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Prisoners, il labirinto di Denis Villeneuve

Prisoners Gyllenhaal

Possiamo dire che il 2017 è stato l’anno di Denis Villeneuve? Non ricordo in tempi recenti un regista che sia stato in grado nell’arco di pochi mesi di girare due film così belli, importanti, anche discussi come Arrival e Blade Runner 2049. E così, visto che anche il precedente Sicario non era certo da buttare, ho deciso di parlare anche degli altri film che ha girato nel corso della sua ancora giovane carriera, partendo appunto da Prisoners!

Prisoners

Visto che il film è del 2013 spero mi perdonerete qualche piccolo spoiler.

Se leggiamo la trama di Prisoners con un occhio ai nomi del cast viene da pensare al classico thriller hollywoodiano. Ci sono due bambine di 6 e 7 anni, figlie di due famiglie diverse ma nonostante questo amiche, legate forse più dall’amicizia delle bambine e degli altri due figli che altro, ma questo poco importa; le due bimbe vanno a giocare da sole fuori, alla ricerca di un fischietto rosso, e scompaiono. Le ricerche dei genitori in tutto il vicinato non portano a niente, ma il caso non sembra di difficile soluzione. Parcheggiato poche case più avanti c’era uno scalcinato camper attorno al quale le bambine erano state viste giocare, e sopra il quale Alex J0nes, un ragazzo con evidenti problemi mentali, ascoltava un po’ di musica. Il colpevole non può che essere lui. Ma l’interrogatorio del Detective Loki non porta a nulla, non ci sono prove tangibili e il mistero rimane. La polizia comincia a seguire altre piste, mentre Keller Dover, uno dei padri, è ancora convinto che il colpevole sia Alex, e decide di rapirlo, portarlo nella vecchia casa di suo padre e torturarlo finché  non confesserà.

Prisoners Hugh Jackman

Hugh Jackman è Keller Dover – non fate incazzare quest’uomo!

Keller Dover è interpretato da Hugh Jackman, padre affettuoso, marito fedele, molto religioso e convinto che si debba “pregare per il meglio ma prepararsi per il peggio”. Quasi un survivalista, con il seminterrato ordinatissimo pieno di provviste, attrezzi, batterie, di tutto un po’. La sua canzone preferita è l’inno americano, sua moglie Grace (Maria Bello) e sua figlia sono biondissime e se non fosse per gli amici di colore sembrerebbe il classico futuro supporter di Donald Trump, convinto fino alle estreme conseguenze delle sue idee. La comprensibile disperazione per la scomparsa della figlia lo porta ad abbracciare le sue tendenze più violente, fino alla tortura, e a riprendere a bere, ma nelle sue azioni c’è sempre una tremenda lucidità, una consapevolezza delle proprie azioni che spaventa.

Prisoners Gyllenhaal

Il detective Loki è interpretato da Jake Gyllenhaal, si intuisce che qualcosa nel suo passato l’abbia segnato ma la cosa resta sempre sotto traccia. Viene presentato come detective di grande talento, che ha risolto tutti i casi che gli sono stati presentati, ma forse è perché non gli sono mai capitati casi davvero complessi. È come un grande pesce in un piccolo stagno, si capisce che ha ambizioni superiori (il suo capo avanti nel film accenna alla sua possibilità di fare carriera altrove, a livelli ben più alti) ma dalle sue azioni traspare anche una certa insicurezza, una volontà ferrea di dimostrarsi all’altezza delle aspettative ma anche la paura che questo non sarà sempre possibile. Il tic agli occhi lo rende ancora più umano, così come la frustrazione che comincia a montare quando il caso si rivelerà più complesso e ramificato di quanto non apparisse: un vero labirinto da percorrere con pochissimi aiuti, e con un Keller in più da controllare…

Prisoners Paul Dano

Io l’avevo detto di non fare incazzare Hugh Jackman…

Alex Jones è interpretato da Paul Dano. Il suo comportamento, la sua storia, persino la sua faccia lo rendono il colpevole perfetto, quasi lo stereotipo del molestatore di bambini. Eppure fin dall’inizio abbiamo la sensazione che qualcosa non quadri, che la storia sia più complessa di quanto sembri. Dano offre una prova d’attore straordinaria, sempre al confine e sempre credibile utilizzando silenzi, mezze parole, sguardi, sussurri che non sappiamo quanto siano reali e quanto solo nella mente di Keller… Per lui riusciamo a provare pena e repulsione quasi allo stesso tempo, senza riuscire a capire quale delle due emozioni sia quella corretta.

Anche il resto del cast è composto da grandi attori. Terrence Howard (candidato all’Oscar per Hustle & Flow) e Viola Davis (che di candidature ne ha avute tre, vincendone una) sono i coniugi Birch, la madre di Alex Jones è l’altra premio Oscar Melissa Leo, l’altro figlio di Keller è il Dylan Minnette di Tredici e così via. Un cast di vere all-star per quello che è il primo film hollywoodiano di Denis Villeneuve, che fino ad allora aveva avuto a che fare con budget relativamente ridotti.

