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Lo chiamavano Trinità

Vi viene mai voglia di rivedere un film che conoscete a memoria? Uno di cui potete anticipare ogni singola scena, ogni battuta, ogni movimento del personaggio… e che nonostante questo vi da gioia ancora come la prima volte che l’avete visto? Un film come Lo Chiamavano Trinità, insomma.

Lo chiamavano Trinità

Lo Chiamavano Trinità è un film impossibile da recensire obiettivamente, perché è una pellicola che ha segnato i suoi spettatori talmente nel profondo da entrare nel costume italiano. Ogni sua replica era un evento imperdibile, ha segnato la crescita di un paio di generazioni. Quindi pronti con la tegamata di fagioli, rispolveriamo un’altra vecchia rubrica polverosa… come il west!

Cumbrugliume Western Saloon

Un capolavoro si vede fin dalle prime scene. E l’entrata in scena di Terence Hill è una delle più memorabili che il cinema italiano ricordi. Non a cavallo come un regolare cowboy, ma trascinato dal proprio animale in una specie di slitta. Trinità è sudicio, trasandato, ma questa noncuranza è anche il segno di una fiducia nei propri mezzi sconfinata. Sa di essere un cowboy con pochi rivali, e non ha bisogno di stare in guardia come loro. E sa anche di essere molto affamato, perché dopo una scena mitica ne segue un’altra entrata ancor più nell’immaginario collettivo.

Lo chiamavano Trinità

Il Chaparral Stagecoach Station è una stamberga che sembra cadere a pezzi, con tanto di mucca sul tetto. Dentro un oste che gli offre un piatto di fagioli (se puoi pagare…) due cacciatori di taglie poco raccomandabili e un messicano ferito. I fagioli non sono granché (anzi erano uno schifo) ma servono comunque allo scopo, accompagnati da una bella bevuta e da qualche sonoro rutto. E dopo aver soddisfatto la panza via anche alla prima sparatoria, visto che il messicano ha sì una taglia (come tutti i messicani), ma sembra una brava persona. Gli racconta la sua storia (“mi esposa estava al fiume, senor, a lavar, un gringo la aggredì e la voleva…”) e insieme a lui va verso un paesino sperduto poco distante, dove Bud Spencer (Bambino) da qualche tempo fa lo sceriffo. Non tanto per vocazione, quanto perché ha preso il posto dello sceriffo vero (ehi, proprio come nel mitico Banshee!). Trinità e Bambino sono degli improbabili fratelli, entrambi pistoleri sopraffini (la mano destra e la mano sinistra del diavolo) che però spesso preferiscono posare le armi e lasciar cantare i pugni. Altrimenti che film di Bud e Terence sarebbe?

Lo chiamavano Trinità

È evidente che i due hanno trovato il personaggio della loro vita, mettendo a punto quei dettagli che finora erano mancati e riutilizzandoli con qualche piccola modifica anche nei film successivi, persino quelli non-western. Terence è il donnaiolo, furbo, che si infila nei guai; Bud quello che eviterebbe volentieri problemi e che spesso toglie le castagne dal fuoco. Il rapporto tra i due è di amore e odio, la chimica è immediata.

Lo chiamavano Trinità

Pensare che nelle idee originarie del regista E. B. Clucher (Enzo Barboni) i protagonisti non dovevano neppure essere loro. Bambino avrebbe dovuto essere il pur bravo George Eastman, mentre Trinità sarebbe stato il caratterista Peter Martell… che tralaltro ha un ruolo ricorrente nella carriera di Terence Hill, visto che avrebbe dovuto essere lui anche il protagonista di Dio Perdona… Io No, ma si ruppe un piede poco prima dell’inizio delle riprese e dovette essere sostituito. Fu proprio lui a consigliare il giovane Mario Girotti e… la coppia Bud & Terence si formò così!

Per Trinità non ci fu bisogno di infortuni. La sceneggiatura cominciò a circolare nell’ambiente tra i vari produttori, Bud e Terence la lessero e capirono che Trinità e Bambino erano loro. Si proposero a Barboni che li arruolò senza pensarci troppo. Il resto, come si dice, è storia.

Lo chiamavano Trinità

A proposito, la storia la conoscete, vero? Nel paese c’è un perfido latifondista (il maggiore Harriman, interpretato da Farley Granger, uno che era stato protagonista con Alfred Hitchkock!) che vorrebbe rubare le terre della pacifica comunità di mormoni guidata da Tobia (Dan Sturkie), perseguitato anche dal bandito messicano Mezcal (l’italianissimo Remo Capitani). Bud e Terence sono sì dei ladri e dei poco di buono, ma non sopportano le ingiustizie… soprattutto se a farne le spese sono anche due belle figliole come Sarah e Giuditta (Elena Pedemonte e Gisela Hahn), pronte a innamorarsi di Trinità e decise a sposarlo entrambe… tanto i mormoni accettano la poligamia!

Una storiella semplice ed efficace, ma quello che conte è come è stata raccontata. L’intento era dichiaratamente quello di mettere su un film che fosse sia western (un genere che in Italia aveva già toccato il suo apice e cominciava a mostrare la corda) che comico, prendendo in giro molti dei topoi del genere. Trinità è un Django sopra le righe, che preferisce non prendersi sul serio. L’antieroe di Franco Nero trascinava una bara, lui preferisce essere comodamente trascinato. La grande violenza che spesso era una caratteristica irrinunciabile dello spaghetti western viene sublimata in ceffoni e cazzottoni… e nei fagioli, ovviamente!

