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Elementare, Adso – trenta anni de Il Nome della Rosa!

Il Nome della Rosa

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Este strano mirar this movie, el nombre de la rosa, nell’año 2016, trigenta años après l’uscita in the cinemas de l’Italie. Rimembro que multos anneé… come? Non ci state capendo niente? Scusate, è che trovo la parlata di Salvatore (penitentiagite!) contagiosa… che faccio, ricomincio?

Il Nome della Rosa poster

Si, è strano riguardare Il Nome della Rosa oggi, a trenta anni dalla sua uscita nelle sale italiane. N0n è un film che ho visto e rivisto un’infinità di volte come altri dei quali ho festeggiato il trentennale nel blog, anzi, credo che prima di questa settimana l’avessi visto solo una volta, moltissimi anni fa. Quello che ricordo meglio del film era l’evento che si creò alla sua prima trasmissione in tv, su Rai Uno. Allora (ero il 1988) la prima visione tv di un film così atteso era un evento imperdibile, e le famiglie si riunivano a casa davanti alla tv. Il Nome della Rosa batté tutti i record, ottenendo un audience di oltre 14 milioni di spettatori, il massimo per un film fino ad allora. Venne battuto solo molti anni dopo, da La Vita è Bella… ma questa è un’altra storia che magari vi racconterò.

Anche io ero davanti alla tv quel giorno… ma ve lo confesso, mi annoiavo a morte. L’unica cosa che mi colpì fu appunto la parlata di Salvatore, ma per il resto… non ricordo di aver resistito fino alla fine, probabilmente dopo poco presi in ostaggio l’altro televisore per guardare qualcosa su Italia Uno.

"Occhi aperti gente!"

“Occhi aperti gente!”

Non ripensai a Il Nome della Rosa per molti anni. Quando ne avevo quindici provai a leggere il libro, ma fu un altro clamoroso fallimento. Avevo appena divorato Il Signore degli Anelli, quindi non mi spaventavano di certo i romanzi alti come un elenco telefonico, ma dopo cinquanta pagine della prosa di Eco, delle sue dotte dissertazioni filosofiche e delle sue descrizioni interminabili, mi resi conto che preferivo andare a sbattere la testa contro un muro che continuare la lettura. Fallimento totale, e Il Nome della Rosa restava un buco nero nella mia cultura letteraria e cinematografica.

Il Nome della Rosa

Se avessi saputo che ci recitava anche lo Zio Fester l’avrei guardato prima

Saltiamo ancora avanti qualche anno. Non molti, a dire la verità. La mia famiglia era quasi ossessionata dalle vhs in uscita in edicola allegate a quotidiani e settimanali, ne prendevamo almeno tre o quattro a settimana, insieme a l’Unità, Repubblica, Espresso, Corriere della Sera… Alcune vhs le ho ancora a casa incellofanate, perché proprio non riuscivo a reggere il ritmo degli acquisti, ed il motivo per cui erano stati acquistati alcuni film era davvero misterioso. In ogni modo l’Espresso, che già mi aveva deliziato con alcuni classici dell’erotismo, fece uscire una interessante collana I Classici del Brivido, che per qualche ancor più misterioso motivo ospitò anche una edizione de Il Nome della Rosa. E allora, per la prima (e fino a questa settimana ultima) volta, riuscii a guardare tutto il film.

Pensai “ok, non è malissimo”. Rimisi la vhs nella sua confezione e lì la dimenticai per quasi venti anni. Finché Cassidy non mi ha invitato a partecipare alla celebrazione dei trent’anni del film. E allora perché non riprenderlo e guardarlo come se fosse la prima volta?

(e dopo la premessa più lunga del mondo, cominciamo con la recensione!)

Quasi venti anni di esperienza in più fanno tutta la differenza del mondo, e quanto può apparire diverso un film come questo, con una miriade di diversi piani di lettura, quando lo si guarda con una nuova consapevolezza!

Ma chi è l'architetto, Escher?

Ma chi è l’architetto, Escher?

