“…vorrei provarci con te, ma ho la faccia da rettile, non me lo posso permettere…”
Come si fa a raccontare una storia? Una fiaba, una storia semplice, ingenua, romantica, che finisca bene. Una storia che sappia parlare a tutti, adulti e piccini, infarcita di mille omaggi a una vita segnata dal cinema ma narrata con l’occhio di un bambino? Generalizzando è ciò che Guillermo del Toro ha provato a fare lungo tutto l’arco della sua carriera, almeno da La Spina del Diavolo in poi.
Sembra facile raccontare fiabe. Apri un libro e cominci con un “c’era una volta”, ma i lettori crescono e tutte le fiabe sembrano già scritte, almeno quelle che meritano di essere raccontate. C’è la principessa in pericolo, tenuta prigioniera dal drago, e c’è l’improbabile principe azzurro destinato a salvarla. O si possono invertire i ruoli, non importa poi molto, la storia è sempre la stessa. La fiaba segue delle proprie regole molti difficili da sovvertire. Non è detto che non si possa fare, ma servono talento, faccia tosta e credibilità per riuscirci.
Del Toro non ci è riuscito sempre. Alcuni tentativi non erano ancora a fuoco, altri mancavano di qualcosa nella forma, qualcuno nel cuore. Il tentativo migliore risale per me ancora al 2006, quando con Il Labirinto del Fauno si aggiudicò tre premi Oscar e una serie infinita di altri riconoscimenti. Non è piaciuto a tutti, ma è riuscito a reggere in maniera quasi perfetta sia il tono della fiaba che quello della storia reale, senza ridicolizzare nessuno dei due. È ancora il mio Del Toro preferito e anzi uno dei miei film preferiti in assoluto.
Il suo ultimo tentativo è stato Crimson Peak, un altro film che ha diviso la critica e in qualche modo ha diviso anche me. Visivamente bellissimo, con scenografie, costumi, musiche, regia mozzafiato. Ma non sono riuscito ad apprezzarlo. Troppo freddo. C’era tutto… tranne il cuore. Come se Del Toro stesse pensando ad altro.
Ne La Forma dell’Acqua – The Shape of Water ce l’ha messo tutto.
La protagonista è Eliza (Sally Hawkins), una donna senza voce che abita sopra un cinema in declino nell’America della fine degli anni 50; ogni mattina si sveglia, si masturba nella sua vasca, esce sorridente e va al lavoro… a pulire i cessi in un laboratorio governativo segreto dove le migliori menti della Nazione non riescono neanche a non pisciare di fuori. Dentro il laboratorio c’è un mostro che come tale viene trattato, ma con Eliza scatta qualcosa. Una scintilla, una scarica di elettricità. Non c’è bisogno di parole per capirsi. C’è un cattivo (Michael Shannon) senza possibilità di redenzione, marcio dentro e fuori. C’è un aiutante che anche lui si sente fuori dal mondo, nato troppo presto o troppo tardi, e un’altra che si sente stretta nel suo ruolo ma non ha ancora realizzato che potrà presto uscire dalla sua gabbia. C’è tutto un mondo che sta cambiando e non se ne rende conto. C’è l’amore che tutto può… persino i miracoli, se ci si crede davvero.
Come si fa a far funzionare un film così? Un film che sembra più disneyano della Disney, con una colonna sonora che è zucchero puro e dei momenti che ci aspetteremmo di vedere in una commedia degli anni 50 più che in un film candidato a 13 Oscar (e Michael Shannon non c’è! Ma il grandissimo Richard Jenkins sì, consoliamoci). Chi può permettersi di proporre una cosa del genere e uscirne non solo indenne, ma rafforzato nella sua identità di narratore?
Può permetterselo solo chi ci crede, tantissimo. Chi ci mette tutto il cuore, senza risparmiarsi. Il regista ha detto che The Shape of Water è il film girato dal Guillermo del Toro di 8 anni, e… che dire, è vero. È evidente. Compresi quei momenti di critica sociale sulla condizione delle donne, sulle disparità tra classi sociali, su difesa dell’ambiente, antirazzismo e omofobia. Tutto The Shape of Water è un abbraccio quasi infantile a ciò che è diverso da noi, ma attenzione perché infantile non vuol dire banale. Non funzionerebbe, se fosse solo questo. C’è grande cultura, grande studio, insieme a una dose massiccia di istinto e di talento. E anche io uscito dal cinema avrei voluto abbracciare quel sorridente orso apparentemente un po’ impacciato di Guadalajara che ha così bene compreso cosa è la magia. E cosa è il cinema. Ce n’era bisogno.
Voto: **** 1/2
Guillermone nostro ultimamente, più la trama diventa semplice, più sfoggia una strapotenza visiva invidiabile e cosa c’è di più lineare di una fiaba? Qui è riuscito a gestire la critica sociale, l’omaggio al cinema e l’elemento horror che nelle fiabe non mancava mai, al meglio. Mi è piaciuto un sacco, ci tenevo a vederlo in originale ma stasera ho in programma di andarmelo a rivedere perché i film di Del Toro vanno visti su uno schermo enorme, questo in particolare va visto in sala per forza! Cheers
Condivido! Io ho aspettato a guardarlo in sala, ma sicuramente farò in modo di rivederlo anche in lingua originale 🙂
Venerdì tocca a Pantera Nera ma domenica spero proprio di riuscire a vedere questo!
Pantera Nera potrebbe essere il prossimo 🙂
Anche per me prima Pantera Nera ma spero di vedere anche questo il prima possibile.
Ne vale assolutamente la pena!
La citazione di Capa è ottima premessa a questa recensione :). Mi incuriosisce capire cosa e quanto ci hai visto di disneiano. Il resto sembra già tutto eccellenza, compreso il makeup del protagonista 🙂
È il tipico film disneyano in cui la protagonista si masturba nella vasca da bagno ogni mattina 😉
Non è il primo articolo di The Shape of Water che leggo, ma ogni volta mi convinco che potrebbe piacermi veramente tanto… quindi andrò a vederlo!
Poi aspetto la tua opinione 🙂
Piaciuto moltissimo anche a me! Un mix emozionante e perfettamente riuscito di generi molto diversi tra loro. Gra gran film! 😀
Concordo assolutamente!
Mi hai convinto: lo guarderò! Bella recensione.
[…] come sempre, vi fornisco anche i punti di vista della buona Lucia, di Cassidy e del buon Michele, buona […]