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Il disinfettante

Un racconto domenicale un po’ stupidino per tutti voi!

Il negozio era aperto già da qualche ora, ma ancora non era entrato nessun cliente. Da quando sei mesi prima l’IVA era stata alzata al 33% la crisi che già da qualche anno stringeva l’Italia nella sua morsa si era fatta più nera che mai. I negozi come quelli di Giacomo se la vedevano peggio di tutti, ma la situazione non era allegra per nessuno. Anche sui generi alimentari le tasse erano triplicate, e mentre il Ministro spronava le folle che lo idolatravano a comprare italiano, dalle più tenaci sacche di resistenza era nato un movimento di contrabbandieri che importava beni di prima necessità da paesi compiacenti come Spagna e Portogallo. Nessuno ne parlava per timore di imbattersi in spie e delatori, ma la sensazione era che stessero guadagnando qualche consenso. Non erano pericolosi come la guerriglia gender che stava infiammando l’Appennino o la dichiarazione d’indipendenza della Milano Socialista, ma tra i membri del Partito si cominciava a vedere qualche sguardo preoccupato.
Appoggiato al bancone, Giacomo giochicchiava sul cellulare, schiacciando zombie sotto il pollice tra un video propagandistico e un altro. Ormai era quasi rassegnato a chiudere la cassa totalizzando un rotondo zero in tutta la mattina, quando una signora sulla sessantina, accompagnata da un cagnolino grande come una mano, con cappottino e guinzaglio rosa perfettamente abbinati al suo cappellino e al rossetto, entrò dalla porta scuotendolo dal suo torpore.
«Buongiorno signora!» La salutò sfoggiando il suo sorriso migliore.
«Buongiorno giovanotto!» Rispose lei squadrandolo con vago disprezzo da sotto l’occhiale fumè.
«Come posso aiutarla?»
«Vorrei un disinfettante per negri.»

Giacomo alzò il sopracciglio e pensò di aver capito male. A volte succedeva, con queste signore che si piccavano di voler essere donne di mondo e provavano ad inserire parole di origine straniera (o antipatriottica, come andava di moda definirle) nelle loro conversazioni, finendo per risultare incomprensibili anche a causa di una pronuncia a dir poco deficitaria.

