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Il Cumbrugliume va in Giappone – Capitolo sei

Avviso ai lettori: il precedente era un capitolo ad altissimo asso di scimmie, mentre questo andrà più incontro alle passioni delle lettrici. Qui ci saranno tantissime foto di CILIEGI!

Intanto tornate indietro a recuperare il capitolo uno
il capitolo due
il capitolo tre
il capitolo quattro
e quello delle scimmie!

Pronti a continuare?

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Abbiamo aggiunto Kanazawa al nostro viaggio più come tappa intermedia che altro, perché andare direttamente da Yamanouchi a Kyoto sarebbe stato piuttosto impegnativo. Avevamo letto dei bellissimi giardini che vi si trovano, ma non pensavamo a una cosa del genere: è stata davvero una bella sorpresa, e mi sento proprio di consigliare a tutti di inserire Kanazawa nel proprio itinerario, se organizzate una vacanza in Giappone in primavera.

Dopo un breve viaggio in treno subito dei maestosi ciliegi in fiore ci hanno accorto nella modernissima stazione di questa città di oltre 400000 abitanti. La giornata era ideale, e quindi… abbiamo scelto di cominciare subito con la nostra solita lunga passeggiata fino all’albergo! Il Pacific Hotel Kanazawa offre le solite microstanze giapponesi, con anche un microbagno di corredo, ma è davvero carino e in posizione ideale, con un piacevole caffé dall’aria hipster al primo piano. È praticamente attaccato al bel mercato locale, e a due passi dai giardini e dal castello.

Il cartello del mistero!

Dopo aver lasciato i bagagli e aver mangiato una bella ciotola di cirashi ci siamo incamminati di nuovo. I giardini di Kanazawa ci hanno accolto con una sorpresa: un bel cartello che avvertiva… di stare attenti ai cinghiali selvatici! In mezzo a una città grande come Firenze??? Boh… Un po’ timorosi siamo entrati…

Il giardino del castello è davvero immenso, e strapieno di giapponesi che fanno picnic, si fanno selfie, chiacchierano allegramente sull’erba e sotto i ciliegi in fiore. I ciliegi sono grandissimi, non ne avevamo ancora visti di così belli. Il castello è… il solito edificio storico giapponese. Ammettiamolo, dopo un po’ sono tutti uguali. Ma il contorno è qualcosa di davvero meraviglioso, e noi ci siamo capitati proprio nella settimana migliore dell’anno. L’hanami qui stupisce davvero, turisti e locali si guardano intorno meravigliati.

Per l’occasione, anche qui l’ingresso non si paga, e le coloratissime bancarelle giapponesi vendono leccornie e stranezze assortite, a cavallo tra l’affascinante e l’inquietante. Fascino e mistero! Un consiglio da amico: se nel locale mercatino vedete delle specie di mattonele verdi farinose voi NON MANGIATELE! Tutto il resto è ottimo, ma questo NO, sembra di ingurgitare dello slime ricoperto di farina, e sebbene i giapponesi li considerino dolci, questi NON SONO DOLCI!!! E soprattutto si appiccicano a qualsiasi cosa. Chi ci sta a importare il tiramisù in Giappone?

Il rapporto dei giappi col dolce andrebbe esplorato sociologicamente: fanno la frittata con due chili di zucchero e non riescono a metterlo dove servirebbe davvero: PERCHÈ??? Prova ulteriore: l’orrendo gelato al tè verde che mi picco di assaggiare, e che più che altro ti macchia la lingua. E i mochi? Non fatemi tornare a parlare dei mochi, santiddio!!! Ogni anno questo dolce uccide una decina di giapponesi che strozzan cercando di mangiarlo con ingordigia. Ma secondo me è perché segretamente neanche loro lo sopportano, e cercano di avere in bocca il loro sapore per meno tempo possibile!

Ma torniamo a questa bellissima città. Le cose da vedere non sono in realtà moltissime, ma avremmo avuto bisogno di un giorno in più per apprezzarle davvero al meglio. Il mercato locale, ad esempio, è pieno di prodotti strani che neppure a Tokyo avevamo visto… ed è anche molto meno affollato! Tante cose ci facevano venire l’acquolina in bocca, come i giganteschi granchi, ma il tempo era davvero tiranno. I giardini meritavano davvero tutta la nostra attenzione.

Se la prima parte era splendida, quella centrale era incredibile: tutto era perfetto, neanche un sasso o un filo d’erba erano fuori posto. Malgrado la folla la pulizia era come al solito estrema, ed era un piacere anche solo fermarsi ad ammirare le decine di ragazze e donne vestite con i coloratissimi kimoni tradizionali, che si fotografavano in pose kawaii sotto i ciliegi… spesso proprio con uno di quei dolci così esteticamente perfetti ma gastronomicamente inutili in mano. Forse ho capito: servono per Instagram! Dopotutto in Giappone la fotografia più che un hobby è un’ossessione…

A sera, aperitivo in un piccolo birrificio locale (la Oriental Brewing, dove abbiamo degustato una ottima IPA e una superba Porter) e a seguire il nostro primo okonomiyaki! Siamo entrati con un po’ di timore dietro una minuscola porticina dietro la quale un sacco di gente rideva e scherzava, apparentemente divertendosi un sacco. Il cuoco cuoceva direttamente sul bancone questa gustosa e ricchissima frittatona locale che conteneva un po’ di tutto, e che è stata poi ricoperta di una salsa speciale un po’ tipo worchester… e che abbiamo subito ordinato al nostro ritorno in Italia! Completano il tutto maionese, alghe e gli immancabili fiocchi di pesce: ottimo davvero! Il giorno dopo ci aspettava Kyoto, ma Kanazawa ci sarebbe mancata: questo Giappone di dimensione più umana ci è rimasto davvero nel cuore…

3 thoughts on “Il Cumbrugliume va in Giappone – Capitolo sei”

  1. Com’è la Porter orientale? Sono un amante della birra scura.
    Vedo che anche in questa città c’è il Marrabbio di turno 🙂
    Uffa… volevo vedere la microstanza dell’albergo!!

    Moz-

  2. Io esigo subito la mattonella verde, anzi due, una per me e una per il Moz.

    Comunque io preferisco i ciliegi alle scimmie, ahahah, adesso Cass e Mick mi mandano la scimmia cattiva dei Griffin

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