Tanti altri blog hanno i guest post… Il Cumbrugliume non può certo essere da meno, e quindi questa settimana un’ospite di riguardo recensirà un libro che le è piaciuto molto. Date il benvenuto a mia moglie Sara, e sperate che torni a farci compagnia più spesso! E se anche voi volete scrivere qualcosa per Il Cumbrugliume, contattatemi senza timore all’indirizzo info@cumbrugliume.it !
“Perchè noi in fondo apparteniamo al mondo; avremmo dovuto saperlo. E lo sapevamo, credo. Ma abbiamo dovuto nasconderci un po’, fingere un po’, per poter…”
Questa frase rappresenta molto bene lo spirito del libro: la sofferenza della vita, l’impossibilità di scegliere il proprio destino, il sentirsi trascinare dalla corrente e per quanto cercare di muoversi esserne ancora più sommersi e spinti verso una fine ineluttabile.
Questa è la vita di Stoner, una vita vittima della vita stessa. La vita di una persona che si sente sempre al di fuori del mondo normale, con la passione per lo studio e poca simpatia per le pubbliche relazioni. Stoner è un personaggio che ha chiaro il suo obbiettivo e non lo perde mai di vista; su tutto il resto si può scendere a compromessi.
Stoner nasce contadino ma decide di lasciare tutto per dedicarsi allo studio. Studia e poi capisce di essere destinato all’insegnamento, questo è il suo unico scopo.
Per la sua posizione all’università rinuncia a una vita felice con Miss Driscoll, la sua anima gemella, e accetta di continuare la relazione con sua moglie: una relazione neanche troppo infelice quanto priva di emozione, piatta e vuota. Solo nel momento in cui Stoner instaura un rapporto con sua figlia da bambina si percepisce un po’ di calore nella vita di quest’uomo, ma anche questa relazione è destinata ad appassire.
“Aliena al mondo, era costretta a vivere dove non poteva sentirsi a casa; avida di tenerezza e quiete, doveva cibarsi dell’indifferenza, insensibilità e rumore.”
Questo è l’anima del libro, e solo chi si è sentito così nella vita, fuoriluogo e costantemente inadeguato, può cogliere e restare toccato nel profondo da queste parole e dalla loro amarezza. Stoner è un’infinita lotta tra l’essere umano e la sua naturale decadenza, tra l’illusione di avere la possibilità di cambiare il corso della propria vita e la rassegnazione di fronte all’innegabile verità che questa ha sempre la meglio in un gioco che gioca dall’infinito e per sempre.
“Mi faccio i tre anni che mi restano e poi me ne vado. Certe volte penso a quello che mi sono perso, ai posti in cui non sono stato e… diavolo Bill, la vita è toppo corta. Perchè non te ne vai anche tu? Pensa a tutto il tempo che…
Non saprei cosa farmene- disse Stoner – non ho mai imparato”
Stoner è un personaggio profondo, che coglie il malessere della propria vita e l’infelicità che l’accompagna, e nonostante questo non fa niente per cambiarla, la accetta in tutta la sua infinita tristezza.
Per molti versi lo scrittore John Edward Williams mi ha ricordato Murakami: la malinconia della sua narrazione ti lascia l’amaro in bocca. Ma chi l’ha detto che per forza queste cose devono essere tristi? Le emozioni, quali esse siano, sono belle e degne di essere vissute a 360 gradi per poterle apprezzare in ogni loro sfumatura. Quindi, se avete voglia di contemplare la vostra vita e avete bisogno di coltivare un’aura riflessiva per uscire dallo stress quotidiano e calarvi in un’atmosfera avvolgente, romantica, triste e malinconica questo è il libro che fa che per voi! E per di più lo potete scaricare gratuitamente se avete Kindle Unlimited, se siete clienti Amazon Prime o se siete docenti con la Carta del docente o col Bonus cultura! Facciamoli un po’ lavorare questi cervelli! Alla prossima!
Il romanzo potete comprarlo (o scaricarlo gratuitamente se avete Prime) cliccando qui!
Bella recensione, però adesso non facciamo troppi favoritismi qua a ospitare le mogli. 😉
Per il quieto vivere è meglio non dire di no a certe richieste!