Prisoners

Denis Villeneuve sul set con Jake Gyllenhaal

Filmato da un regista mediocre, Prisoners avrebbe mostrato molti lati deboli. La sceneggiatura non è perfettamente a prova d’orologio, e in particolare il comportamento della polizia appare in alcuni momenti davvero poco credibile. Villeneuve è bravo a offrire spiegazioni per quanto possibile e a minimizzare tutto il resto, puntando sul lato umano della vicenda ma infarcendo anche la storia di simbolismi, a volte più evidenti (il labirinto, i serpenti) e a volte più nascosti. Ci potrebbe essere molto da indagare sulla figura del Detective Loki, sui suoi tatuaggi esoterici e sull’anello massonico, ad esempio. Persino sul nome (il Dio norreno degli inganni), affidato ad un personaggio che fa della ricerca della verità e della razionalità (apparente) il suo obiettivo. Una ricerca dell’illuminazione che si contrappone alla irrazionalità del fondamentalista Keller, sempre pronto alla preghiera, croce al collo e adesivo del pesce sul furgone.

La guerra tra razionale e religioso è evidente anche nel personaggio del prete molestatore di bambini e nella “lotta contro Dio” del colpevole, senza dimenticare il serpente, simbolo del male fin dalla Genesi. Ma sarei cauto nel definire Prisoners così drastico. La morale non è mai così definita, la verità non è così facile da raggiungere. Il labirinto nel quale Loki si trova bloccato, può anche essere senza uscita.

Prisoners Roger A. Deakins

Il direttore della fotografia Roger Deakins, nominato tipo un miliardo di volte agli Oscar senza mai vincere

Al di là delle valutazioni etiche sulla simbologia sulle quali potremmo disquisire per settimane senza cavarne le gambe, Prisoners è un film enorme. Un thriller avvincente che riesce a comunicare qualcosa di più di quanto appare, recitato benissimo e filmato da dio. Vero, grande cinema, che tiene incollati alla poltrona del tutte le sue due ore e mezza di durata. Prisoners è disponibile su Netflix, quindi proprio non avete scuse per non recuperarlo. Imperdibile!

Voto: **** 1/2

11 thoughts on “Prisoners, il labirinto di Denis Villeneuve”

  1. Devo smettere di leggere le vostre recensioni XD, dopo mi fiondo sempre sulla wikipedia a leggere la trama perché sono curiosissimo (curiosità che non posso soddisfare immediatamente, non avendo a disposizione il film in tempi immediati). Devo dire che questo film è una bomba: la trama mi sembra ben elaborata, così come la presenza di personaggi molto ‘oscuri’, insomma c’è il male e poi altre sfumature, ma non ci sono personaggi positivi, giusto?

    SPOILER: tortura dell’acqua? Fantastica! FINE SPOILER

    Riky G.

    • La tortura dell’acqua è un passaggio notevole, e ho trovato favolosa l’espressività di Alex/Dano utilizzando solo un occhio pesto ed insanguinato per esprimere terrore e impotenza. Grande, grandissima regia!

  2. Non mi ha fatto fare le capriole questo film, ho apprezzato di più il successivo (e a tratti Cronenberghiano) “Enemy”. Questo film mi ha lasciato con la sensazione “Ah se solo Denis Villeneuve avesse uno sceneggiatore all’altezza”, poi è andato sempre in crescendo, “Sicario” mi è piaciuto molto, ma “Arrival” secondo me è il suo film migliore, “Blade Runner 2049” non so, visivamente è clamoroso (se non vince un Oscar Roger Deakins quest’anno, possiamo pure abolire il premio) ma devo ancora raccogliere le idee e scriverne per capire se mi è piaciuto o no. In ogni caso l’uomo con il cognome da pilota di formula uno è un talento enorme, con un margine di miglioramento ancora tutto da esplorare 😉 Cheers!

    • Concordo su tutto, anche sulla scala di valori dei suoi film. Secondo me sul podio dei migliori se la giocano Arrival ed Enemy, mentre non ho ancora visto i suoi primi 3 (ma arriveranno!). Per Blade Runner già anche solo il fatto che sia riuscito a prendere in mano una patata così bollente senza uscirne fuori evidentemente scottato è un mezzo miracolo. La sceneggiatura di Prisoners qualche buchetto lo mostra, ma diciamo che Villeneuse è bravissimo a non farlo notare più di tanto… Alla seconda visione, il film per me è cresciuto: magari se ti capita prova a riguardarlo pure te 🙂

  3. beh sì Villeneuve si sta rivelando un ottimo regista e piazzare due colpi come Arrival e BR 2049 in un solo anno solare, peraltro tutti e due di fantascienza, genere che richiede lavorazioni complesse e tempi più lunghi, è qualcosa di sorprendente…
    anche questo Prisoners mi era piaciuto, un thriller avvincente e che si discosta almeno in parte dai soliti canoni del genere…
    oramai il canadese è un regista su cui puntare a occhi chiusi…

    • Si è anche dimostrato capace di spaziare tra più generi, e nelle sue interviste dichiara tranquillamente di guardare qualcsiasi genere di film. Quindi attendo con curiosità di scoprire quale sarà il suo prossimo progetto, sperando di essern sorpreso 🙂

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