Il primo piano è quello della storia: Guglielmo da Baskerville, un frate francescano ed ex inquisitore, si reca in un’abbazia benedettina insieme al suo giovane discepolo Adso per partecipare a un concilio tra il suo ordine e degli inviati del Papa. Trova un ambiente inquieto, ostile, pieno di segreti, e trova anche dei cadaveri di frati morti forse per mantenere un segreto più importante di tutti i preziosi libri per cui la biblioteca dell’abbazia è famosa. Guglielmo indaga, mentre oltre ai delegati papali è in arrivo anche il terribile inquisitore Bernardo Gui, con il quale il frate ha già avuto a che fare in passato…

Il secondo piano è quello dei richiami. Il primo, e più evidente, è quello ai gialli di Sherlock Holmes. Guglielmo usa infatti metodi holmesiani per la risoluzione del mistero, e anche la sua provenienza, l’immaginaria Baskerville, è un riferimento ovvio al Mastino dei Baskerville, una delle opere più famose di Arthur Conan Doyle. Anche Adso richiama alla mente Watson, non solo foneticamente ma anche per il modo di agire, stimolato dalle continue domande di Sherlock/Guglielmo e spesso incapace di cogliere fino in fondo il fine dei ragionamenti del maestro, e per il ruolo di narratore che ricopre. Inoltre anche altri personaggi e scene richiamano alla mente altri autori ed opere, in un gioco di rimandi che vede citati Dante e la Bibbia, Joyce e Borges…

Il terzo piano di lettura è quello della metafora. Il film, è evidente, è un gioco ma è anche simbolico di qualcos’altro. Il romanzo di Eco è molto più complesso e intricato, ma anche nel film di Annaud resistono alcune delle sue tematiche. La prima è una critica al clero, attuale nel 1300 quanto oggi. Non è un caso che i personaggi più sotto le luci della ribalta oltre ai protagonisti siano due ex eretici dolciniani, un movimento pauperistico che alla fine degli anni 70, quando il romanzo è stato scritto, era stato fatto oggetto di una riscoperta. Ma questa critica al clero può anche essere letta come una ulteriore metafora della situazione politica dell’epoca, con conservatori e progressisti a litigare e gruppi extraparlamentari più o meno violenti a cercare soluzioni più o meno radicali.

Ma trenta anni dopo l’uscita del film la cosa più divertente per me è stata vedere gli attori dell’epoca e constatare quale ruolo ha avuto il film sulla loro carriera.

Guglielmo da Baskerville è Sean Connery… è un caso piuttosto significativo che a distanza di una settimana siano usciti in Italia Il Nome della Rosa e Highlander, entrambi per motivi diversi film del suo rilancio come attore dopo un periodo difficilissimo. Connery era fermo o quasi da due anni, e non fu la prima scelta per nessuno dei due film. Per il suo ruolo erano stati contattati moltissimi altri attori, da De Niro a Michael Caine, da Jack Nicholson a Paul Newman, da Marlon Brando a Ian McKellen, fino al nostro Gassman. L’interpretazione gli fruttò un BAFTA come miglior attore protagonista, e l’anno successivo Connery vinse l’Oscar e il Golden Globe per Gli Intoccabili.

Il Nome della Rosa

“Me lo presenti Christopher Lambert? Dai!”

Adso da Melk è Christian Slater, allora giovanissimo (16 anni) e praticamente all’esordio. La scena di sesso con Valentina Vargas, unico personaggio femminile della serie e bella gnocca anche trenta anni dopo, è piuttosto esplicita… per ottenere una reazione più vera Jean-Jacques Annaud non disse a Slater cosa sarebbe successo esattamente, e lo stupore nei suoi occhi è reale. La cosa deve averlo segnato a tal punto da farlo diventare Mr. Robot.

Il Nome della Rosa

“Ma se invece del frate facessi l’hacker?”

