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Occhioloni

Lo so, arrivo in super-ritardo, ma che ci posso fare se i film di Tim Burton non mi attirano più come una volta? Fino a pochi anni fa ogni volta che ne usciva uno mi appostavo di fronte ai cinema pronto a gustarmi l’ennesimo capolavoro, ma ormai… diciamo la verità, Burtonuccio nostro è diventato una parodia di se stesso. L’ultimo vero grande film è stato Big Fish, e anche prima di quello Sleepy Hollow è risultato una delusione a confronto delle aspettative, e Il Pianeta delle Scimmie… lasciamo perdere! Big Eyes, quantomeno, sembrava una storia nelle corde di Tim Burton, che l’unica altra volta che l’avevamo incontrato alle prese con una biografia (Ed Wood) aveva sfornato un capolavoro.
Il risultato di Big Eyes?
NON un capolavoro.
Forse il problema è che da Burton ci aspettiamo sempre qualcosa di diverso, ci ha abituati ad una visione un po’ sghemba della realtà, che definire semplicemente gotica sarebbe una semplificazione. Burton era sensibile, romantico, oscuro, fuori dal tempo, poetico ma non banale, spesso semplicemente strano. Il Tim Burton di oggi sembra voler inseguire il suo passato rincorrendo tematiche, soluzioni visive, scelte stilistiche che richiamano ciò che è stato, ma che inevitabilmente suonano più come imitazioni che come vera arte. In Big Eyes Burton è presente nello spirito di Margaret Keane e negli occhi grandi e sognanti dei protagonisti dei suoi quadri. La storia della pittrice costretta dal marito truffatore a nascondersi ed a donare a lui la paternità delle sue opere è triste e perfetta da raccontare in un film che diciamolo, si lascia guardare piacevolmente. Merito anche di Amy Adams e Christoph Waltz, bravissimi come sempre. Ma si arriva in fondo alla pellicola solo parzialmente soddisfatti, come se mancasse qualcosa, come se qualcosa non venisse detto fino in fondo…
Un tema che nel film è trattato solo in maniera parziale è il dibattito sull’arte della Keane al di là delle vicende personali. I suoi quadri sono davvero “vera arte” o ne rappresentano una sua versione bignami, facile da comprendere e attrattiva per le masse, capace di risaltare meglio su un poster, un gadget o un libro fotografico che appesa ad una parete di un museo? I quadri della Keane appaiono belli da vedere ma francamente ripetitivi, quasi vuoti dietro ed intorno a quello sguardo che attira lo spettatore. Alle prese con Ed Wood, un altro che non poteva certo essere definito un’artista, Burton aveva creato una maschera tragica sottolineandone gli sforzi e le frustrazioni. Per la Keane invece sembra che la volontà sia quasi di santificarla, anche se poi a guardar bene il film emerge il ritratto di una donna debole, impaurita, senza una vera coscienza di se stessa, che ha imparato a liberarsi definitivamente del controllo di un marito/padrone solo quando nella sua vita è arrivata una nuova forma di controllo e forte guida, quella dei Testimoni di Geova.
L’arte della Keane è in fondo paragonabile al film: entrambi sono piacevoli da vedere, entrambi hanno avuto un buon successo ma non resteranno certo nei libri di storia come esempi eccellenti nelle loro categorie.

Ed il seguito di Beetlejuice mi spaventa sempre più.

Voto: * 1/2

One thought on “Occhioloni”

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