«Come dice, signora?» Le chiese con tutta la gentilezza di cui era capace.
«Un disinfettante per negri.»
«Mi scusi signora, ma forse non ho capito. Un disinfettante per…?»
«Negri! Ma è sordo, forse?»
«No, ho capito… mi scusi… ma in che senso un disinfettante per negri?» Ancora sperava che si trattasse di una incomprensione. Forse “negri” era il modo tutto suo che aveva per pronunciare una parola diversa, inglese o cinese, anche se proprio non aveva idea di quale potesse essere.
«Non mi sembra complicato. Un qualcosa che possa disinfettare i negri. Ne ho comprato uno da giardino e mi sembra che abbia bisogno di essere disinfettato.»
«Cerca un disinfettante per un negro da giardino?» Chiese Giacomo tra lo sconvolto e l’incuriosito.
«Sì, un negro da giardino. Sa, ne avevo già preso uno da salotto, vedesse come è carino. Uno di quei negretti neri neri piccoli piccoli, con un sorriso bianchissimo che illumina la stanza. L’altra sera ero sul divano a leggere un libro e non avevo voglia di allungarmi per premere l’interruttore. Troppo, troppo caldo. Però cominciava a fare buio. Così ho chiamato il mio Bonghi e gli ho chiesto di sorridere, e lui ha aperto la bocca mostrando quei denti così belli! Ho speso una bella cifra per averlo così, sono migliaia di euro di spese dentistiche ma ne valeva la pena. Ho letto fino alle dieci passate senza consumare un euro di corrente elettrica! È un bel risparmio di questi tempi. Però un negretto da salotto non sta bene fuori, è più una cosa estetica… di compagnia… come Fuffino, qui!» Indicò il suo cane che intanto stava pisciando in un angolo indisturbato.
«Aspetti torni indietro un momento… l’ha chiamato Bonghi?»
«Sì, è un’idea di mio marito. Lui è appassionato di film e dice che una volta c’era una storia di un bambino bianco allevato dagli africani e cresciuto selvaggio come loro, si chiamava Binghi Bonghi…»
«Bingo Bongo. Ma non…»
«Sì. È uguale. Comunque ci è sembrata un’idea carina chiamarlo così, l’originale era il bianco cresciuto dai selvaggi, questo è il negretto cresciuto dai civili! Bella pensata eh?»
«Eh…»
«Comunque abbiamo pensato di prenderne anche uno da esterni, per fare la guardia e sistemare un po’ il giardino. Ne abbiamo ordinato un modello più grande, mamma mia, ha un corpaccione che fa quasi spavento. Per fortuna aveva la museruola appena sceso dal furgone, sennò guardi sarei scappata. Comunque pare che si affezionino in breve tempo. Già mi guarda in un modo così tenero quando gli do da mangiare… sembra quasi umano.»
«Quasi, eh?»
«Senta non mi guardi in quel modo da razzista! Già me l’hanno detto le mie amiche “ma con tutti i cani che ci sono in canile abbandonati vai a prendere un negro?”. Ma non è mica la stessa cosa, sa. Primo perché ho già Fuffino e lui con gli altri cani non va d’accordo. Secondo perché non c’è mica niente di male. Sono esemplari selezionati negli allevamenti in Libia, di ottima razza, senza malattie. Mica come quelli che venivano coi barconi a stuprare le donne pieni di droga. Bisogna anche essere accoglienti, altrimenti hanno ragione i comunisti degli altri paesi come la Merkel a dire che stiamo diventando troppo estremisti.»
«No per carità, non volevo dire che… Anzi…»
«Comunque il problema è che questo negro nuovo è arrivato sporco. Sarà stato il viaggio in furgone, non lo so. Gli ho detto di lavarsi bene con la canna dell’acqua ma ancora non mi fido tanto. Una bella disinfettata non gli farà certo male, giusto?»
«Ma esiste un disinfettante specifico per negri?»
«Ah questo non lo so, mica sono io il negoziante. Ho chiesto a lei apposta.»
«Guardi, io sinceramente non ne ho idea…»
«Senta, non mi faccia arrabbiare perché ho fretta. La vostra categoria continua a lamentarsi che il commercio cala, che la gente compra su internet, e poi mi risponde così? Ma per forza, scusi. Ha un telefono lì, digiti. W W W DISINFETTANTE PER NEGRI PUNTO GOOGLE. Che ci vuole a informarsi?»
«Signora, non sono la persona giusta per rispondere a questa domanda…»
«Ah no, eh? Se avessi saputo farlo io l’avrei ordinato su Amazon, cosa crede? Che ci vuole a informarsi? Due minuti. Se non ce l’ha disponibile, me lo ordini dal suo fornitore.»
«Signora, non è per questo.» Giacomo era stremato.
«E perché allora? È stanco? Vuole che il negozio chiuda e perda il lavoro?»
«No, è perché questo è l’Apple Store. Il negozio di articoli per animali e negri è qui accanto.»
«Oddio ma veramente? Che figura… mi scusi…»
«Si figuri. Arrivederci.»
«Arrivederci.»

La signora uscì, lasciando una scia di profumo dolciastro e una pozzanghera di piscio di cane a terra. Giacomo sospirò, guardò la porta chiudersi davanti a lui e tornò a schiacciare zombie sul suo telefonino.

2 thoughts on “Il disinfettante”

  1. Il finale è fa 1000 punti! Un’idea così stramba non mi sarebbe mai venuta… forse 😛
    Comunque, il giorno che sarà davvero così l’Italia, emigrerò su Marte 🙁

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