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Fleabag è l’anti-eroina di cui avete bisogno

Fleabag

Il mio ossessivo corticare alla ricerca di una nuova serie tv da guardare che non sia la solita fuffa mi ha portato, dopo alcuni sonori fallimenti, ad esplorare un territorio che non bazzico più così spesso come un tempo: le comedy. Fino a qualche anno fa cercavo di dare una chance alla maggior parte delle nuove uscite, soprattutto perché la durata breve le rendeva il test ideale per una pausa pranzo o un momento di buco, ma alla fine mi hanno stancato, e fatta eccezione per qualche cosetta un po’ più creativa ho smesso completamente di guardarle.

Ma poi spulciando il catalogo di Amazon Prime Video sono incappato in Fleabag.

Fleabag

Questa donna che azzarda un sorriso evidentemente finto è Fleabag. Intorno alla trentina, caustica, quasi sesso-dipendente, squattrinata, teoricamente gestirebbe una caffetteria ma in pratica sembra non sia aperta praticamente mai, e anche quelle poche volte che succede la gestione dei clienti non pare ideale. Ha una sorella che pare il suo esatto contrario: ricca, sempre vestita bene, apparentemente felice nel suo matrimonio (le apparenze, si sa, ingannano) ma inibita. Le due si incontrano soprattutto per partecipare a conferenze femministe su richiesta del padre, ma non sembrano la platea ideale per occasioni del genere.

Fleabag avrebbe anche un fidanzato, Harry, ma il rapporto non funziona benissimo. Lei lo maltratta, lui la molla per un po’, lei va con altri uomini finché lui non torna a testa bassa pronto a farsi maltrattare di nuovo. Femminista? Forse.

Fleabag è ossessionata dal porno e sembra concedersi a chiunque si proponga. Si masturba guardando video di Obama e non si fa troppi problemi a concedere il suo didietro a un quasi sconosciuto. È incasinata, confusa, si diverte a creare situazioni imbarazzanti e fa finta di essere felice.

Forse gran parte dei suoi problemi deriva da una famiglia poco convenzionale: la madre è molta qualche anno prima e il padre si è risposato con la madrina, una artista (femminista, ovviamente) di successo. Lui è costantemente in imbarazzo e non sembra in grado di sostenere una benché minima conversazione, lei ostenta sicurezza e finge di essere accogliente. Ma andando avanti ci si rende conto che il trauma maggiore della vita di Fleabag è un altro, ed è legato alla morte della ex-collega e migliore amica Boo.

Dire di più sarebbe ingiusto, perché malgrado la parte più convincente non sia la trama ma la scrittura dei personaggi, è bene lasciare qualcosa alla visione della serie. Fleabag nasce da un one woman show dell’attrice protagonista, Phoebe Waller-Bridge, che l’aveva portato nei teatri scozzesi e inglesi nel 2013, e che le era valsa l’Edinburgh Fringe First Award, oltre a un premio come “drammaturgo più promettente” ai Critics’ Circle Theatre Award e agli Off West End Awards. Fleabag infrange la quarta parete e si rivolge spesso direttamente al pubblico, in una sorta di monologo interiore invisibile a chi le è accanto. I dialoghi sono tanto irriverenti quanto divertenti e intelligenti, e probabilmente altri aggettivi in -enti che mi sfuggono. La Waller-Bridge è davvero bravissima a rappresentare una donna che è il prodotto dei nostri tempi nel bene e nel male, una donna piacevole ma non bellissima, giovane ma non giovanissima, alla ricerca di un senso e di una direzione che le sfuggono. Fleabag diventerà la vostra eroina. La amerete, poi la odierete, poi un po’ tutto insieme.

Accanto a lei altri comprimari bravissimi come la sorella Claire (Sian Clifford), il padre (Bill Paterson) e soprattutto la madrina, Olivia Colman, ovvero la protagonista di Broadchurch che anche qui dimostra quanto sia talentuosa. E c’è anche un porcellino d’india, oltre a tutta una serie di uomini che sembrano tanto dei casi umani…

Se ancora non vi ho convinti a guardare Fleabag sappiate che sono solo sei episodi di meno di mezz’ora l’uno, e che io li ho divorati tutti in una sera. Una seconda stagione è in fase di progettazione ma arriverà solo nel 2019. Provatelo

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