Lo chiamavano Trinità
Notate anche il bicchiere che non si riempie mai…

Per questa famosa scena, la leggenda vuole che Terence Hill si sia allenato a stimolare la propria voracità rimanendo digiuno per 24 (in altre interviste dice 48, ma si sa che col tempo si tende ad esagerare!) ore. E ovviamente fu così convincente che… buona la prima! Una specie di prova generale per altre storiche (e spesso più abbondanti) mangiate del duo. Anche nelle inquadrature è evidente il rimando al western classico, in quello che è allo stesso tempo omaggio e parodia. Campi lunghi, il montaggio che alterna primissimi piani, la lezione di Sergio Leone (e molti altri) era stata compresa appieno, solo che era l’ora di farne qualcosa di diverso. 

Il pubblico rispose alle grande. Lo Chiamavano Trinità fu il secondo incasso del 1970 (tre milioni e mezzo, ma con un numero di biglietti staccati spropositato) e un successo strepitoso che lanciò definitivamente la coppia come paladini del cinema per tutta la famiglia, in tutto il mondo. Un cinema per famiglie comunque diverso da come lo potremmo intendere oggi, visto che non mancano richiami più adulti come il rapporto a tre sognato da Terence Hill o l’ammissione che la loro madre è effettivamente una bagascia (sì, ma non è vecchia!).

Lo chiamavano Trinità

Da ricordare è anche la storica colonna sonora di Franco Micalizzi (con fischio di Alessandro Alessandroni, ovviamente!)… dai, che la state fischiettando in questo momento! Il cantante del brano di apertura e chiusura è un certo Annibale Giannarelli, italo-australiano con vocione quasi alla Tom Jones per il quale sia Wikipedia che altri siti che ho consultato riportano una vicenda che mi lascia qualche interrogativo… Sostengono infatti che questo Annibale sia stato presentato da Micalizzi a molti discografici per lanciare la sua carriera, ma che tutti l’avrebbero rifiutato perché… aveva troppo talento. Si può rifiutare uno perché ha TROPPO talento? Mmhhh… la storia mi puzza un po’. Il cantante comunque sarebbe mestamente tornato in Australia con la coda tra le gambe, e chissà se almeno è stato pagato bene per la sua performance…

Lo chiamavano Trinità

Con un successo simile, ovviamente non poteva mancare il seguito. L’anno successivo usciva nelle sale Continuavano a chiamarlo Trinità scelta anche di titolo perfetta e… che ne dite, ne riparliamo tra qualche giorno?

20 thoughts on “Lo chiamavano Trinità”

  1. Penso non esista film che io abbia guardato piú volte di questo. Di sicuro me lo guardo ogni volta che mi faccio i fagioli…e il bello é che riesco ancora a guardarlo come se fosse la prima volta! Ogni volta rimango quasi stupito dalle scene che si susseguono come se non sapessi cosa aspettarmi…un film epico…

  2. Fu una svolta epocale. Dal western sanguinolento, dove i morti si contavano a centinaia (anche “Terence Hill” aveva sterminato alla grande in PREPARATI LA BARA) al western-rutto.
    Inutile ricordare che gli intellettuali dell’epoca disprezzavano il duo Bambino-Trinità… come adesso disprezzano Checcozalone. Ne riparliamo tra 40 anni?

    • Popolare e intellettuale quasi mai sono andati d’accordo. Era successo anche a Totò, per dirne uno. Comunque non tutto è stato rivalutato… e non tutto andrà rivalutato in futuro 😉

  3. Capolavoro di film e capolavoro di recensione, bravissimo Mick.
    Non avevo mai colto i riferimenti a Django (Django che trascina la mitragliatrice nella bara, infangato e impolverato; Trinità impolverato e sudicione che si fa trascinare; Django che uccide più nemici di quanti colpi abbia nella pistola, nella scena finale; Trinità che spara mille colpe e sconfigge tutti i nemici). Direi che la coppia e i meccanismi della coppia saranno così validi da poter far funzionare anche gli altri film, pensa a due superpiedi quasi piatti, che non è altro che un Trinità III ambientato nella Miami degli anni ’70.
    Poi le gag di questi film sono sempre formidabili.

    • Grazie Rick! I riferimenti sono a tantissimi western del periodo, qualcuno più evidente altri meno… I Due Superpiedi Quasi Piatti non a caso è sempre di E. B. Clucher, che aveva una mano riconoscibilissima anche fuori dal western 🙂

  4. semplicemente straordinario, uno dei film che ha segnato la mia infanzia e che guardo ancora oggi e ogni volta con totale godimento…

  5. Adesso avrò in testa il tema musicale tutto il giorno (grazie!), niente toccherò rivedermelo per forza, mi hai stimolato l’appetito come davanti ad una pentola di fagioli 😉 Cheers!

  6. Il miglior film con Bud Spencer e Terrence Hill e uno dei miei western preferiti – non che ci voglia molto a dire la verità. Lo adoro, dall’inizio alla fine, adoro le scazzottate, adoro la trama che qui ha anche una certa importanza rispetto ad altri loro film, adoro la colonna sonora fischiettata. Insomma un film straordinario!

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