organizziamo un pellegrinaggio per il trentacinquesimo anniversario?

17 thoughts on “È la legge di Murphy – 30 anni di RoboCop in Italia”

  1. Beh se Filadelfia ha una statua di Rocky, perché Detroit non dovrebbe averne una di Robocop? Lasciami il tempo di rifare il passaporto e ci sono 😉 Bellissimo pezzo, mi fa piacere vedere che non sono l’unico ad essere rimasto “traumatizzato” nel vedere Lewis prima qui e poi sexy nei film di De Palma, cose che ti segnano 😉

    La storia di Weller in mutante la sapevo, pensa alcune scene di questo film riprese con un campo più ampio, RoboMut il futuro degli indumenti intimi! 😉 Per altro a tua volta come Verhoeven, mi hai anticipato il titolo del mio pezzo su “Robocop 2”, ennesima dimostrazione che ragioniamo sulle stesse frequenze… Robo Bro-fist! Cheers

    • Pensa che prima di scegliere il titolo ho controllato che nessuno di voi l’avesse già usato, visto che mi sembrava troppo facile! Allora ok, il giro è deciso: ci facciamo Filadelfia per Rocky, Detroit per Robocop, ci aggiungiamo la Casa Bianca sperando che non la facciano fuori gli alieni di Indipendence Day, passiamo da Martha’s Vineyard per Lo Squalo e al ritorno finiamo per perdere l’aereo e smarrirci a New York!

  2. Un sempreverde, almeno il primo…..in Robocop 2 di Kershner oltre all’armatura rinnovata (molto più azzurra e meno grigia) ed il perfetto RoboCain in stop-motion della trama si salvano solo un paio di cose purtroppo visto che l’incapacità (Sindaco macchietta e Bambino Boss della droga in primis) di Frank Miller di proporre qualcosa di fresco almeno quanto il primo film.

    • È invecchiato benissimo! Concordo quasi completamente sui sequel che hanno sì qualche momento divertente e qualche scena memorabile, ma mancano proprio nella capacità di immaginare un futuro così vivido come quello di Verhoeven!

    • Già! Un pò troppe esagerazioni. Ricordo che il finale del 2 con l’ antipatica che se la cava e se ne va al fianco del “vecchio” mi indispettì non poco come successo con Lewis e Robocop che smorzava con la battuta XD. Guardare questi film e cartoni mi faceva capire purtroppo come andavano certi aspetti del mondo -.- XD!

  3. La sapevo anche io quella cosa delle mutande :D.

    Comunque la morte di Murphy è una delle cose più sconvolgenti che abbia visto su uno schermo, per l’estremo sadismo dei suoi carnefici.

    • Già! °_O Anche se la scena che mi metteva più angoscia di tutte era quando tornava a casa sua e il presente si mischiava con visioni da flashback! Comunque questo non l’ ho mai trovato tanto violento, a parte uno dei criminali sciolto! Il 2 è un pò più sanguinolento.

  4. Che gran film e che bell’omaggio il tuo. Sangue finto a litri eppure le scene violentissime mi erano parse persino credibili e plausibili all’epoca. Rinfrescarne il ricordo con un’ennesima visione è stato un toccasana per ciò che pensavo riguardo alla pellicola.

  5. “Thank you for your cooperation”. Robocop è per fotografia, trama, temi trattati quello che viene chiamato un ‘cult’ e non solo degli anni ’80. Ha una patina – concedimi – “fumettosa”, “giocattolosa”, per controbilanciare l’estrema violenza che pervade l’universo che il film racconta. Un universo “filmico” fino a un certo punto: non credo nei grandi complotti, ma le lobby economiche hanno il potere di influenzare politiche di stati e la vita delle persone. Vedi in USA la lobby delle armi (neanche più “leggere” possiamo considerarle, visto che un M16 sembra facile da procurarsi). Film di rara visione di una realtà distopica ma possibile.

    • Hai proprio ragione a definirlo giocattoloso, e conoscendo Verhoeven decisamente credo che la cosa sia voluta. Neanche io sono un complottista, ma Robocop è talmente intelligente da farci che tale distopia, oltre che possibile, rischia di diventare provavile.

      • È’ voluto. Un contraltare alla violenza, sia fisica sia di temi. Rende meno “disturbante”, è un tipo di linguaggio come in certi film di animazione giapponese che non farei mai vedere a miei due nanerottoli di 6 anni a causa del tema adulto e talmente drammatico da non poterlo rendere in live action.

  6. Da piccolo mi domandavo che fosse la polverina bianca che avevano Morton e le ragazze. XD Veramente si beccò una X all’ inizio!?! °_O La situazione di Detroit mi ricorda qualcosa. XD
    Mitico il tema musicale firmato Basil Poledouris! ^^ Pensare in che condizioni si trovano ora le colonne sonore in generale… °_O

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