Il gobbo Salvatore è Ron Perlman, che aveva già lavorato con Annaud ne La Guerra del Fuoco ma era praticamente uno sconosciuto. Perlman, poverino, si è specializzato in ruoli da deforme visto che poi ha raggiunto la massima popolarità interpretando la Bestia nella serie tv accanto alla Bella Linda Hamilton. Poi si è rifatto con Sons of Anarchy ed Hellboy. Per il ruolo la prima scelta era Franco Franchi, e onestamente la sua maschera sarebbe stata perfetta, ma l’attore siciliano rifiutò la parte quando seppe che avrebbe dovuto tagliarsi i capelli per la tonsura del frate. Pessima idea Franco…

Sarete belli voi

Sarete belli voi

Annaud si sforzò nel casting di scegliere il maggior numero di attori brutti, deformi o anche malati, per trasmettere maggiormente allo spettatore il senso di verosimiglianza del duro medioevo. Remigio da Varagine, tra questi, era interpretato dall’austriaco Helmut Qualtinger, che soffriva di un tumore al fegato per il suo passato da alcolista, e morì poche settimane dopo.

Cosa ci fa Alessandro Sallusti lì a destra??? Dove è la Santanché?

Cosa ci fa Alessandro Sallusti lì a destra??? Dove è la Santanché?

Oggi come trenta anni fa le cose che più colpiscono del film sono la fotografia livida e dolente di Tonino Delli Colli e l’imponente scenografia di Dante Ferretti. Per le riprese vennero utilizzati l’Abbazia di Eberbach in Germania, la Rocca Calascio in Abruzzo e Castel del Monte in Puglia, oltre a un enorme set ricostruito a Cinecittà. Il risultato è superbo, efficacissimo nel veicolare il messaggio del film. Interni ed esterni sono entrambi significativi, studiati nel dettaglio. La scuola italiana dell’epoca aveva ancora modo di rivaleggiare con i più ricchi studios hollywoodiani…

E’ incredibile come un film del genere abbia battuto ai botteghini in Italia filmoni come Top Gun e Platoon, ma Il Nome della Rosa ha una potenza espressiva che ancora oggi lo rende più che godibile. Non è un film perfetto, perché la trama gialla è molto semplice e la soluzione di molti enigmi appare evidente, ha dei momenti estremamente lenti ed altri in cui si sente che manca qualcosa che nel romanzo doveva necessariamente essere più esplicitato… Annaud non è a mio parere un grandissimo regista, si sente sempre che non riesce a fare il passo decisivo per convincere fino in fondo (tranne che ne L’Orso! L’Orso era bellissimo!)… ma Il Nome della Rosa è un buon film, un po’ giallo e un po’ satira, estremamente intelligente e capace di apparire profondo senza essere stucchevole.

Che ne dite, riprovo anche a leggere il romanzo?

Voto: ***

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9 thoughts on “Elementare, Adso – trenta anni de Il Nome della Rosa!”

  1. Incredibile ritrovarsi a condividere una visione televisiva: anch’io quel 1988 ero davanti alla TV, scoprendo che la scena “hot” era stata drasticamente censurata da come l’avevo vista l’anno prima al cinema! (Eh, Mamma Rai non poteva fare altrimenti…)
    Il ilbro di Umberto Eco è una compilation di frasi latine e greche SENZA traduzione, un labirinto di citazioni incomprensibile per chi non avesse la sua cultura e solamente tagliando la jungla di medievismi si riesce a trovare la trama “nuda e cruda”. Insomma, non è facile e quando l’ho letto mi ha dato parecchio mal di testa: per questo diffido quando sento dire che all’epoca è stato un libro vendutissimo. A comprarlo non ci vuole niente… voglio poi vedere se l’hanno letto davvero 😀

  2. Ti ho commentato ma devo aver fatto dei casini da cellulare, poco importa ti riscrivo. Ottimo pezzo, ho pensato seriamente volessi commentarlo tutto con la parlata alla Salvatore, sarebbe stato fantastico, ma anche una gran fatica 😉 Hai svelato il vero mistero dietro a “Mr. Robot” ora abbiamo capito tutto! 😉 Cheers

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