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(Twilight of the) American Gods

American Gods

Premessa: mi piace molto Neil Gaiman, come romanziere anche più che come fumettista, American Gods è il mio preferito tra i suoi romanzi e tutti dovrebbero leggerlo. Tutti tutti. Ho atteso questa serie tv con curiosità sempre crescente ed allo stesso tempo con aspettative molto alte ma anche una certa dose di scetticismo. Dicevo anche a me stesso “non sarà mai bello come il romanzo”, non osavo sperare tanto, ero comunque in qualche modo pronto a una delusione. Anche perché si parlava veramente da tantissimi anni di una serie tv su American Gods, almeno da cinque. Sembrava che dovesse essere prodotta da HBO, che appariva come la casa ideale per una storia con picchi così lirici ed elevati ma anche capace di essere bassa, sporca e popolare. Me l’immaginavo come una sorta di Carnivàle con gli dei e sbavavo al pensiero. Poi arrivarono le notizie di disaccordi con Gaiman e la palla passò a Fremantle Media, per una trasmissione su Starz.

American Gods

Qualche anno fa consideravo Starz come una sorta di HBO tagliata male, sempre alla ricerca di un effetto shock che potesse conquistare un pubblico di riferimento di giovani maschi adulti, soprattutto in riferimento a Spartacus, che molti hanno osannato ma non è mai riuscito a conquistare un posto nel mio cuore con tutti quei bagni di sangue e l’estetica alla 300. Con le tette un pochino di più, ma insomma siamo nell’era di Pornhub, ci vuole ben altro per farmi innamorare. Ultimamente però le cose sono andate sempre migliorando. In Black Sails le tette (tante e belle) erano affiancate da una storia ben costruita e da un sano spirito d’avventura (A-zione, A-vventura, A-tette, la sacra trimurti Ortolaniana), Flesh and Bone era un body horror con le tette (piccole e di ballerine, ma pur sempre tette!), una protagonista bravissima, un bel lavoro sui personaggi e finalmente anche una regia più elaborata e personale; Power è stata una sorpresa, con tette di colore e una storia più profonda di quanto si potesse immaginare. E infine Ash vs. Evil Dead, che non aveva quasi tette ma ha Bruce Campbell. Insomma, datemi una nuova serie Starz e oggi sarò felice.

Per American Gods hanno fatto le cose per bene.

Intanto Neil Gaiman è stato ampiamente coinvolto in fase di scrittura, così da evitare screzi e sceneggiature rifiutate. La produzione è stata messa in mano a gente di un certo livello come Bryan Fuller (soprattutto) e Michael Green; il cast è stato costruito con cura assemblando giovani lanciati di buone speranze, altri già affermati e riconoscibili e vecchi maestri in grado di portare sulle loro spalle personaggi difficili; la regia degli episodi è stata affidata a gente come David Slade (regista di alcuni episodi di Black Mirror e del meraviglioso Hard Candy… oltre che del terzo Twilight, sigh), Craig Zobel (Z for Zachariah), Vincenzo Natali (Cube, Splice)… Insomma, lo sforzo produttivo c’è e si vede.

American Gods

La serie tv segue nella prima parte le vicende del libro in maniera piuttosto fedele. Dopo un intro che ci riporta allo sbarco dei vichinghi in America conosciamo Shadow Moon (Ricky Whittle di The 100), che viene scarcerato qualche giorno in anticipo dalla prigione dove è rinchiuso perché la moglie è morta in un incidente stradale. Tornando a casa incontra il misterioso Wednesday (Ian McShane, già grandioso in Deadwood) che lo convince a lavorare per lui. Guardia del corpo, autista, non si capisce bene cosa abbia in mente di preciso… Fin da subito Shadow scopre che intorno a Wednesday circolano figure piuttosto bizzarre e spesso pericolose. Si va dai sedicenti leprecauni (attaccabrighe e legatissimi al denaro) a figure rappresentative della modernità tecnologica, che sembrano avere molti conti in sospeso con il suo datore di lavoro e non disdegnano il tentato omicidio. Ma in fondo Shadow ha poco per cui vivere, soprattutto dopo che ha scoperto che insieme alla moglie è morto nell’incidente stradale anche il suo migliore amico. E che lei aveva il suo cazzo in bocca…

American Gods

Avrete capito sicuramente chi è Wednesday, ovvero Odino. L’unico che sembra tardare a rendersene conto è Shadow, che pur vivendo una realtà sempre più bizzarra manca proprio in questo passaggio finale che dall’esterno appare il più semplice. Questa scarsa comprensione è uno dei pochissimi punti che non mi sono piaciuti fino in fondo in una serie davvero speciale, che unisce a una storia scritta benissimo (era ovvio. Ma anche in seguito quando si discosta dal romanzo), recitata benissimo e diretta in alcuni episodi con sguardo più ampio di quanto siamo abituati a vedere in tv. Il terzo episodio ed il settimo, in particolare, mi hanno stupito per lirismo e capacità di portare soluzioni di qualità e un’estetica di alto livello pur mantenendo uno stile molto caratteristico di Starz. Il settimo episodio mi ha ricordato una versione in piccolo di una fiaba come Big Fish, il che è tutto dire…

American Gods non fa compromessi, mostra tutto quello che vuole (non mancano peni in erezione e scene che nella puritana america hanno dato scandalo, ma anche sangue che scorre a fiumi) senza neanche far pensare a soluzioni di exploitation. Si divora in pochi giorni perché è impossibile non innamorarsi dei personaggi e voler sapere dove andrà a parare la storia. Otto episodi sono pochi e l’aspettativa per il prossimo anno è già altissima, è un bel momento per la tv…

Non posso fare a meno di segnalare le prestazioni di alcuni attori, oltre ai due protagonisti già menzionati… e senza fare spoiler.

Emily Browning è brava persino in maniera imprevedibile, minuta e cazzutissima in un ruolo che vi sorprenderà.
Pablo Schreider è un Mad Sweeney praticamente perfetto e farete fatica a riconoscere in lui il pornstache di Orange is the New Black!
Gillian Anderson è bellissima e anche lei quasi irriconoscibile in alcune scene come Media.

E Peter Stormare è immenso come Czernobog. Io vorrei uno spinoff solo su di lui che fuma e gioca a dama per dodici ore di fila. Mi basterebbe.

Ma va benissimo anche American Gods così com’è. Se riuscirete ad immergervi nel mondo di Gaiman troverete una magia che vi conquisterà.

Voto: **** 1/2

2 thoughts on “(Twilight of the) American Gods”

  1. Forse un po’ lentina per gli standard attuali, ma è persino più complessa e corposa del libro per ciò che concerne alcuni personaggi.
    Mad Sweeney e Laura dominano su tutti.
    Serie bellissima. 🙂

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