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The Bad Batch – l’anti Fury Road

The Bad Batch

Come scrivevo qualche giorno fa su Facebook, ce l’ho messa tutta per farmi piacere The Bad Batch. Ne avevo letto circa un anno fa una recensione piuttosto positiva su Nocturno, ha vinto il Premio Speciale della Giuria a Venezia (non che dia molto retta ai festival, ma insomma), è stato recensito positivamente anche in blog che stimo moltissimo, eppoi ha tutto quello che poteva servire per piacermi!

Ambientazione distopica in stile quasi-postatomico? Check.

Regista promettente che viene da un film western in bianco e nero coi vampiri idealmente ambientato in Iran? Check.

Sangue e squartamenti? Check.

Cannibali? Check.

Cast che quando lo leggi ti viene voglia di esclamare “ma come cazzo è possibile”? Check.

Protagonista gnocca con culo perennemente inquadrato in primo piano? Ultracheck.

The Bad Batch

E invece è venuta fuori questa merdaccia qui. Vabbé. Sigla.

Ok, la produzione di VICE (con il direttore creativo che dichiara la regista Ana Lily Amirpour “la nuova Tarantino”) poteva farmi venire qualche sospetto, ma che cavolo! La storia è quella di una ragazza ultra-gnocca (Suki Waterhouse) che vive tra qualche anno nel futuro, quando gli USA decideranno di esiliare nel deserto tutti coloro che decidono di non adeguarsi alla morale comune. Gente tipo vecchi frikkettoni, drogati, pazzi, immigrati irregolari e culturisti cannibali. Ecco, per i culturisti cannibali non mi sento neanche di poter dare loro troppo torto. La giovincella viene marchiata e spedita oltre la barriera il muro ai confini col Messico, dove girovaga alla ricerca di una qualche speranza, ma viene catturata dai cannibali che le mangiano un braccio e una gamba. Figo, no? E non sono passati neppure dieci minuti dall’inizio del film: ne restano altri centodieci nei quali compariranno, in ordine sparso:

– Jason Momoa: culturista, macellaio di carne umana, pittore dalla spiccata sensibilità, padre amorevole, uomo romantico;
– Keanu Reeves: pseudo santone che propina al suo gregge droghe sintetiche e musica elettronica di scarsa qualità, vive circondato da un harem di mogli gnocche e silenziose ed è sicuramente il personaggio più ragionevole del film;

The Bad Batch

Living the dream

– Jim Carrey: eremita che vive nel deserto raccogliendo carabattole. Non dite a nessuno che è Jim Carrey, è un segreto, non lo scrivono neppure sui titoli;
– Giovanni Ribisi: il matto. Che forse invece ha capito tutto. Che sceneggiatura profonda, che metaforone, che pathos!
– Diego Luna: il dj. Ma, in realtà è nel cast perché va a letto con la protagonista, beato lui.

Suki Waterhouse

La protagonista. Spedite subito in Messico questa reietta!

Avere due gambe così a disposizione e segarne una dopo dieci minuti di film è un vero spreco, ma per fortuna la bella Arlene riesce in qualche modo a scappare e trova asilo nella comunità di Comfort, dove tutti sembrano ospitali e non mangiano neppure carne umana. La dotano di protesi, la rimettono in sesto e dopo cinque mesi tutto sembra quasi apposto, ma questa Arlene è una tormentata (sarà stata esiliata per questo?) e non riesce a star ferma, vaga senza meta alla ricerca di qualcosa che neppure lei probabilmente sa cosa sia, e per il resto delle due ore la cosa va avanti così.

The Bad Batch

Si può sapere dove cazzo stiamo andando?

Due ore di belle immagini, cieli infuocati, estetica da videoclip, tanti silenzi, metaforoni da quarta elementare. Due ore in cui i miei testicoli sono cresciuti incessantemente, mentre mi dicevo “dai, magari ora parte, ho letto che è il nuovo Mad Max!”. Solo quando hanno assunto la dimensione di due noci di cocco mi sono rassegnato.

Che poi a me di solito gli artisti spocchiosi che si credono degli dei mi piacciono, soprattutto se poi non hanno i mezzi per dare seguito alle loro intenzioni. Perché sì, ok i modesti che si pongono come “uno di noi” (alla Kevin Smith vecchia maniera), ma i veri maestri sono i santoni che secernono saggezza, frasi fatte, che distribiscono opinioni volutamente controverse come vangelo. Quindi non è che la regista mi sta improvvisamente sul cazzo perché dice che Fury Road è “stupido e troppo assurdo“, no, al massimo fa incazzare che abbia provato a nascondere il suo messaggio da tesina scolastica in un film di genere. Per riuscire a usare il genere per dire qualcosa di più, bisogna innanzitutto amare il genere. The Bad Batch non omaggia niente, semmai scimmiotta. La Arminpour ha fatto un film che pensa di rappresentare una summa dei nostri tempi e invece è un nulla cosmico con tanto talento sprecato.

The Bad Batch

Tipo il talento di questo attore misterioso

Poi magari si scopre che l’ha fatto apposta perché i nostri tempi sono quelli di Vice, appunto, degli articoli vuotissimi che parlano cool e piacciono tanto, dell’estetica da videoclip che si finge vintage ma in realtà è solo povera, dei miti che nascono senza motivo e senza motivo muoiono, delle strizzate d’occhio (non a caso sul culo della protagonista), del nulla che si nasconde molto meglio di quello de La Storia Infinita.

Perché è inutile che la regista dica che The Bad Batch è un incrocio tra il secondo Mad Max e Bella in Rosa, o tra Dirty Dancing e El Topo, o neppure che dica che il film è “molto violento” e “molto romantico”, se tutto quello che riesce a offrire è qualche sguardo languido tra due belloni che non avrebbero altro motivo per essere attratti l’uno dall’altra a rendere un film romantico; non bastano due arti mozzati e qualche schizzo di sangue a renderlo violento, perché tutto resta in superficie, e di profondo rimane solo qualche sguardo rivolto all’orizzonte dalla protagonista col broncetto.

The Bad Batch

Più che Tarantino, The Bad Batch mi ha ricordato tanti tarantinati di seconda o terza fascia, quelli che si sono resi conto che persino una cazzatona come Machete poteva far portare a casa qualche manciata di dollari e una etichetta di culto. La Arimpour ha provato a metterci qualche significato in più, sottolineandolo con luci al neon che urlavano “ATTENZIONE: REGISTA INTELLIGENTE!”, ma il risultato è stato molto simile. Persino negli effetti speciali usati in maniera penosa, come il braccio della protagonista i cui contorni in qualche fotogramma (soprattutto nelle scene più scure) riappaiono evidenti, ennesima tristezza di un film triste, brutto, noioso. Nemmeno tanto sbagliato da risultare interessante.

 

4 thoughts on “The Bad Batch – l’anti Fury Road”

  1. Mi è capitato di leggere le affermazioni della regista e francamente mi sono cadute le braccia, diciamo braccia ecco. Non ho avuto la voglia di provarci anche se come giustamente sottolinea, ha tutti gli elementi che mi piace vedere in un film, se dovessi trovare la forza magari mi butterò, per ora ti ringrazio per il sacrificio 😉 Cheers!

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