No così è troppo complicato. Ripartiamo.
La prima impressione che si può avere di Oculus – Il Riflesso del Male è che si tratti di un horrorino classico che userà tutti i classici trucchetti degli horrorini. E’ dai tempi (ormai antichi!!!) di The Ring che sappiamo quali apparizioni possano nascondersi nei riflessi, e questa potrebbe apparire solo la storiellina dell’oggetto maledetto e infestato che in effetti è. Basato su un cortometraggio del 2006 dello stesso regista Mike Flanagan Oculus parla infatti di uno specchio maledetto che per secoli ha portato la morte ovunque veniva appeso. E’ successo anche alla famiglia di Kaylie e Tim, che ha trascorso undici anni in un ospedale psichiatrico proprio per avere ucciso il padre che reso folle dallo specchio aveva massacrato la madre e minacciava anche loro. Kaylie e Tim si erano promessi di non dimenticare, e che un giorno sarebbero riusciti a vendicarsi, ma nell’ospedale Tim si è convinto di avere solo immaginato tutto pur di non vedere la verità, quella di suo padre che prima aveva tradito la moglie e poi l’aveva uccisa. Kaylie invece non si era arresa, ed era riuscita a farsi assumere da una casa d’aste dove qualche giorno prima del rilascio del fratello era arrivato proprio lo specchio maledetto… E’ l’occasione giusta per la vendetta!

Ad elevare il tutto sopra la media dei film di genere è proprio il personaggio di Kaylie, perfetta nel suo ruolo di sorella bella, decisa, forse un filo supponente e tendente alla psicopatia, ma chi non lo sarebbe con un passato del genere? Il bello di Kaylie è che contrariamente al fragile fratello non è affatto spaventata dal mostro dietro lo specchio, ma anzi lo sfida apertamente, è lucida, sicura, si è preparata per tutta la vita, cerca il confronto e la vendetta, vuole provare che esiste ed esulta quando finalmente esce allo scoperto. La paura non le appartiene. Fino alla fine.
Gli altri attori offrono prove nella norma. Meno nella norma è invece l’alternanza tra flashback e presente, tra realtà e illusione, che contribuisce ad ingarbugliare il quadro ed a sorprendere quando la matassa pare dipanarsi. Flanagan non abbonda con lo splatter (ma la scena della lampadine è piuttosto disturbante…) e preferisce il non visto al visto ma anche all’intravisto, ma quando spinge sul pedale dell’horror dimostra di avere gusto e passione per il genere.
Teniamo d’occhio il regista, perché sa come si costruisce la tensione e come si racconta una storia, anche in un b-movie come questo. Uno dei migliori horror dell’anno.
Voto: ***
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